venerdì 30 settembre 2016

Un tasso e un cervone, animali che difficilmente si vedono in giro

Comincio con quello più raro in Penisola Sorrentina, quasi impossibile da incontrare: un tasso europeo (Meles meles). Ne è stato trovato uno nella nottata di ieri 29 settembre a Roncato (Termini, Massa Lubrense), purtroppo morto, quasi sicuramente investito. Ecco la foto, precedentemente annunciata, scattata da Aldo Ercolano, che ieri mi ha segnalato l'evento:
Non mi sembra possano esserci dubbi in merito all’identificazione considerato il suo aspetto pressoché unico, caratterizzato dalla livrea brizzolata e dal muso a strisce bianche e nere, queste ultime sugli occhi. Un esemplare adulto può raggiungere i 70cm di lunghezza e i 12kg di peso. Questa in basso è invece una foto scaricata da internet, di tre simpatici esemplari per loro fortuna vivi e vegeti.
Non è certo il primo tasso censito in Penisola Sorrentina, quindi non è una novità, ma è una conferma del fatto che i tassi sono ancora sono presenti in quest’area. Parlandone al bar un qualcuno mi ha anche raccontato di altri avvistamenti pochi anni fa in zona Santa Maria della Neve, descrivendo l’animale (non conosciuto da tutti) con precisione, prima di aver visto la foto, ... indicazione che reputo affidabile e quindi riporto. Non come le tante segnalazioni di vipere lunghe ben oltre il metro (per molti qualunque serpente è una vipera) anche se gli esemplari adulti raggiungono solo i 60cm circa e solo in casi eccezionali arrivano ad essere qualche centimetro più lunghi.
Gli avvistamenti di tassi (mustelidi assolutamente non pericolosi) sono estremamente rari in quanto sono animali attivi quasi esclusivamente in ore notturne e passano la maggior parte della loro vita nelle gallerie-tana che essi stessi scavano. A chi volesse approfondire la conoscenza dei tassi (abitudini, distribuzione, alimentazione, ...), suggerisco di leggere questo interessante edettagliato articolo specifico pubblicato sul sito altovastese.it

L’altro avvistamento, non raro come il precedente ma senz’altro poco comune (in vita mia, con tutti i chilometri percorsi ne ho visti non più di 10), è quello di un cervone (Elaphe quatorlineata), colubride quasi mitico il zona dove è conosciuto con il nome di scurzunaroL’ho visto io stesso su Monte San Costanzo (Termini, Massa Lubrense) martedì 27 settembre, in zona molto aperta, ma si è subito  “dato alla macchia” (letteralmente). 
Sono riuscito a scattare una foto al volo riprendendo però solo la coda del cervone che scappava. Per quanto pessima possa essere, si distinguono le linee longitudinali, chiaramente simili a quelle della foto “buona” scaricata da internet (in alto). Di conseguenza, anche a freddo, ho avuto conferma della mia prima e immediata identificazione fatta in base al colore brunastro, la lunghezza e , soprattutto, per le distintive striature dorsali dalle quali deriva l’appellativo quatorlineata (con quattro linee).
Viene indicato come il più grande serpente italiano, robusto e talvolta lungo oltre 2 metri. Ha dato adito a numerose leggende fra le quali la più comune era quella che sosteneva che andasse a succhiare latte direttamente dalle mammelle delle vacche. Personalmente l’ho sentita in Penisola, ma ho letto che tale “fantasia” (di fatto impossibile) è diffusa anche in Calabria. Gli erpetologi descrivono il cervone come uno dei serpenti più mansueti che, neanche se infastidito, minaccia, attacca e tantomeno morde.
Non c’è alcun bisogno di ucciderlo!

mercoledì 28 settembre 2016

Alcuni proverbi e modi di dire, in qualche modo collegati fra loro

Comincio con un espressione molto napoletana: “perdere Filippo e ‘o panaro” (perdere Filippo e il cesto). Potrebbe essere assimilata in alcuni casi a “Oltre il danno, la beffa”, ma più comunemente è usato nelle occasioni nelle quali si aspetta invano e per ore ... anche semplicemente un amico che non dovrebbe portarci niente, che è solo in gran ritardo.
I più citano quale origine del detto una scena di una farsa di Antonio Petito, nella quale tale Pancrazio affida al suo servitore Filippo un cesto pieno di cibarie da portare a casa, ma lì non arriveranno mai né Filippo, né le cibarie. Questo è un fatto certo, anche se forse era già noto e Petito si è limitato ad adattare l’aneddoto ed inserirlo nella sua commedia. Infatti, esiste altro modo di dire (ma solo marinaresco) di identico significato che sostituisce tale Domenico a Filippo e una barca al cesto: “S’è perso Dumminico e ‘a varca”, tuttavia molto meno comune del precedente.
Per attinenza (perdere un paio di cose) si passa al più famoso “A lavà 'a capa o' 'ciuccio, se perde ('o tiemp’,) l'acqua e 'o sapone”, che tuttavia ha significato completamente distinto. Infatti, in questo caso la perdita si subisce esclusivamente per propria colpa, ostinandosi ad agire in uno stesso modo o tentare di convincere qualcuno senza ottenere alcun risultato.
Da notare che il tempo non sempre viene menzionato insieme con beni materiali come l’acqua e il sapone e che l’asino (‘o ciuccio) è stato l’animale prescelto proprio per la sua acclamata testardaggine (ma chi è più ostinato, chi tenta di convincere un caparbio, o un cocciuto che non si arrende neanche davanti all’evidenza?).
Qualche settimana fa, guardando il bel film colombiano Cóndores no entierran todos los días (di Francisco Norden, 1984) mi sono imbattuto in un altro modo di dire di simile forma, ma con elementi e significato molto diversi, contenuto in una (poco) velata minaccia: “Si no acepta, se va a quedar sin el pan y sin el queso” (Se non accetta, perderà sia il pane che il formaggio).
Questo modo di dire tipicamente sudamericano (certamente comune in Colombia, Venezuela e Argentina) non deve essere per forza associato ad una minaccia, ma viene usato anche e sopratutto all’indirizzo di quelli che dovendo scegliere fra due offerte o cose o persone, perdono tanto tempo a esaminare, analizzare e valutare, che quando hanno deciso entrambe le opportunità sono sfumate o non sono più disponibili.
In questa accezione, riferendosi agli eterni dubbiosi, ha quindi significato molto simile alla frase che i napoletani dicono per sollecitare qualcuno a prendere una decisione prima che sia troppo tardi  “Mentre 'o miedeco sturéa, 'o malato more” (Mentre il medico studia, il malato muore).

domenica 25 settembre 2016

Fra meno di 8 anni mi sarà vietato percorrere il Sentiero degli Dei?

"Il sentiero va vietato ai malati di cuore, agli ultra settantenni ..."
La foto in basso è del TREK Amalfi - Sorrento (oltre 100km in 5 giorni), nel corso del quale
un 70enne (alpinista, orientista agonista, scalatore, ...) lasciò indietro molti giovincelli
A conclusione della breve cronaca, apparsa su un giornale locale online, del recupero di un escursionista tedesco (L'uomo ha avuto un malore, probabilmente un infarto,lungo il sentiero e poteva lasciarci la pelle”) che percorreva il Sentiero degli Dei in compagnia della moglie, dalla quale ho estrapolato la frase in alto, l’autore ha aggiunto (notare il neretto e la conclusione con caratteri maiuscoli):
Questa proposta-diktat include un concetto giusto (forse) ed un cumulo di illogicità, caratteristiche degli articoli scritti da chi non è pratico (non sto dicendo esperto ... ma appena “pratico”) della materia.
Apporre un segnale che ricordi che si tratta di un sentiero di montagna (sconnesso, a tratti esposto, ecc.) potrebbe essere opportuno ed è un suggerimento ricorrente, non solo per questo sentiero, che però raramente è stata recepita e messa in pratica. Nel 2016 si vuole ancora dire a persone adulte cosa fare, dove andare e come vestirsi per affrontare una semplice passeggiata in ambiente naturale? 
Comunque la si pensi, per il Sentiero degli Dei, la cui fama attira  un incredibile numero sia di escursionisti che di sprovveduti, il discorso dovrebbe essere affrontato in modo molto differente. Un cartello all’estremità del Sentiero serve a poco, pochissimo. Ammesso e non concesso che qualcuno lo legga, dopo essere arrivato a Bomerano o Nocelle (cosa non facile, né rapida e spesso neanche economica), questi certamente non rinunceranno al loro progetto di escursione. La verità è che la maggior parte dei camminatori assolutamente impreparati sono quelli mandati (con o senza accompagnatore e/o guida) da agenzie, crociere, alberghi, B&B o tassisti che, per scarsa conoscenza o solo per vendere un servizio o per una commissione, decantano la bellezza del percorso e soprattutto sottolineano che è:
  • facilissimo
  • alla portata di chiunque
  • tutto in discesa
  • fattibile anche con i sandali
Durante i miei oltre 20 anni di frequentazione del Sentiero (ma specialmente negli ultimi anni) ho visto calzature incredibili, non solo flip-flop, ma tacchi quasi a spillo, mocassini con suola di cuoio e per di più persone non grasse ma obese e altri con gravi problemi deambulatori. Quelli più in difficoltà spesso chiedevano “Quanto manca?”, “Ma è tutto così?”, “Ci sono altre salite?” e ascoltata la mia risposta, invariabilmente commentavano “Eppure xxx mi aveva garantito che ... (leggi sopra)”
Il resto del neretto è follia pura, a cominciare dalla prima “proposta”.
Malati di cuore” che significa? A parte il fatto che ognuno è responsabile della propria salute, per numerosi tipi di cardiopatie il camminare non è assolutamente vietato e spesso è addirittura consigliato come terapia. Non so quanti escursionisti con bypass ho portato in giro e chissà quanti non me l’hanno neanche detto. Basta procedere ad un passo adeguato.
Passando all'età, anche in questo caso per esperienza diretta, le persone che in un gruppo creano più problemi sono quelli fra i 40 e i 50 anni, talvolta anche i più giovani. La maggior parte dei 70enni, ma bastano anche 60 anni o meno, hanno perfetta cognizione di cosa vanno a fare e nello specifico molti hanno percorso migliaia e migliaia di chilometri. I più giovani pensano “Se ce la fanno questi vecchi, certamente ce la faccio anche io, sarà una passeggiata!”, dimenticando che non sanno destreggiarsi su un sentiero di montagna e che da anni passano il tempo seduti dietro una scrivania o in auto, mentre  “quei vecchi” hanno camminato regolarmente per tutta la loro vita.
Foto scattata sul Sentiero degli Dei durante la I MaraTrail Agerola - Termini, alla quale 
partecipò anche un 70enne percorrendo i 42 km con 2.000m di dislivello insieme agli altri
All’autore suggerirei di andare a percorrere il Sentiero (siamo sicuri che lo conosca? o riporta solo gli incidenti?) e rendersi conto di quanti ultrasettantenni attrezzati, capaci, in buona forma e con ottimo equilibrio frequentano questo famoso tratto fra Bomerano e Nocelle, sia in discesa che in salita. Per di più è accertato (ma sembra che l’autore dell’articolo non lo sappia) che il “rischio infarto” si calcola su una serie di fattori, alcuni dei quali come fumo, pressione e sovrappeso, contano anche di più del semplice dato anagrafico. 
Può essere ipotizzabile controllare l’età e certificato medico degli escursionisti all’inizio del Sentiero? Per quanto ne sappia, la legge prevede il certificato medico-sportivo solo per gli agonisti e si sappia che nei campionati Master di qualunque disciplina sportiva ci sono tante categorie per gli ultra settantenni (atleti che farebbero arrossire di vergogna tanti giovincelli, se questi avessero un po' di amor proprio). 
Essendomi già dilungato abbastanza, non approfondirò altri argomenti più che discutibili come quello della “mancanza di parapetti e di sicurezza”, oltretutto già trattati in passato, limitandomi a porre qualche quesito (ovviamente ozioso):
  • che nesso ha un infarto con un parapetto? (sono morti più turisti a Pompei o sul Vesuvio che sul Sentiero)
  • quante persone sono “precipitate” dal Sentiero? La maggior parte degli incidenti sono conseguenza di semplici cadute “sul Sentiero” e non “dal Sentiero
  • perché qui si sponsorizzano tanto i “parapetti”, che in montagna praticamente non esistono? Altrove se ne vedono solo in pochi posti e per brevissimi tratti. Certo è che per qualcuno sarebbe un buon business ...
  • a quale App si riferisce? Cartografica, di navigazione gps ... o ne esiste una con defibrillatore?
Infine, ammesso e non concesso che i criteri siano giusti, la ghettizzazione di “malati di cuore e ultrasettantenni dovrebbe essere estesa quantomeno al crinale di San Costanzo, all’ascesa al Molare o al Passetiello, tanto per restare in zona, tutti ben più impegnativi del Sentiero degli Dei
Questa proposta-diktat ha anche una non lieve parvenza di razzismo che, oltre ad essere assolutamente campata in aria (per essere gentili), è ovviamente ingiustificata come qualunque altro tipo di discriminazione.

venerdì 23 settembre 2016

THE GREAT TRAIL ... cicloturisti, non vi fate abbindolare, non è solo per voi!

Ennesima bufala, ripresa da varie testate nazionali (La Repubblica,La Stampa, ...) e innumerevoli siti e blog.
Sembra che la ricerca dei record e delle grandi cifre attiri sempre l'attenzione di un certo tipo di "giornalismo" e che, fra superficialità e cattive traduzioni, si propongano notizie errate o "numeri al lotto".
Nei giorni scorsi ho letto del Great Trail e, da viaggiatore e sportivo, mi sono incuriosito e ho ritenuto opportuno saperne un po' di più, ma già sospettavo la "bufala". Infatti vari l'hanno presentato come un coast-to-coast di 24.000km, ma fra Atlantico e Pacifico non ci sono più di 8.000km procedendo nei territori meridionali del Canada
Il percorso ciclabile più lungo del mondo? È il Great trail canadese: 24 mila chilometri di pista ininterrotta e libera dalle macchine, che collega fra loro 15 mila comunità, dal Labrador a Vancouver, dall’Oceano Pacifico al Mar Glaciale Artico. Ci sono voluti 25 anni di lavoro per realizzarlo e verrà ufficialmente inaugurato nel 2017, in occasione del 150° anniversario della fondazione della Canada.(La Stampa, 22/9/16)
Non èuna pista ininterrotta”, non èesclusiva per le due ruote” e neanche condividendo la strada con mezzi a motore è possibile completarne il percorso in bici considerato che oltre 6.000km sono su acqua! Nonostante quanto affermi La Stampa

Anche La Repubblica non esita ad etichettarlo come "la pista ciclabile più lunga del mondo", a definirlo "un sentiero" (cosa che non è, includendo tante strade minori, tratti urbani e vie d'acqua) e ad affermare che sia "un percorso dedicato esclusivamente alle due ruote" (invece viene pubblicizzato anche come percorso escursionisticoequestre, per sci di fondo e slitte ... siamo in Canada, per non parlare dei tratti su acqua, per kayak e canoe).

Osservando la mappa in alto (dal sito ufficiale thegreattrail.ca) dovrebbe essere evidente a chiunque che non si tratta di un percorso unico e lineare. Inoltre, si può notare che l'itinerario è riportato in tre colori diversi:
  • verde = sezioni al momento già fruibli
  • rosso = collegamenti da completare (circa 3.000km, il 13% del totale)
  • azzurro = vie d'acqua (quindi niente bici) per oltre 6.000km

In effetti nel 1992 fu presentato il progetto del Trans Canada Trail per le celebrazioni del 125imo anniversario del Canada con la mira di divenire la più estesa rete di percorsi ricreativi, che includeva “itinerari sia su terraferma che su acqua, attraverso ambienti urbani, rurali e selvaggi”. Avrebbe unito sotto uno stesso nome/logo tutti i grandi percorsi canadesi già realizzati e, entro l’anno prossimo, dovrebbe riuscire a connetterli tutti fra di loro oltre ad inglobarne alcuni minori, per un totale di circa 500 singoli itinerari. 
Dal 2016 il Trans Canada Trail viene pubblicizzato con il nuovo nome/logo The Great Trail. Quando sarà completato raggiungerà uno sviluppo complessivo di quasi 24.000km, dei quali circa il 26% (oltre 6.000km) su acque interne (laghi e fiumi). Il punto di partenza "Mile zero" si trova presso l’ingresso del Railway Coastal Museum di St. John's, Newfoundland, sulla costa del nord Atlantico.

A prescindere dalle inesattezze riportate, il progetto è eccellente, sarà tutto ben segnalato, al di fuori delle aree urbane prevede punti di sosta (tipo rifugi) e offre a tutti gli sportivi, in particolare a quelli amanti dell'outdoor, infinite possibilità di svago e divertimento in ambiente naturale.

martedì 20 settembre 2016

Gli incredibili esordi di Stanley Kubrick e Francis Ford Coppola


Torno a parlare della settima arte trattando di due opere prime, una dubbia (potrebbe essere la seconda), entrambe quasi rinnegate dai rispettivi registi che successivamente sono divenuti pietre miliari della storia del cinema e pertanto non mi soffermerò sulle loro carriere colme di successi, essendo note a tutti. Mi riferisco alle opere prime di Stanley Kubrick (Fear and desire, 1952, tit. it. Paura e desiderio) e di Francis Ford Coppola (Tonight for sure, 1962). Parafrasando il titolo di un famoso (fra i cinefili) film di Herzog si potrebbe dire “anche grandi registi hanno avuto sciagurati inizi”.
Andiamo in ordine cronologico. Fear and desire fu scritto, prodotto, filmato, montato e diretto da Kubrick il quale, pur investendo tutti i suoi soldi, dovette arrangiarsi con un budget molto ridotto. Egli stesso successivamente lo definì: “un maldestro esercizio filmico dilettantesco, scritto da un poeta fallito, affiancato da pochi amici e con astrusità assolutamente inetta”.
Il film ebbe scarso successo sia di critica che di pubblico ed ebbe scarsa e breve circolazione solo negli States. Una notizia non documentata, ma pare sia quasi certa, riporta che il regista “pentito” avrebbe tentato di comprare e/o far sparire tutte le copie e i negativi della pellicola e sembrava che ci fosse quasi riuscito. Per anni si è pensato che ne fossero rimaste solo due copie, una nelle mani di Kubrick e un’altra pressoché inutilizzabile per essere di pessima qualità. Purtroppo per lui, ma non per i suoi fan e gli storici e appassionati di cinema, nel 2010 - comunque dopo la sua morte -, in un laboratorio cinematografico di Puerto Rico fu trovata  inaspettatamente un’altra copia. Vista la fama ormai universale di Kubrick, la pellicola fu prontamente restaurata e l’anno successivo la TCM la mandò anche in onda e a fine 2012 la Kino Video lo mise in commercio su DVD e Blu-ray. Su YouTube è disponibile la versione restaurata in HD (720p) preceduta da qualche notizia in merito al film e dall’audio di un’intervista di circa 5 minuti rilasciata da Kubrick a Jeremy Bernstein il 26 novembre 1966 e rientra nel “pubblico dominio” per scadenza dei diritti.
Della pellicola in sé e per sé ho appena pubblicato la micro-recensione accompagnata da numerose foto al n. 277 della raccolta 2016: un film al giorno
Venendo ai rating attuali, sempre interessanti ma da interpretare correttamente, c’è da notare che su IMDb (sensibile quasi esclusivamente ai giudizi degli spettatori) non raggiunge la sufficienza, fermandosi ad un misero 5,6 (su 10), mentre va molto meglio su RottenTomatoes (% di recensioni positive) con un 83. Questo tuttavia è il risultato di solo 12 opinioni, ovviamente scritte negli ultimi 4 anni mentre solo il 37% di quelli che l’hanno visto gli hanno dato la sufficienza. Quanti di quei 12 “critici” avrebbero scritto le stesse cose nel 1953, non conoscendo i lavori successivi di Kubrick come Spartacus, 2001: a Space Odyssey, Arancia meccanica, The Shining,...?
Da grande regista quale è stato Kubrick aveva ragione nel suo severo giudizio, ma umanamente avrebbe potuto essere più flessibile e consentire agli appassionati di guardare Paura e desiderio (questo il titolo italiano) ... chi di noi non ha fatto errori dovuti a un po’ di presunzione? L’importante è rendersene conto e migliorarsi e il regista newyorkese c’è indubbiamente riuscito.
Discorso ben diverso per Francis Ford Coppola che iniziò in modo molto più scanzonato e assolutamente senza pretese. Nel 1962, a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, uscirono in sala due suoi film: The Bellboy and the Playgirls e Tonight for sure. Il primo, tuttavia, non può essere considerato un vero film di Coppola in quanto questi si limitò a ri-montare una commedia tedesca del 1958 e ad aggiungervi vari inserti girati da lui (per lo più nudi). Per questo motivo nei credits al suo nome viene affiancato quello di Fritz Umgelter, regista dell’originale Mit Eva fing die Sünde. Quindi si tende a considerare Tonight for sure il suo primo vero film essendone sceneggiatore, produttore e unico regista.
Se nel film d’esordio di Kubrick si potevano apprezzare alcune inquadrature e sequenze, in questo di Coppola non c’è veramente niente sa salvare. Senza né capo né coda, con due improbabili protagonisti che chiacchierano delle loro idee strampalate e si raccontano le proprie (ridicole) avventure, le scene delle loro conversazioni vengono intervallate con inquadrature di spogliarelliste che ballano o di giovani e prosperose ragazze a seno nudo nel deserto del Nevada.
Negli anni 60’ proliferava questo genere conosciuto come nudie che non ha prodotto niente di memorabile e che ha visto il suo massimo esponente in Russ Meyer (Vixen!, Supervixens e Faster, Pussycat! Kill! Kill!) ovviamente ben conosciuto e ammirato da Tarantino il quale l’ha anche citato e ringraziato ufficialmente nei titoli di Death Proof.
   
Forse si salva la musica ... composta ed eseguita da Carmine Coppola, padre del regista, il cui nome nei titoli però, come in altri film dell’epoca, risulta essere Carmen Coppola.
Curiosità: nelle scene iniziali, quelle che fungono da sfondo per i lunghi titoli di testa (3’, lunghissimi se si considera che l’intero film è di 65’) appare un’auto rossa con tettuccio apribile che somiglia tanto ad una Fiat 600 ... che ci faceva nelle strade di Las Vegas? Autocelebrazione delle proprie origini da parte di Coppola?
   
Senza volermi atteggiare a “critico”, mi permetto di dire che Tonight for sure è sul serio indecente e non certo per i tanti seni al vento, ma per essere assolutamente improponibile. Non per niente questa sua prima produzione (certa) su IMDb vanta un eccezionale 3,3 (su 10), mentre in RottenTomatoes addirittura non è neanche menzionato.
Il film è disponibile su YouTube e, anche se la qualità è molto scadente, penso che i cinefili debbano degnarlo almeno di uno sguardo, anche se saltellando da una scena all’altra.
Della pellicola in sé e per sé ho appena pubblicato la micro-recensione accompagnata da tante foto al n. 275 della raccolta 2016: un film al giorno

domenica 18 settembre 2016

Pianificare un'escursione senza affidarsi a chi non ci conosce (3 - conclusione)

Terzo e ultimo post  relativo alla pianificazione di un itinerario senza doversi affidare a giudizi estemporanei di altri ma basandosi su dati certi come distanze e dislivelli, seppur tenendo conto dei tempi teorici indicati ... assolutamente soggettivi. Questi ultimi tuttavia, se forniti da persone/associazioni affidabili, possono essere utilizzati comparandoli fra loro e, se rapportati alle distanze possono mettere in evidenza possibili difficoltà nell’avanzamento. I siti, o guide, che riportano un solo tempo per percorsi lineari con dislivello significativo NON SONO AFFIDABILI! Anche al più sprovveduto degli escursionisti principianti apparirà chiaro che è più che plausibile che all’atto pratico i tempi in salita e i tempi in discesa di uno stesso tratto risultino diversi, spesso non di poco.
Di conseguenza, preferisco sempre basarmi sulle distanze ogni volta che queste siano disponibili, da abbinare a dislivelli e pendenze, invece di fidarmi dei tempi di percorrenza suggeriti.
Tornando all’esempio che avevo preannunciato, mi sono concentrato sulla parte nord-orientale del Parco, zona molto interessante e varia, ricca di sentieri segnati. In alto vedete la cartina, abbastanza confusa per i troppi simboli ma utile per rendersi conto dell’andamento dei sentieri, mentre in basso vi propongo uno schema essenziale adattata a grafo, nella quale ho riportato le distanze in km e i numeri dei sentieri, per un rapido riferimento alla mappa e alla segnaletica.
Il triangolo indica la partenza (fermata bus M. Blanca) e i due cerchi concentrici fermata di Portillo. Ognuno, in base a quanti chilometri ha deciso di percorrere, potrà facilmente confrontare numerosi itinerari sommando le distanze dei vari tratti. Scegliendo percorsi brevi, si possono aggiungere varie escursioni a/r come quella facile di Fortaleza (36) o quella più impegnativa di Montaña Blanca (dir. 7). 
Restando a ovest della strada ci sono più possibilità, ad est praticamente solo una che nella seconda parte offre, a quelli più in forma, la variante del percorso 2 (si allunga di 4,3 km, ma soprattutto ci sono 250m di dislivello in più).
Il completamento dell’escursione così pianificata è facilitata dal fatto che a ciascuna estremità dei sentieri c’è una tabella come questa, che fornisce l’esattamente posizione nella quale ci si trova e, oltre la cartina, c’è anche l’altimetria del percorso, il grado di difficoltà e altre informazioni.

In corso d’opera, se ci si trova troppo in anticipo o in ritardo rispetto alla tabella di marcia stilata in precedenza, con cartina e schema alla mano si penserà ad un extra o si potrà cercare una scorciatoia, o in caso di piccole differenze ci si prenderà un po’ più di tempo o si aumenterà un poco il passo.
Una buona programmazione e l’utilizzo di una mappa (che non esclude l’uso anche del gps in combinazione con essa, mai da solo) mette chiunque in condizione di effettuare una piacevole e tranquilla escursione, riducendo al minimo il pericolo di “perdersi”.
Io stesso utilizzerò lo schema (dopo averlo arricchito con quote e dislivelli) per organizzare le mie prossime escursioni sul Teide, fra poco più di un mese. 
In questa pagina del sito ufficiale del Parco sono riportati i dati salienti di ciascun sentiero (inizio, fine, tipo di percorso, tempo, grado di difficoltà, lunghezza, dislivello e connessioni con altri sentieri) e, cliccando su Leer más, tante altre informazioni sul sentiero e l'area attraversata. 

giovedì 15 settembre 2016

Pianificare un'escursione senza affidarsi a chi non ci conosce (2)

Continuando il discorso iniziato nel post precedente, supponiamo di voler raggiungere il punto di partenza, qualunque esso sia, con i mezzi pubblici. La prima cosa da fare è quella di scaricare l'orario della linea 348 Puerto de la Cruz - Cañadas del TeideLe fermate che possono interessare sono: Portillo, Portillo alto, Montaña Blanca e Parador
Il bus parte tutti i giorni dell’anno tranne l’1 gennaio alle 9.15, arriva a Portillo alle 10.30, passa per Montaña Blanca (fermata a richiesta) e raggiunge il Parador verso le 11.00. In discesa riparte da Parador alle 16.00 e passa per Portillo verso le 16.30. Ne consegue che una escursione circolare da Portillo dovrà durare non più di 6 ore (10.30-16.30), una da Parador non più di 5 (11.00-16.00) e fra i due punti, in un senso o nell'altro, non più di 5h30' (più o meno).
Sapendo a che velocità si vuole/può procedere (dato fondamentale che ogni escursionista dovrebbe conoscere) sarà quindi facile calcolare la distanza che si potrà percorrere: tempo x velocità. Per esempio, chi pensa di percorrere 3 km per ora potrà pianificare passeggiate circolari di 18km da Portillo, 15km da Parador e 16-17 fra i due; a 4km/h le distanze saranno rispettivamente 24, 20 e 22kmDetto così sembra lapalissiano, ma quanti eseguono questi semplici calcoli prima di partire?
Stabilita così la distanza, cominciamo a pensare ad una destinazione interessante o ad un sentiero in particolare e ci costruiamo attorno un percorso ricordandoci però di considerare anche i dislivelli e non pensare di arrivare al limite del tempo, prevedendo un congruo margine di sicurezza.

Su una mappa generale (come questa in alto, file disponibile sul sito del Parco, versione cartacea gratuita al Centro visite) si appuntano al lato dei singoli tratti almeno i tempi, ma meglio anche le distanze arrotondate ai 100m che, insieme con il tempo indicativo, dislivello, grado di difficoltà e connessioni con altri sentieri, sono disponibili in questa paginaSi nota chiaramente che i tempi sono calcolati per andature molto, molto turistiche.
Fatto ciò, potremo cominciare a stilare varie ipotesi plausibili, fra le quali sceglieremo quella più adatta alle nostre esigenze. Inoltre, avendo a disposizione tutti questi dati e utilizzando la cartina (anche se generale è più che sufficiente), potremo conoscere in qualunque momento la nostra posizione e, di conseguenza, la distanza dal punto di arrivo e quindi potremo adeguare il passo per non rischiare di dover correre per gli ultimi chilometri o aspettare il bus per oltre un’ora.
I più meticolosi potranno anche scaricare le tracce sul proprio gps, ma in ogni caso l’utilizzo di una cartina è imprescindibile.

NON VI AFFIDATE MAI AL SOLO GPS!
Segue ...

martedì 13 settembre 2016

Pianificare un'escursione senza affidarsi a chi non ci conosce (1)

Dopo il caldo torna la stagione dell’escursionismo e ricomincio a ricevere tante email con richieste di informazioni e anche con tante domande insulse. Nell’ultima, giunta stamane, una madre mi chiedeva se il sentiero della Valle delle Ferriere (indicazione già di per sé molto vaga) fosse adatta ai suoi figli di 6 e 10 anni ...
Avendo una persona davanti, indipendentemente dalla sua età, non è semplice rispondere a quesiti del genere, impensabile farlo via email e per dei ragazzini (oltretutto senza neanche una foto). Un medico potrebbe mai fare una diagnosi a seguito di una semplice richiesta del tipo “Mi fa male una spalla, a cosa è dovuto?” o “Stanotte ho dormito male, perché?”.

Molti adulti avanzano richieste simili per sé fornendo la loro età (che ovviamnete non è indicativa) e io puntualmente rispondo “Ho accompagnato ultraottantenni in perfetta forma e nelle ascese abbiamo dovuto aspettare quelli di neanche 50 anni, spesso anche fra i 20 e i 30, che arrancavano parecchi metri più in basso.”
A questi si aggiungono (mi sembra di averne già parlato) quelli che pianificano passeggiate senza alcun criterio, del tipo 30 km con 2.000 metri di dislivello, da fare in 6 ore (sulla cartina a loro sembra breve e dimenticano salite e discese) o come l’idea di un gruppo di scout che sottoponendomi un programma mi scriveva “Terzo giorno ci spostiamo da x a y” due località distanti soli 3km e collegate da facile sentiero, mentre il giorno prima avevano previsto oltre 20km e oltre 1.000m di dislivello, ovviamente con zaino in spalla.
Pur conscio che ciò che scriverò non sarà letto o sarà semplicemente snobbato da tutti quelli che invece dovrebbero prenderne buona nota, mi accingo a descrivere comunque come organizzo le mie escursioni, metodo certamente non unico o perfetto ma sufficiente a limitare i rischi e giungere a destinazione sano, salvo e soprattutto contento e soddisfatto.

Questo solo post non sarà chiaramente sufficiente, ma almeno comincio a fornire le basi per poter poi approfondire l’argomento successivamente. Quale esempio, ne ho scelto uno reale e attuale visto che sto programmando nuove escursioni nel Parque Nacional del Teide, il vulcano più alto d’Europa (ma solo amministrativamente, in quanto trovandosi a Tenerife, Canarie, geograficamente è africano) che sorge all’interno di una enorme di circa 190kmq di superficie. Attorno al cono vulcanico ci sono decine e decine di sentieri, che possono essere facilmente combinati fra loro in modo da creare circuiti di anche oltre 20km o semplici traversate, e all’esterno del parco esistono ancora vari “tratturi”, una volta utilizzati dai pastori, che consentono di scendere a valle, lungo differenti versanti.
Capirete bene che un escursionista intraprendente e indipendente deve “solo” scegliere volta per volta un itinerario di suo gradimento, calcolando bene il tempo a disposizione (in particolare se vuole usufruire del trasporto pubblico), i chilometri che pensa di poter percorrere in quel tempo (è bene calcolare sempre almeno mezzora in meno), tenendo ben presente i dislivelli, le pendenze ed il fondo dei sentieri (da non sottovalutare ... guarda le 3 foto) e non dimenticando l’obiettivo principale (raggiungimento di una cima o di un punto panoramico, osservazione di flora e fauna, fotografia, ...). 
Il compito non è sempre semplice ma, se fa tutto per bene e con criterio, il saggio escursionista ha grandi probabilità di godersi un’altra bella escursione; se invece improvvisa e va troppo all’avventura, rischia di rovinarsi la giornata e, forse, di rovinarla anche ad altri.
Si deve indispensabilmente iniziare raccogliendo materiale ed informazioni da fonti affidabili (almeno si suppone che lo siano) vale a dire Parque Nacional, Turismo Tenerife, Turismo Canarias, guide, gruppi escursionistici e via discorrendo.

A chi volesse seguirmi in questa elaborazione, suggerisco di cominciare ad effettuare qualche ricerca in rete, rendendosi conto di cosa si possa vedere, del tipo di ambiente, delle medie climatiche (come vestirsi? anche se la decisione sarà sempre e solo last minute), osservare qualche mappa e scaricarne un paio fra quelle più leggibili, controllare come raggiungere il Parco con trasporto pubblico e altro che si reputi necessario.
Nel prossimo post comincerò ad analizzare vari possibili itinerari e coloro che avranno “fatto i compiti” potranno seguire le mie elucubrazioni più facilmente e, successivamente, applicare il modello a qualunque altra area. 
Per facilitare loro il compito (ma tutti ne possono approfittarne) consiglio di dare anche un’occhiata alle gallerie di foto già pubblicate negli anni scorsi e riunite in questa raccolta:  Cañadas del Teide, Tenerife, Parque Nacional

venerdì 9 settembre 2016

Cervello umani e intelligenza artificiale

In innumerevoli casi affidarsi a strumenti elettronici può essere utilissimo, ma accendendo un qualunque apparato non si può spegnere o disconnettere il cervello ... si rischia di prendere grandi cantonate, di creare problemi a sé stessi o altri, di mettersi in guai seri. Non ci si può fidare ciecamente di tecnologia, elettronica, intelligenza artificiale o in genere di qualunque altro grande avanzamento della scienza, devono comunque essere controllati seppur da un altro apparato. Senza voler andare troppo a fondo in questa materia già dettagliatamente analizzata da professionisti e filosofi, mi limito a citare alcuni esempi, del più recente dei quali avrete probabilmente letto e proprio questo mi ha suggerito il tema del post.
Un paio di giorni fa un aereo di linea partito da Sydney (Australia) con destinazione Kuala Lumpur (Malaysia), dopo aver volteggiato per un poco in zona è andato ad atterrare a Melbourne (Australia). La notizia ufficiale riporta che il pilota ha inserito le coordinate sbagliate per la destinazione e, anche se ci son varie versioni in merito, il risultato è stato quello di imboccare un “corridoio” sbagliato e quando qualcuno dell’equipaggio se n’è accorto, il sistema non ha consentito di correggere l’errore. Ho letto che nel trascrivere le coordinate di destinazione, nella longitudine era stato spostato una cifra da gradi a decimali passando da 151° a 15°, ma detto punto sarebbe si trova nell’Atlantico meridionale, a ovest di Città del Capo, a oltre 11.000km di distanza, oltre il massimo raggio dell’aereo. Ma 151° è la longitudine dell’aeroporto di Sydney e secondo un’altra versione sarebbe stata quindi impostata una destinazione identica al punto di partenza e per questo l’aereo, dopo il decollo, sarebbe restato a volteggiare nei cieli australiani e infine “dirottato” a Melbourne in quanto a Sydney non era più possibile atterrare. Comunque sia andata è stato chiaramente un errore umano che, per eccesso di fiducia nei sofisticati sistemi dell’aereo senza un diretto e immediato controllo da parte dell’equipaggio, è stato scoperto con troppo ritardo.
Ma posso citare esempi molto più semplici e quotidiani come quanto succedeva continuamente quando ero al liceo. All’inizio degli anni ‘70 cominciarono ad essere diffuse le calcolatrici scientifiche Texas Insruments e, anche se non erano permesse in classe, molti le utilizzavano comunque. 
In particolare per la trigonometria facevano risparmiare un sacco di tempo rispetto all’uso delle tavole, ma molti venivano facilmente scoperti in quanto riportavano dati impossibili.
Per esempio che chi si fidava ciecamente dei risultati forniti che però derivavano da dati inseriti velocemente sotto il banco, e sbagliando tasto funzione, otteneva valori di 8 o -5 per sen e cos (seno e coseno) che per definizione (qualcuno si ricorda di cosa parlo?) possono variare solo fra 1 e -1.


In tempi ancora più moderni, errori ricorrenti li commettono quelli che si fidano ciecamente dei navigatori. Solo nell’ultima settimana ben tre auto sono giunte fino alla base delle scale alla fine della stradina (cieca per i veicoli) vicino casa mia, ignorando il cartello con segnale e testo esplicito “STRADA SENZA USCITA” ... perché il GPS non sbaglia!
Avete mai notato quanti sono ormai i commessi/e, cassieri/e che non sanno più dare un resto se non lo leggono l’importo sul registratore di cassa o, in mancanza di questo, sullo smartphone di turno? Una volta anche quelli che non avevano neanche la licenza elementare lo sapevano fare, oggi se battono male una cifra non si accorgono dell’errore nell’importo anche se completamente sballato. Per loro “sta scritto sul display e quindi è corretto!
Consiglio gratuito: utilizzate pure qualunque apparato o macchinario, ma siate sempre attenti ai dati forniti. Ricordate che non sono indispensabili e per essere sempre affidabili devono essere accompagnati da criterio e buon senso. 
Navigatori ed esploratori sono arrivati praticamente dovunque con bussola e mappe poco affidabili (talvolta anche senza né l’una né le altre), e tante scoperte sono state fatte con calcoli eseguiti con carta e penna. 

mercoledì 7 settembre 2016

Talvolta nei dintorni di destinazioni famose ci sono piccole “perle”

A sostegno della suddetta affermazione mi accingo a descrivere, in breve, piccola parte di una mia esperienza californiana a est di Yosemite, uno dei più famosi parchi nazionali USA. A giugno 2008 non era disponibile un solo posto nei vari lodges all’interno del perimetro del parco e, dissuaso anche dagli incendi che creavano enormi nuvole che oscuravano il sole, decisi di alloggiare a valle, dal lato opposto, esattamente nel piccolissimo paesino di Lee Vining, 222 (proprio duecentoventidue) abitanti nel 2010. Questo si trova a circa 2.000m di quota, all’inizio della spettacolare Route 120 (foto in alto), tortuosa strada di una ventina di km per Tioga Pass (3.031m s.l.m) unico accesso orientale a Yosemite.
Subito prima dell’ingresso, a nord della strada c’è l’area detta 20 Lakes, al di fuori del Parco, facente parte dell’Inyo National Forest. Pur essendo all’inizio dell’estate (25 giugno) c’era ancora tanta neve e grosse lastre di ghiaccio galleggiavano nei laghi e laghetti. Purtroppo vari sentieri erano completamente coperti da una fitta coltre di neve e quindi fui costretto a limitare la mie escursione ad una dozzina di chilometri. Eppure fu una splendida passeggiata, estremamente insolita per me che non amo la neve e tantomeno frequento ghiacciai, ma per fortuna l’arie fine ed il sole mi consentirono di procedere in pantaloncini e maglietta.
   
Dal lato opposto di Lee Vining, ad appena un paio di km, c’è invece lo spettacolare Mono Lake, amministrativamente anch’esso incluso nella Inyo National Forest. Si tratta di un lago alcalino molto particolare con delle strane formazioni sedimentarie che sporgono dalla superficie dell’acqua, come insolite stalagmiti. Il suo Ph (=10) non permette la sopravvivenza di pesci, ma in compenso proliferano miliardi di particolari gamberetti che si nutrono di alghe e che a loro volta ogni anno forniscono nutrimento a circa 2.000.000 (due milioni) di uccelli acquatici attirati lì proprio dalla loro abbondanza e dalla mancanza di altri predatori. A causa dell'alta densità dell'acqua si galleggia molto facilmente ... osservate il gabbiano nella foto a sinistra. Esiste un centro visitatori nel quale tutto questo inusuale ciclo viene spiegato chiaramente in ogni dettaglio.
   
Andando invece verso nord lungo la Route 395 (praticamente l’unica strada) in direzione Bridgeport, la cittadina (585 abitanti!) più vicina a Lee Vining, appena superata ciò che resta della città fantasma Dog Town si svolta verso est e, percorrendo una strada per lo più sterrata in mezzo ad un semi-deserto, si raggiunge Bodie, una vera ghost town (città fantasma) nel Far West americano. 

Sorse velocemente come conseguenza della corsa all’oro e nel 1880 arrivò a contare 7.000 abitanti e oltre 2.000 edifici, ma già prima della I Guerra Mondiale era nettamente in declino. L’ultima miniera chiuse nel 1942, ma già venti anni prima la si cominciò ad annoverare fra le ghost town. Oggi è mantenuta più o meno nello stato nel quale si trovava a quell’epoca, è ufficialmente denominata Bodie State Historic Park e viene visitata da circa 200.000 persone ogni anno.
   

In conclusione, e tornando al titolo del post, facendo base in una “ridente cittadina” di 222 abitanti lontana da ogni altro agglomerato urbano degno di tal nome, passai una piacevolissima settimana rimodulando i miei programmi:
  • rinunciai a quasi tutte le escursioni nella parte bassa del ben più famoso Yosemite National Park (Half Dome, El Capitan, Lembert Dome, Glacier Point...) affollatissimo e, in quel periodo, quasi sempre “oscurato” da dense nuvole di fumo
  • ne feci altre (non previste) nella parte alta, attorno a Tioga Pass rimanendo quasi sempre oltre i 3.000 metri di quota
  • aggiunsi un giro fra i 20 Lakes, nell’Inyo National Forest
  • feci una lunga passeggiata lungo le rive del Mono Lake
  • visitai una vera ghost town, esperienza molto soddisfacente ed interessante

Un po’ di naso, un po’ di ricerca, molta flessibilità e non si resta mai delusi.

domenica 4 settembre 2016

Notiziona: Wolfgang Goethe sul Sentiero degli Dei!

Finalmente scoperta l'origine del nome "Sentiero degli Dei"!
Ieri in trattoria a Termini (Massa Lubrense, NA), mangiando un ottimo spaghetto a vongole, ho "captato" e “carpito” la sensazionale informazione anticipata nel titolo del post. Alle mie spalle si è venuto a sedere un gruppetto di italiani, un paio di famiglie, accompagnati da una “guida” che parlava ininterrottamente degli argomenti più vari, dall’archeologia, alla storia, alla botanica, alla gastronomia e ovviamente, parlando di escursionismo, ha citato il Sentiero degli Dei
   
Sapendo qualcosa in materia, ho drizzato le orecchie e, udite, udite!, ho saputo che Wolfgang Goethe nel corso del suo lungo viaggio in Italia (durato in realtà circa due anni) avrebbe soggiornato per ben 3 anni a Massa LubrenseGià questa sensazionale, per me inedita, notizia mi ha fatto sospendere l’arrotolamento degli spaghetti mentre l’intestino, più sospettoso, già cominciava a torcersi. In effetti non è neanche sicuro che il sommo poeta tedesco abbia visitato Sorrento (alcuni lo affermano, ma nel testo di “Viaggio in Italia” la cittadina del Tasso viene solo citata nella descrizione di vari panorami) eppure, sempre secondo la "guida", avrebbe avuto casa a Massa Lubrense, estremità della penisola, fra Sorrento e Capri.


Tuttavia le sorprese non finivano qui, in quanto la “guida” ha proseguito dicendo che Goethe era solito andare a percorrere lo spettacolare sentiero che avrebbe quindi “battezzato” Sentiero degli Dei
Al pari di Filippide, che nel 490 a.C. corse per circa 40km da Maratona ad Atene per annunciare la vittoria degli ateniesi sui persiani, questo antesignano degli escursionisti tedeschi avrebbe quindi spesso percorso la stessa distanza visto che, da qualunque posto di Massa si parta, l'inizio del Sentiero si trova a oltre 15km ai quali si devono aggiungere i 6km del sentiero, il che fa oltre 40 chilometri andata e ritorno.
A questo punto, nonostante la distrazione degli spaghetti e delle vongole e con il vino che mi obnubilava la mente, il totale aggrovigliamento dell’intestino mi lasciava presupporre che qualcosa non andasse nei racconti della “guida” che, nel frattempo, era già passata a tessere le lodi del Finocchietto. Questo è un liquore tipico che si produce facendo macerare in alcool le tenere foglie di Foeniculum vulgare (finocchietto), pianta che cresce in abbondanza attorno Monte San Costanzo (Termini), ed ha fatto riferimento al devastante incendio che ha interessato l’area la settimana scorsa. Ha quindi spiegato che quest’anno non sarà possibile produrre Finocchietto (liquore) dimenticando (o, mi sorge il dubbio, non sapendo) che la raccolta si effettua in primavera, che le piante bruciate erano già secche (vedi foto in basso del 13/8 u.s., prima dell'incendio)  e che l’anno prossimo saranno di nuovo in perfetta forma dimostrato dal fatto che anche nel 2015 ci fu un incendio e quest’anno il Foeniculum vulgare è stato abbondante come sempre.

A quanto mi risulta, nonostante tutte le certezze della “guida” l’ideatore del nome “Sentiero degli Dei”, il percorso fra Bomerano (Agerola) e Nocelle (Positano), resta incerto. Ora, però, ai vari papabili spesso tirati in ballo, fra i quali Giustino Fortunato e D. H. Lawrence, dovremo aggiungere  Johann Wolfgang von Goethe.
... Goethe, che visita Napoli nel 1787, per ben due volte (17-29/3 e 15/5-3/6 del 1787 n.d.r.) scrive di Sorrento nella Italienische Reise, ne ricorda "l' atmosfera piena di vapori … le rocce ombrate" mentre naviga sottocosta verso Palermo, vi ritorna nella memoria di un pomeriggio tempestoso tra il salto di Tiberio e la torre di Campanella, ...
La giornata era bellissima, si scorgeva da vicino il delizioso panorama di Castellammare e di Sorrento.
... ai nostri piedi il mare, di fronte Capri, a destra Posillipo, sul fianco la passeggiata della Villa Reale, a sinistra un vecchio palazzo dei Gesuiti e, più lontano, la costa di Sorrento fino al Capo Minerva
...si aveva l'intera visione della città bassa verso il molo nonché del golfo e della costiera sorrentina ...
E così Sorrento può solo trarne vanto di essere uno dei posti in cui Goethe non è stato ma che rimpiange di non aver visto.” 
(da larapedia.com)

PS - dai primi anni '90 al 2014 ho esercitato la professione di guida escursionistica lungo i sentieri dei Monti Lattari (Penisola Sorrentina, Costiera Amalfitana e Capri), in Sicilia orientale, Eolie e 5 Terre e ascoltando ciò che spiegavano i miei colleghi e conversando con loro ho anche appreso molto, ma non ho mai sentito tali e tante baggianate in così breve tempo ... delle tante "invenzioni" della "guida" ne ho scelte solo un paio fra le più singolari, ma c'era materiale per scrivere ancora tanto.