giovedì 19 novembre 2020

micro-recensioni 391-395: un capolavoro e due uncredited di Buñuel

Il capolavoro è L’angelo sterminatore, i due unanimemente attribuitigli sono gli ultimi da lui prodotti in Spagna prima di spostarsi oltreoceano. Completano la cinquina un folle film messicano (da prendere così com’è, senza mezze misure) e uno dei primi di Saura.

El Angel Exterminador (Luis Buñuel, Mex, 1962)

Uno dei più famosi e enigmatici film del periodo messicano di Buñuel, durante il quale scrisse e diresse due terzi della sua intera produzione. Caustica descrizione delle miserie e ipocrisie della società borghese. Ripropongo quanto scritto un paio di anni fa.

"Un film che non dovrebbe aver bisogno di presentazioni, in merito al quale sono stati scritti fiumi di parole pur senza giungere ad alcuna conclusione. Buñuel, oltre 30 anni dopo il suo corto Un chien andalou, quasi un manifesto del surrealismo cinematografico, torna a spiazzare critica e pubblico con un film pieno di oggetti, animali, frasi, situazioni e atteggiamenti senza dubbio allusivi e simbolici, ma ciascuno si presta a molteplici interpretazioni ed è impossibile dare un sicuro senso complessivo a tale combinazione. A chi gli chiedeva lumi, Buñuel soleva ripetere che se il film sembra enigmatico anche la vita lo è, e come essa è ripetitivo e soggetto a molte interpretazioni. “La migliore spiegazione per L'angelo sterminatore è che, ragionevolmente, non ne ha alcuna”.

Fra i più frequenti argomenti di (accesissime) discussioni, oltre alla inspiegabile impossibilità delle persone di valicare soglie (invitati intrappolati nel salone, polizia, servitù e curiosi che non possono entrare nel parco, devoti in chiesa), ci sono le singolari ripetizioni di scene e dialoghi (che qualche operatore talvolta tagliava pensando si trattasse di un errore di montaggio), varie apparizioni di agnelli e di un orso, zampe di gallina, una mano mozzata che ricorda senz’altro quella con la quale “giocava” per strada l’androgino di Un chien andalou, la perdita della decenza borghese e del senso del tempo, e i mille riferimenti alla sensualità e alla religione, quest’ultima già tirata in ballo non solo nel titolo definitivo (l’angelo sterminatore è descritto nell’Apocalisse) ma anche in quello previsto inizialmente Los náufragos de la calle Providencia.

Dopo la breve e travagliata parentesi europea con Viridiana e prima di iniziare il suo lungo e conclusivo periodo francese, Buñuel tornò a girare in Messico, dove già c’era una certa crisi economica e si dovette “arrangiare” con mezzi e budget molto limitati. Più volte asserì che il film l’aveva pensato per una produzione europea, possibilmente in Francia. Anche per il soggetto di questo film contò sulla collaborazione del fedele Luis Alcoriza, ma solo lui si occupò della sceneggiatura ... e si vede che si tratta di un’opera tutta sua. Pur essendo stato presentato a Cannes nel 1962 (Premio FIPRESCI e Nomination Palma d’Oro), solo nel ’66 poté circolare in Messico mentre sia in Spagna che in Italia giunse solo nel 1968. Per Cahiers du Cinéma fu il 3° miglior film dell’anno, dopo Le mépris di Godard e The Birds di Hitchcock. Film assolutamente imperdibile! A prescindere dal gradimento, poi non si potrà fare a meno di discuterne."

Salvando al Soldado Pérez (Beto Gómez, Mex, 2011)

Film inaspettato che non è esattamente quanto lasci intuire il titolo che palesemente fa il verso a Salvate il soldato Ryan (1998) di Spielberg. Solo il recupero del soldato è in effetti in comune, ma questi è prigioniero in Iraq e quelli che lo vanno a salvare non sono suoi commilitoni ma uno sparuto gruppo di messicani, guidati da suo fratello maggiore, temuto capo di un cartel di narcos. Avrete capito che si tratta quindi di una commedia, ma non è esagerata quanto si potesse temere e l’elemento principale è la famiglia, l’amicizia e lo spirito di gruppo. Chi guarda il film non conoscendo i messicani e la loro cultura (sia tradizionale che moderna) si perde molto, la parodia è soprattutto sui personaggi (una collezione di stereotipi) spesso esagerazioni della realtà. Ma le caricature continuano anche all’estero (Turchia e Iraq) con turchi, russi e americani e relativi scontri a fuoco con ogni tipo di armi. Splendida la scenografia della “reggia” del protagonista, con zoo privato, oro a bizzeffe, ecc, così come il medaglione di Jesus Malverde, il santo (ovviamente non riconosciuto dalla chiesa) protettore dei narcos e la preghiera nella cappella con la sua tomba, promesse di funerali con mariachi e la conclusione con un narcocorrido scritto appositamente da Los Tucanos de Tijuana, con il perfetto riassunto della trama (è associato ai titoli di coda), quindi non ascoltate il pezzo se volete evitare spoiler.

Si comprende facilmente il 5,9 su IMDb, semplicemente media fra i tanti 10 e i vari 1 e 3 (quelli che probabilmente non lo hanno capito). Se si va a vedere una parodia di generi, personaggi e culture non ci si può aspettare altro. Senza voler assolutamente proporre paragoni, sappiate che anche Monty Python and the Holy Grail (1975, 8,2 e 126° miglior film di sempre su IMDb) ha ricevuto oltre 30 recensioni da 1! Gente che sbaglia film!

Stress-es tres-tres (Carlos Saura, Spa, 1968)

E continuando nei recuperi di film semisconosciuti di registi affermatisi in seguito, ho trovato questo, quinto film di Saura che 2 anni prima, con uno striminzitissimo budget, aveva diretto uno dei suoi migliori film in assoluto: La caza (Orso d’argento per la regia a Berlino). In Lo stress è tre, Tre (tit. it.) praticamente ci sono solo tre personaggi, una coppia e un amico/socio di lui. Lei è Geraldine Chaplin (al suo secondo dei 9 film con Saura, suo compagno per oltre un decennio) che, a mio parere, ha lavorato nel cinema solo per essere figlia di tale padre e non certo per meriti propri. Il marito è convinto che la moglie abbia una tresca con l’amico e nel corso di un viaggio in auto verso il mare diventa sempre più paranoico. Una tensione crescente ben descritta, che in un certo senso ricorda quella fra i tre amici in La caza, ma è assolutamente di livello e intensità inferiore. Per i migliori film di Saura si dovrà aspettare la metà degli anni ’70 con Ana y los lobos (1973), Cria cuervos (1974), La prima Angelica (1976) e Elisa vida mia (1977), prima che si dedicasse quasi esclusivamente a film/doc di vari generi musicali (flamenco, fado, tango).

 

¿Quién me quiere a mí? (J. L. Sáenz de Heredia, Luis Buñuel, Spa, 1936)

¡Centinela, alerta! (Jean Grémillon, Luis Buñuel, Spa, 1937)

Ne scrivo insieme in quanto si tratta di due film spesso inclusi nella filmografia di Luis Buñuel, ma il regista fu ufficialmente solo sceneggiatore e produttore (per la Filmófono compagnia co-fondata con Urgoiti nel 1935) anche se è ampiamente documentato che collaborò alla regia o, in particolare per il primo, disponeva scena per scena cosa dovesse fare il regista. Ricardo María de Urgoiti aveva brevettato un suo sistema di sincronizzazione del sonoro (Filmófono) e oltre alla produzione di film commerciali furono anche distributori; in quanto agli attori contarono su star dell’epoca quali il cantante Angelillo e la famosissima bailaora de flamenco Carmen Amaya. Dopo aver prodotto appena 4 film lasciarono la Spagna a causa della guerra civile.

Questi due film non sono gran cosa eppure sono girati in modo più che decente. ¿Quién me quiere a mí? tratta di una profonda crisi familiare con tanto dii minacce e sottrazione di minore, in ¡Centinela, alerta! ha gran peso la musica avendo nel ruolo principale Angelillo, all’epoca acclamato interprete di flamenco con un suo proprio stile, di coplas aflamencadasfandangos.

Entrambi si lasciano guardare ma più che altro per curiosità cinefila.

#cinema #cinegiovis

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