domenica 30 ottobre 2016

Il turismo salva, uccide o sfrutta le tradizioni?

Questo post non è una “discettazione” (ammesso che le altre lo siano), ma un semplice input, il rilancio di una “sollecitazione” avanzata nel corso di un incontro presso l’Instituto de Estudios Hispánicos de Canarias. L’occasione era fornita dalla presentazione del breve documentario “Cabreros” (caprai o caprari che dir si voglia) incentrato soprattutto sul tradizionale baño de las cabras che si effettua il giorno di San Giovanni (24 giugno) al muelle di Puerto de la Cruz (Tenerife, Canarie).
   
Dopo la proiezione del filmato, che includeva non solo i momenti nei quali le capre venivano portate in mare, è iniziata un’interessante discussione in merito ai problemi che i pastori incontrano nello spostare le greggi da un pascolo all’altro dovendo attraversare aree abitate e talvolta strade o luoghi turistici.
Molti si oppongono e chiamano la polizia che in alcuni comuni è molto fiscale e crea mille ostacoli, in altri consente il passo degli animali che, ovviamente, lasciano “scie profumate”. 
Per avere un’idea di ciò che avviene, guardate questo breve filmato:
Ma l’argomento, anticipato nel titolo, non è neanche questo. 
Una guida escursionistica tedesca ha candidamente chiesto “Io guido i miei gruppi in programmi di due settimane, per tutta l’isola, e raramente vediamo capre. La domanda più frequente che i clienti mi pongono è: dove sono le capre dal cui latte si producono tutti i formaggi?”. Per esperienza diretta, devo dire che quasi tutti i formaggi (ottimi) prodotti a Tenerife sono caprini o quanto meno misti.
Dopo aver brevemente discusso dell’opportunità di favorire “l’incontro fra escursionisti, capre e pastori” uno degli astanti (isolano e attento alle tradizioni), riferendosi in particolare al baño, ha detto: “Non lo fate diventare uno spettacolo, se lo diventasse, morirebbe la tradizione!”.
   
Chiaramente, a questa richiesta/grido di allarme, estendibile a tanti casi di vario genere ed in ogni parte del mondo, non è possibile fornire una risposta univoca e definitiva, eppure reputo il quesito estremamente interessante. Ad ognuno di noi possono venire in mente una quantità pressoché infinita di feste popolari modernizzate in modo quasi osceno, cibi e piatti tradizionali travisati, processioni e riti spettacolarizzati e allo stesso tempo svuotati di ogni significato religioso, e si potrebbe continuare ancora per molto.
Certamente è vero che in molti casi ne è derivato un notevole ritorno economico derivante da nuovi flussi turistici anche se talvolta limitati a determinate date.
  • Si dovrebbe salvaguardare la tradizione senza alcun adattamento o farla conoscere attraverso repliche non proprio fedeli? 
  • Di ogni festa se ne potrebbe organizzare una originale per soli locali e/o fedeli e una moderna e “pagana” ... turistica?
Pensateci, ma, come già detto, sono sicuro che nessuno sarà in grado di fornire una risposta valida che vada bene per tutti, in ogni paese, per qualunque religione, per qualsiasi ambiente umano.
  
Commenti con considerazioni, idee e, perché no, critiche saranno più che mai apprezzati. 

PS -  Prima di pubblicare questo post ho per caso dato un’occhiata a La Repubblica e guardate quale titolo ha attirato la mia attenzione: Bergamo, centinaia di pecore invadono la città: lo spettacolo della transumanza
Mai coincidenza è stata più opportuna!

venerdì 28 ottobre 2016

2 nuovi film, 3 giovani promesse

Negli ultimi due film che ho visto (“A Monster calls” di Bayona e “Little Men” di Sachs), entrambi appena arrivati nelle sale ma non ancora in quelle italiane, ci sono ragazzi che in futuro potrebbero avere un notevole successo nel mondo del cinema seppur, almeno a prima vista, in campi diversi. 
Lewis MacDougall, inglese è il protagonista dell'ottimo film di Bayona Un monstruo viene a verme (tit. or. spagnolo) che fra qualche mese dovrebbe giungere anche in Italia, distribuito dalla Lucky Red.
Come ho già scritto nella mia micro-recensione pubblicata al n. 320 della raccolta 2016, un film al giorno, il quattordicenne MacDougall, appena alla sua seconda prova dopo Pan (2015) sembra già essere sicuro di sé e straordinariamente bravo per la sua età.
Ai ragazzi della sua età spesso si affidano ruoli minori e raramente tragici nel vero senso della parola, come in questo caso. Nonostante si tratti ufficialmente di film del genere “fantastico” c’è veramente molto dramma e penso che tanti navigati attori non sarebbero riusciti ad essere così credibili. 
Nel 2017 lo potremo valutare di nuovo in un altro film drammatico (almeno così sembra a leggere la trama) che lo vedrà protagonista: “Boundaries” di Shana Feste. Spero per lui che non rimanga troppo legato a ruoli tragici ... staremo a vedere.
In “Little Men” di Ira Sachs (micro-recensione pubblicata al n. 319 della raccolta 2016, un film al giorno), il i giovani protagonisti sono due: Michael Barbieri (classe 2002) e Theo Taplitz (2003). Nettamente più bravo il primo che si avvantaggia anche di una fisionomia particolare, incisiva. Il secondo, invece, pur bravo, soffre del confronto con il giovane collega, ma sembra avere le carte in regola per avere successo in altro settore cinematografico. 
Curiosamente, ma probabilmente non tanto, i due interpretano personaggi molto simili a loro stessi, Barbieri (Tony) aspira a diventare attore e spera di essere ammesso alla scuola di recitazione, Taplitz (Jake) disegna e crea storie.
Entrambi sono alla loro prima esperienza cinematografica vera e propria, Barbieri (a destra nella foto) solo con uno short alle spalle ma con due film in post-produzione (“The Dark Tower” e “Spider-Man: Homecoming” della Marvel/Columbia, roba non da poco), mentre Taplitz a soli 13 anni ha già all’attivo sette apprezzati short dei quali è stato regista e spesso interprete curandone anche riprese, sceneggiatura e montaggio, ma è l’unico dei tre a non aver girato altro e non sembra esserci niente in vista al momento. 
A giudicare da questi loro primi passi, sembra più che probabile che Lewis MacDougall e Michael Barbieri proseguiranno brillantemente nella loro carriera di attori, mentre Theo Taplitz cercherà affermazioni come sceneggiatore e/o regista. 

mercoledì 26 ottobre 2016

Umani, cani e serpenti

Post non certo contro i cani, ma contro i falsi animalisti e soprattutto contro un certo tipo di stampa asservita al business legato ai pets (animali da compagnia). I cani sono semplicemente tirati in ballo come esempio - spesso a sproposito - e la loro immagine viene sfruttata essendo gli animali domestici più comuni, con una popolazione di varie decine di milioni in Italia. Per questo quasi smodato amore nei loro confronti, sono tante la pubblicità che fanno apparire i cani nei loro spot anche se non hanno alcun nesso con il prodotto reclamizzato. Ci sono cani in auto (mai tenuti come prescrive il codice e alcuni addirittura affacciati al finestrino), quelli che reclamizzano assicurazioni (non relative a loro) e poi quelli che perdono peli ed in questo sono accomunati ai gatti per proporre panni antipolvere e chi guarda spesso la televisione potrà notare decine di altri esempi. Qualcuno si è mai chiesto quanto costano al kg i "deliziosi manicaretti" preparati apposta per i nostri amici? Probabilmente no in quanto si è soggetti ad un lavaggio del cervello continuo "giustificato" da un enorme business.
Ogni giorno nelle homepage di giornali online ci sono storie di cani, spesso lacrimevoli ma tante volte anche opportune per sottolineare la crudeltà nei loro confronti. I cani sono anche stati sfruttati per “combattere” i botti, adducendo il motivo che li terrorizzano e, secondo i promotori di queste iniziative, molti muoiono di infarto. Quindi il fastidio che provocano alla popolazione, a quelli che a mezzanotte hanno diritto di dormire dovendo andare a lavorare presto il mattino seguente, agli infermi ecc. non conta, lo si fa per i cani, ma se ciò serve a limitare il frastuono oltre il limite di legge ... che ben venga.
Ma questo è solo un abbondante cappello per un’altra considerazione in merito ai rapporti uomini/animali ed, ovviamente, i cani sono tirati in ballo anche stavolta, anche se marginalmente. 

Pochi giorni fa per caso ho letto La Stampa e un titolo ha attirato la mia attenzione: “Nel giardino della materna ci sono i serpenti” che ho letto e quindi sono passato al successivo articolo titolato “Sono serpenti innocui, lasciamoli fra i bambini”.
Per chi non li volesse leggere riassumo i fatti: sono stati visti e fotografati alcuni serpenti nel giardino di una scuola di Mirafiori (Torino), molti genitori hanno organizzato una “crociata” contro i rettili ma si sono trovati di fronte ad una dirigente che (giustamente) non la pensava come loro. La parte più divertente (tragica) è stata la lettura dei commenti nei quali si scontravano quelli che vedevano pericoli imminenti di soffocamenti e avvelenamenti di bambini da parte dei serpenti, oltretutto portatori di malattie (quanta ignoranza ancora esiste nel 2016!) e quelli che tentavano di spiegare come non ci fosse pericolo e, al contrario, la loro presenza poteva divenire un ottimo approccio alla conoscenza della natura, senza preconcetti irrazionali.
Molti di questi crociati non si scaldano tanto per il continuo aumento dei ratti (in campagna accade anche perché si è preferito uccidere i serpenti ...) che possono mordere e certamente possono trasmettere malattie serie così come i piccioni - numerosissimi in tante città - che oltretutto con i loro escrementi causano tanti altri danni. 
Ed i giornali continuano a mantenere questa netta distinzione fra il bene e il male santificando tutti i cani (anche se solo pochi giorni fa un bambino di un anno e mezzo è stato ucciso da un cane, e non è certo la prima vittima dell’anno) e continuando a vedere il Diavolo e il Male nei poveri serpenti che, in Italia, non hanno mai ucciso nessuno, non avendone neanche la possibilità (anche il morso di vipera non è letale come molti pensano e senza una concausa non conduce a morte certa).
Si potrebbe allargare il discorso e risalire al perché di tutto ciò, andando fino al serpente tentatore nell’Eden e a quello al quale la Madonna ha schiacciato il capo, ma qualunque siano i motivi ci si dovrebbe rendere conto che bisce, biacchi e natrici sono serpenti innocui, oltre che utili per l’equilibrio dell’ambiente, e sono protetti dalla legge alla pari dei cani.  

sabato 22 ottobre 2016

Cerriglio, sorprese e misteri

 
***  Ultim'ora: l'acqua sta scorrendo! 
 Ecco i primi zampilli!  ***
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Gli annunciati lavori di ripristino del flusso d'acqua al Cerriglio sono ormai terminati da alcuni giorni, ma prima di riattivarlo si è, giustamente, proceduto alla pulizia della vasca (già completamente asciutta da vari anni) e alla rimozione di parte dello strato di calcare bucherellato. Tuttavia, l'acqua ancora non scorre in quanto, dopo aver rimosso detriti, immondizia e incrostazioni dalle pareti del bacino, sono apparse cinque colonnine in materiale misto, soprattutto tufo, un tempo intonacate, che quindi dovevano sostenere qualche cosa prima che questa fosse coperta dal travertino a sua volta rivestito dalla coltre di muschi e capelvenere che proliferava grazie al continuo flusso d'acqua e l’ambiente umido. 
Se era facilmente ipotizzabile l’esistenza di una qualche struttura, certamente nessuno si aspettava questo che vedete nella foto!
Leggendo queste poche righe appare chiaro che la terminologia non è accurata e che le valutazioni non sono quelle di un esperto, sono solo le impressioni che ho avuto nei giorni scorsi visitando il Cerriglio durante l'effettuazione della pulizia, ogni volta che percorrevo il tragitto fra casa mia e la piazza. Prima di arrivare a questa piacevolissima sorpresa, rimuovendo lo strato di tufo calcareo che rivestiva la fontana erano man mano apparsi elementi sorprendenti, di generi molto diversi.
   
   
Prima è affiorato un pezzo di terracotta che di primo acchito ha dato adito a varie illazioni e teorie, ma che si è subito rivelato essere parte di un coppo che ne copriva un altro ed era sormontato da un doccione, il tutto completamente ostruito, posizionati in epoca relativamente recente sui depositi calcarei. La non appartenenza alla struttura originaria è apparsa evidente dal fatto che riceveva l’acqua dal solco centrale scavato nella massa coperta dai muschi e dalla mancanza di una qualunque traccia di un ovvio elemento simmetrico dall’altro lato. La certezza definitiva la si è avuta poco dopo, quando sotto al suddetto solco è apparso un tubo in PVC bianco! 
   
Nella foto si nota bene anche lo spesso strato di calcare compatto al suo interno e il cemento nero che lo circondava. Rimuovendo tubo e cemento si è creato un foro che ha evidenziato una cavità e appena è stato possibile infilarci una mano, al semplice tatto si è percepita la sagoma del fondo, liscio e ondulato, quasi senza calcare. Pertanto è stato facile rimuovere la “volta” di travertino estremamente poroso, che quindi si sbriciolava senza sforzo, e in poco tempo è apparsa la conchiglia e subito dopo la piccola nicchia che la limita verso monte. 


C’è ancora tanto da rimuovere, specialmente nei lati, e chissà quanto altro da scoprire. Molti non si rendono conto della velocità con la quale queste “sorgenti pietrificanti” fanno aumentare il volume dei depositi calcarei (travertino o tufo calcareo che dir si voglia). Basti pensare che nella spalla sinistra, dopo aver rimosso già vari centimetri dello strato poroso nel quale si notavano ancora tanti steli di capelvenere, è addirittura apparso un cucchiaino di plastica, di quelli piatti per gelato, ... certamente di poche decine di anni fa.
Se da un lato può dispiacere il fatto che non rivedremo più quel tappeto verde dalla forma indefinita che ha caratterizzato per tanti anni il Cerriglio, certamente tutti dovremmo essere ben lieti che sia stata riportata alla luce la vaschetta a forma di conchiglia e che complessivamente ci sia ora molta più aria e luce attorno alla sorgente che ci consente di immaginare meglio lo splendore che doveva avere in origine. Nelle colonne laterali e nella volta della nicchia-abside di fondo si vedono numerose conchiglie (vere) decorative ed è facile dedurre che doveva essere quasi tutta a vista e non certo coperta dal calcare. 
Ora si dovranno attendere le decisioni degli esperti che dovranno stabilire se e quanto procedere nell’opera di rimozione del calcare, in modo da poter mostrare il “monumento” almeno con un’esteriorità abbastanza simile a quella originaria.
Certamente resta da sapere da dove scorresse effettivamente l’acqua (quel buco, non centrato, nella parte alta dell’abside è certamente posticcio), cosa ci fosse fra la vaschetta-conchiglia e l’abside, come fosse decorata quest’ultima e tanto altro che non sto qui ad elencare.
   
Considerata la somiglianza con le decorazioni dei ninfei di epoca romana, dall’alto della mia ignoranza chiedo: “è possibile che si tratti di qualcosa di più antico della data riportata sulla fronte dei due mascheroni marmorei laterali?” ... prendetela come una semplice provocazione ...

martedì 18 ottobre 2016

Torna la “Camminata” del sabato santo a Massa Lubrense

Dopo le 21 edizioni della Camminata dei 23 Casali proposte in 14 anni consecutivi, fra il 2000 ed il 2013 (talvolta è stata replicata il 25 aprile), ecco la Camminata fra i Casali di Massa Lubrense, ed. 2017, che si effettuerà il prossimo 15 aprile, sabato santo, lungo un percorso con vari tratti assolutamente inediti per questa manifestazione.

Questa è la mappa con l’itinerario proposto, che prevede ritrovo, partenza e arrivo a Sant’Agata, pausa caffè a Termini e sosta per pranzo o colazione al sacco a Massa. In linea di massima si partirà come di consueto fra le 9.30 e le 10.00 (l’orario sarà stabilito tenendo conto degli orari bus SITA) ed il rientro è previsto entro le 17.00. 
L’originale percorso di circa 14km, un poco meno della media delle passate edizioni, comprende molte novità e punti di particolare interesse nei quali i camminatori avranno quindi un po’ più di tempo per scattare foto e ricevere informazioni.
Pur sviluppandosi interamente su strade vicinali e comunali che collegano le tante frazioni lubrensi (parte dell’ultimo tratto in territorio sorrentino), varie stradine si presentano ancora oggi come piacevoli e originali sentieri sterrati o selciati, come per esempio Calella, Cannone, Li Padri, San Giuseppe, Acquacarbone, Olivella e, soprattutto, il tratto di via Sant’Anna fra la cappella omonima ed il centro di Santa Maria, interrotto per oltre 20 anni a causa di uno smottamento. Lo spettacolare passaggio al lato del Rio Grande dell’Annunziata (questo il nome con il quale era indicato sulle mappe antiche) sarà un’assoluta novità per quasi tutti i partecipanti. 
in basso due scorci: vista del ruscello da via Sant'Anna e il
tratto nel quale attraversa un "boschetto" si giovani piante di sambuco
 
Oltre all’attraversamento di tante aree rurali e naturali, poco frequentate anche dai massesi, si toccheranno tanti punti e tratti panoramici: Colarusso, Tuoro, Tore di Casa, Cannone, Termini, Li Padri, Pietrapiana, Pennino, Prasiano, Acquacarbone e Olivella, nell’ordine.
Non mancano emergenze di interesse storico, architettonico, antropologico: Sant’Agata, lavatoi di Canale, Monticchio, mulino di Santa Maria (accessibilità da verificare), Santa Maria, Torrione e Quartiere, Vescovado, Cerriglio.
Toccando i tre centri principali (per gli escursionisti), vale a dire Sant’Agata, Termini e Massa Vescovado, i partecipanti potranno avere accesso a servizi di vario genere, rifornirsi di cibo e bevande o consumare qualcosa negli esercizi pubblici, arrivare o ripartire con bus di linea nel caso volessero percorre solo parte dell’itinerario previsto.
La Camminata 2017, organizzata dal Comune di Massa Lubrense, sarà coordinata e condotta da esperti escursionisti FREE (Free Ramblers, Escursionisti Epicurei) ai quali non è detto che non si possano aggiungere altri esperti del territorio.
Prossimamente fornirò ulteriori dettagli ed eventuali integrazioni e variazioni.

domenica 16 ottobre 2016

Via Campanella, aggiornamenti del 16 ottobre 2016

Alcune delle cattive notizie, per fortuna non tutte, sono ulteriormente peggiorate; in compenso le buone sono sempre migliori.
Andiamo per ordine, come nel precedente post di 10 giorni fa.
La sbarra è finalmente abbassata (anche se quando sono passato non c’era il catenaccio), ma lo stato del fondo stradale nella ripida discesa finale è sempre più disastroso!
   

   
In compenso, del nero del dopo-incendio non c’è quasi più traccia, almeno ad uno sguardo generale. Risalendo il crinale, il verde dei nuovi germogli è nettamente predominante e solo osservando più attentamente si notano alcuni arbusti e cespugli con le parti inferiori.
Seguire il sentiero è ora di nuovo semplice, sia perché è meglio delimitato dal nuovo verde, sia perché volenterosi volontari (ma non esperti pittori) hanno ripassato i vecchi e sbiaditi segnavia CAI e ne hanno aggiunti altri.
   
Alla fine della salita più impegnativa, si giunge a Campo Vetavole verde come non mai. 
   

   
Accettate un consiglio? Approfittando del buon tempo previsto per le prossime settimane, se avete buone gambe andate a percorrere il Sentiero di Athena (circuito Termini, Campanella, Rezzale, Vetavole, San Costanzo, Termini); se volete qualcosa più soft, ripiegate sul Circuito di Santa Croce (Termini, Cercito, Vuallariello, crinale, San Costanzo, Termini). 

venerdì 14 ottobre 2016

Siete “selfisti”, “posisti” o ...

... di quelli che pazientemente aspettano di poter scattare una foto “pulita” dell’opera d’arte o del panorama?
Non scatto selfie, ma non ho niente in contrario nei confronti di questa mania a meno che il selfista di turno non si metta a scattarne 10 davanti ad un quadro, monumento o panorama ostruendo la visuale a tutti gli altri e anche se, in linea di massima, la preparazione ed esecuzione dello scatto si esaurisce in pochi secondi è pur vero che, in luoghi particolari o di fronte ad un’opera, spesso si forma una fila di altri aspiranti autoritrattisti, in ansiosa attesa.
   
"io a te e tu a me", questi due si scattarono varie decine di foto ...
sarà il "fascino della divisa"? scena monopolizzata per un quarto d'ora!
Peggio di loro sono le coppie di “innamorati” che si scattano infinite foto a vicenda con la conseguente dilatazione dei tempi che si moltiplicano per 4, 5 o 10 volte. In questi casi, infatti, c’è la consolidata prassi di controllare lo scatto insieme - incontrandosi a metà strada e quindi restando in campo - e commentarlo senza mai “uscire di scena”, di scambiarsi i ruoli più volte e, visto che notoriamente al peggio non c’è mai fine, il problema si aggrava in presenza di “registi”. 
   
Questi, in particolare quelli che sono convinti di poter scattare una foto creativa o artistica, pretendono di dirigere i modelli fornendo istruzioni come “più di profilo”, “sposta gli occhiali”, “piega la gamba”, “testa all’indietro” e via discorrendo, scattare, osservare e non essere mai veramente soddisfatti. 
Un paio di coppie così riescono a monopolizzare uno sfondo (di qualunque tipo) per minuti interi.
    
quale visione preferite? quella di sinistra o quella di destra? 
Al di là della questione del buon gusto c’è anche quella della mancata considerazione per il resto dei turisti o semplici fotografi e, nel caso di opere d’arte ancor più grave, è il mancato rispetto della scultura o quadro che quindi, seppur involontariamente, rischia di essere danneggiata, spesso irrimediabilmente.
Negli ultimi anni si è letto spesso, ma meno frequentemente di quanto in effetti accade, di parti di statue spezzate o monumenti naturali distrutti da stupidi climbers, il tutto sempre ben documentato da foto e talvolta video.
alla fine sono riuscito a scattare qualche foto ... evviva! 
   
Quale esempio basato su esperienza personale, propongo alcune foto scattate ad Amsterdam, in una piazza alberata, nella quale sono stati replicati tridimensionalmente i personaggi del famoso dipinto di Rembrandt “Ronda di notte”. Per fortuna il progettista aveva considerato il pericolo e quindi ha optato per statue di ottima fattura e a grandezza naturale in bronzo, lega molto resistente in grado di sopportare l’assalto di selfisti e modelli.
a tutto il resto, spesso si aggiunge il cattivo gusto

martedì 11 ottobre 2016

Sottile collegamento fra un western classico e i Mori in Spagna

Questo di passare da un fatto ad un altro, approfondire la conoscenza di un argomento apparentemente inutile è uno dei miei passatempi preferiti, reso estremamente economico e abbastanza facile dalla navigazione in rete. 
Così a partire da uno dei western classici più famosi da Rio Bravo (di Howard Hawks, USA, 1959, tit. it. Un dollaro d’onore, con John Wayne, Dean Martin, Ricky Nelson) sono giunto ad un segnale di guerra introdotto in Europa da los Moros.
Nel suddetto film, che molti conosceranno, a richiesta del cattivo di turno un gruppo di musicanti messicani che si esibivano nel saloon/cantina inizia a suonare il tema Degüello. (nel video in basso, notate il gesto del chitarrista sullo sfondo).
Poco dopo viene spiegato allo sceriffo (John Wayne), quasi sotto assediato nel suo ufficio/prigione, che quella musica fu suonata ad Alamo (1836) dai soldati messicani agli ordini del generale e presidente López de Santa Anna prima dell’attacco finale al quale sopravvissero solo due (forse) dei rivoluzionari texani asserragliati nel forte e una ventina fra donne e bambini furono risparmiati e rilasciati dopo la battaglia.
Quell’arrangiamento di Degüello fu opera di Dimitri Tiomkin famoso compositore russo giunto a New York nel 1925, dopo aver scritto e diretto spettacoli musicali con migliaia di partecipanti per l’Armata Rossa, negli immediatamente successivi alla Rivoluzione d’ottobre (1917). Ebbe grande successo anche in America e, dopo molte collaborazioni non citate in documentari e short, dal 1944 iniziò una folgorante carriera a Hollywood, ottenendo 4 Oscar e 14 Nomination (sue le musiche di Mezzogiorno di fuoco, I cannoni di Navarone, Il vecchio e il mare, La caduta dell’Impero Romano, ...).
Forse quella citazione di Alamo e quella musica spinsero John Wayne a produrre, dirigere e interpretare The Alamo (tit. it. La battaglia di Alamo) l’anno dopo, affiancato da Richard Widmark (col. Bowie) mentre lui vestiva i panni del famoso Davy Crockett. In questo film fu così inserito lo stesso tema del quale si era parlato nel precedente Rio Bravo, ma in realtà quella musica non è mai stata suonata in quel modo. 
Infatti, il toque a degüello originariamente era uno spietato ordine militare che con il semplice suono di tamburo e/o cornetta ordinava la lotta senza quartiere, senza fare prigionieri, “tagliando la gola da orecchia a orecchia”. Il nome deriva dal verbo degollar (decapitare, sgozzare, scannare) e annuncia al nemico che sarà fatta piazza pulita, fino allo sterminio completo.
   

Questo comando veniva trasmesso a suono di trompeta o clarín (tromba naturale ancora più semplice e dal suono più acuto) detto anche bugle (tromba senza pistoni, come la cornetta postale o da postiglione) che proprio per il suo scopo doveva essere breve, chiaro e ben udibile (come la carica la ritirata) e non certo la suggestiva melodia del  degüello cinematografico, né tantomeno la versione orchestrale di Tiomkin (audio del video in basso).
Il toque a degüello fu adottato dagli ufficiali messicani che lo avevano appreso dall’esercito spagnolo di stanza in Nueva España, ma quelle poche note non erano una creazione originale europea. Infatti, quasi tutte le fonti concordano nell’attribuirne la vera origine a los moros, i mussulmani che nell’VIII secolo conquistarono gran parte della penisola iberica (Spagna e Portogallo) rimanendoci fino alla fine del XV.

Ecco come un motivo militare arabo musulmano di oltre 1.000 anni fa è diventato famoso per merito di un film americano del 1959.