lunedì 2 novembre 2020

Micro-recensioni 366-370: il Luis Buñuel meno conosciuto

Delle 5 commedie messicane del dopoguerra inserite in questo gruppo, 4 furono dirette dall'acclamato regista spagnolo in esilio oltreoceano e fanno parte della sua produzione meno conosciuta; pur non essendo capolavori, ebbero successo e gli permisero di girare film indimenticabili come Los olvidados, El, El angel exterminador, Viridiana ...

In effetti molti degli oltre 30 film di Buñuel hanno una parte di commedia, a volte solo in alcune scene o per dei personaggi grotteschi come i mendicanti che partecipano al banchetto di Viridiana o ancor più chiaramente negli ultimi suoi film seppur con vena surrealista. Anche le sceneggiature di quelli apparentemente più drammatici contengono spesso incisivi spaccati sociali seppur presentati con sarcasmo, sia degli ambienti ricchi (Ensayo de un crimen, El, ...) sia fra i meno abbienti ed emarginati (Los olvidados); altre volte li mette a confronto come in Journal de una femme de chambre o El gran calavera. Quest’ultimo fu il suo primo vero film considerato che le due pietre miliari del surrealismo (di una ventina di anni prima) erano di durata ridotta e dopo una lunghissima forzata pausa, aveva ripreso nel 1947 con Gran Casino, più che altro un musical con la star dell'epoca Jorge Negrete.

Si devono altresì sottolineare i grandi meriti di Luis Alcoriza (anche lui spagnolo in esilio) non per il piccolo ruolo in El gran calavera, bensì per essere suo sceneggiatore quasi imprescindibile durante tutto il periodo messicano. Infatti, delle suddette 4 commedie solo Subida al cielo non è opera sua e fu autore anche di Los olvidados (1950), El bruto (1953), El (1953), El río y la muerte (1954), giusto per restare in quel quinquennio, ma voglio ricordare che nel 1962, insieme con lo stesso Buñuel che poi stese la sceneggiatura definitiva, scrisse anche il soggetto di uno dei suoi migliori film in assoluto: El ángel exterminador (IMDb 8,1 e 93% su RT, Miglior film del 1963 per Cahiers du Cinéma, Premio FIPRESCI e Nomination Palma d'oro a Cannes).

Ho voluto iniziare questa breve rivista delle sue commedie più classiche del periodo messicano con El gran calavera non solo per procedere in ordine cronologico, ma anche perché fu quello che mi fece scoprire quest’altra faccia di Buñuel. Mi ci imbattei al Museo de las Culturas a Ciudad de Mexico nel 1983, quando conoscevo solo i due lavori surrealisti e quelli girati in Europa (soprattutto in Francia) dove la maggior parte dei film diretti oltreoceano (in particolare quelli destinati al grande pubblico) erano praticamente sconosciuti. Nel quinquennio nel quale furono prodotte queste 4 commedie Buñuel fu particolarmente attivo, dirigendo una dozzina di film (oltre un terzo della sua filmografia di appena una trentina di titoli) alternando commedie di cassetta, film più impegnati e anche alcuni dei suoi più famosi film drammatici nei quali, comunque non è mai del tutto assente la vena grottesca.

 

El Gran calavera (Luis Buñuel, Mex, 1949)

Venendo ai film di questo gruppo, e procedendo in ordine cronologico, il primo è basato su una commedia di successo, adattata da Luis Alcoriza e sua moglie Janet. Il protagonista, ricchissimo industriale alcolizzato, è attorniato da parenti e dipendenti che sfruttano la sua bontà d’animo e generosità, vivendo da veri parassiti. Una originale terapia d’urto ideata da un suo fratello (onesto medico) porterà ad una serie di cambiamenti radicali e colpi di scena fino all’ultima scena, mettendo in risalto differenze fra gli stili di vita dei possidenti e dei lavoratori. Nel 2013 Gary Alazraki ne ha diretto un remake (Nosotros los Nobles) adattato ai tempi moderni, campione d’incassi in Messico.

La hija del engaño (Don Quintín el amargao) (Luis Buñuel, Mex, 1951)

Si tratta di una commedia drammatica che vede di nuovo l’ottimo e versatile Fernando Soler nei panni del protagonista, un uomo divenuto scontroso e a volte violento dopo aver scoperto il tradimento della moglie, cacciata di casa all’istante. Non posso aggiungere altro per evitare spoiler, ma sappiate che i due titoli alternativi forniscono chiari indizi. In effetti il secondo è il titolo dell’originale commedia spagnola della quale già erano state realizzate versioni cinematografiche nel 1925 e nel 1935; della seconda Buñuel fu produttore e collaborò (uncredited) sia alla regia che all’adattamento, pertanto alcuni considerano la versione del ’51 un remake di un proprio film. Circolò in penisola iberica dal 1974 e poi fu presentato a Berlino nel 2009.

  

Subida al cielo (Luis Buñuel, Mex, 1952)

Altro film pieno di personaggi e situazioni più o meno grottesche, fra comedia negra, dramma, realismo e road movie. Tutta la consistente parte centrale descrive un relativamente lungo viaggio in bus con un giovane sposo insistentemente tentato da una bellezza locale, un aspirante deputato, un rappresentante di galline, capre, una bara (piena) con seguito, bambini pestiferi; aggiungete festa della madre dell’autista che invitati tutti i passeggeri, ai quali si aggiungono turisti americani, guadi di fiume, pericolose strade sul ciglio di un precipizio, e altro ancora che lasciano inizio e fine come causa del viaggio, fondamentale per il protagonista, ma in effetti poco importante per il film nel suo complesso.

La ilusión viaja en tranvía (Luis Buñuel, Mex, 1954)

Qui non c’è un bus, bensì un tram di Ciudad de Mexico che deve essere demolito, ma due dipendenti dell’azienda (uno pretendente della sorella dell’altro) decidono di fargli fare un’ultima corsa. Come nel film precedente, in questo viaggio, seppur urbano, succederà pressoché di tutto e i due si confronteranno con tante situazioni certamente impreviste e soprattutto con un anziano tramviere in pensione, claudicante e irriducibile, che li smaschera e li persegue.

Allà en el rancho grande (Fernando de Fuentes, Mex, 1949)

Non proprio un musical, ma certamente i pezzi cantati da Jorge Negrete (il protagonista) e da altri occupano parte importante del film. Si tratta di un remake dell’omonimo film diretto dallo stesso regista nel 1936, ma né l’uno né l’altro sono di qualità paragonabile ai film della Trilogia de la Revolucion: El prisionero trece (1933), El compadre Mendoza (1934) e Vámonos con Pancho Villa (1936). Film certamente evitabile pur avendo avuto un certo successo durante la Epoca de Oro del Cine Mexicano.

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