venerdì 1 novembre 2019

65° gruppo di 5 micro-recensioni 2019 (321-325)

In questo gruppo domina un “film dell’anno” americano (l’ultimo di Tarantino) che si distingue nettamente dagli altri, 4 film giapponesi (o tre, a seconda di come si voglia considerare quello di Mizoguchi) di genere completamente diverso fra loro, anche se uno li comprende quasi tutti ...
   

325  Once Upon a Time in Hollywood (Quentin Tarantino, USA, 2019) * con Leonardo DiCaprio, Brad Pitt, Margot Robbie * IMDb  8,0  RT  85% 
E per questo film si dovrebbe aprire un discorso pressoché senza fine, dati i suoi tanti livelli di lettura, tanti ottimi, alcuni un po’ eccessivi. Cercherò di essere stringato per quanto possibile.
Senz’altro è diverso dai film precedenti di Tarantino, non solo come contenuti ma come struttura in quanto è più vicino a un collage che a una storia con una certa linearità … ma non è che critichi la scelta. Ciò che ho trovato un po’ sovrabbondante è la quantità di citazioni e non per immagini (come spesso accade) ma con tanti nomi di attori, registi, cantanti che ovviamente non possono essere tutti conosciuti, specialmente alle nuove generazioni. Oltretutto, molti si riferiscono a serie TV americane di oltre mezzo secolo fa e i B-movie la fanno da padrone. Per esempio, la parte “italiana” del film si riduce ad una serie di titoli e di nomi, appare qualche poster e nulla più.
Detto di ciò che non ho apprezzato, tutto il resto è di livello più che buono come era lecito aspettarsi da Quentin Tarantino, secondo me un genio innovativo seppur legato alla classicità della cinematografia. Leonardo DiCaprio e Brad Pitt offrono ottime performance e sembrano trovarsi assolutamente a proprio agio in coppia. Ho letto che in effetti anche loro hanno gradito e che sperano di lavorare di nuovo insieme, qualcuno ha aggiunto potrebbero essere una nuova coppia in stile Paul NewmanRobert Redford.
I volti noti sono tanti e non solo quelli della solita gang di Tarantino, quasi tutti comunque ridotti ad apparire in poche scene, ma in modo significativo. Per esempio Kurt Russel e Zoë Bell sono qui partner e non più avversari mortali come in Death Proof (2007, Tarantino), ma torniamo al cappello … bisogna saperlo. Al posto di Bruce Dern ci sarebbe stato Burt Reynolds (se non fosse morto prima dell’inizio delle riprese) e avremmo visto anche Tim Roth (se non avessero eliminato la sua parte). I dialoghi sono spesso taglienti e la sceneggiatura per lo più snella e divertente, ma il film prende il volo solo nell’ultima parte quando, dopo tanta reverente venerazione per gli anni ’60 (non solo film e tv, ma anche abbigliamento, auto e musica) esplode il Tarantino che conosciamo, in un crescendo di sorprese e colpi di scena (specialmente per chi conosce gli eventi legati al caso Tate/Manson), suspense e violenza esagerata di puro genere splatter.
Quindi giudizio più che positivo, pur essendo limitato da ciò che per la maggior parte degli spettatori è quasi ermetismo, vale a dire tante citazioni sicuramente significative, divertenti e sarcastiche che si è certi che Tarantino abbia accuratamente scelto e inserito al momento giusto (in questo campo non lascia niente al caso), ma che non tutti possono cogliere.
Potrei aggiungere qualche altro commento, ma sarebbero degli spoiler.
Da non perdere.

323-4  The 47 Ronin - I e II (Kenji Mizoguchi, Jap, 1941-1942) tit. or. “Genroku Chûshingura” * con Tetsurô Tanba, Gô Katô, Kensaku Morita * IMDb  7,4  RT  82p% 
Anche se in seguito furono proposti come unico lungo film, si tratta di due film girati separatamente, usciti a vari mesi di distanza ed è risaputo che Mizoguchi provvide ad alcuni adattamenti, tenendo conto di alcune critiche ricevute in merito al primo. Si tratta di una storia di onore e lealtà di samurai (divenuti ronin per non avere più padrone), adattamento di lavori teatrali di Mayama Seika basati su eventi reali.
I fatti si svolgono nei primi anni del 1700 ma, considerato il particolare periodo all’inizio della II Guerra Mondiale, il film fu commissionato con finalità di propaganda morale. Appena una settimana dopo la premiere della prima parte ci fu l’attacco giapponese alla base americana di Pearl Harbour.
Film senz’altro ben realizzato ma, in puro stile di Mizoguchi, molto lento, in particolare nella prima parte. Al contrario di quanto molti possano pensare, non c’è alcun combattimento e solo una spada viene sfoderata nelle circa quattro ore totali. Tutto si sviluppa a livello di discussioni in merito a onore, giustizia, vendetta, politica … e harakiri. Suggestivi gli interni dei palazzi, i costumi e i tipici cerimoniali giapponesi.
Imperdibile per chi non abbia idiosincrasia per questo genere di film … tutti gli altri lo troveranno noioso.

   

321  Rage  (Sang-il Lee, Jap, 2016) tit. or. “Ikari” * con Ken Watanabe, Mirai Moriyama, Aoi Miyazaki * IMDb 7,1  RT  90%p 
Film dalla costruzione molto interessante, per la cui corretta interpretazione bisogna procedere abbastanza avanti nella visione. Il preambolo propone un omicidio multiplo e poi subito si passa ad un montaggio intrecciato di varie storie con giovani personaggi singolari e diversi fra loro (ma in un certo senso simili). Quale sia il legame fra loro non è chiaro, né si percepisce immediatamente se siano contemporanee o si tratti di flashback, né se, come e quando confluiranno in una storia unica. 
Sotto questo punto di vista, il film risulta avvincente e mantiene sempre viva l’attenzione dello spettatore, anche perché molti personaggi danno l’idea di mentire ma non è sempre così. Pur non essendo un poliziesco vero e proprio (c’è molto spazio per amore e passione), non mancano momenti di tensione e suspense.
Merita una visione.

322  The Happiness of the Katakuris (Takashi Miike, Jap, 2001) tit. or. “Katakuri-ke no kôfuku” * con Kenji Sawada, Keiko Matsuzaka, Shinji Takeda * IMDb  7,1  RT  66% 
L’impareggiabile Jeannie, factotum del Movie Museum che di solito raccomanda i film, stavolta mi aveva avvertito: “Questo film è molto strano” … ed aveva ragione! Assolutamente indefinibile, parrebbe una revisione di vari generi, fra parodia e surrealismo, personaggi caricaturali che più volte interagiscono con figure di plastilina animate (claymation), qualche pezzo in stile musical! Ovviamente, questa sua incredibile miscela ha ricevuto plausi da alcuni (forse maggiori conoscitori dei sottogeneri giapponesi) ma anche tantissime stroncature da parte di altri.
Personalmente, ho apprezzato solo poche trovate che comunque non giustificano valutazioni complessive positive ma, ripeto, potrebbe esserci tanto altro che i non giapponesi non possono apprezzare. 
Non lo consiglio, anzi suggerisco di evitarlo.

Le oltre 1.400 precedenti micro-recensioni dei film visti a partire dal 2016 sono sul mio sito www.giovis.com; le nuove continueranno ad essere pubblicate su questo blog. 

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