sabato 21 marzo 2020

Micro-recensioni 71-80 del 2020: Kinuyo Tanaka, Yasujirô Ozu e il cinese Mu Fei

Decina tutta dell’Estremo Oriente quasi totalmente giapponese completata da un raro film cinese del 1948, da molti giudicato fra i migliori, se non il migliore, del secolo scorso.
Ben 7 dei 9 giapponesi sono legati al nome di Kinuyo Tanaka una delle più famose e attive attrici nipponiche, 202 film in 42 anni. Ha lavorato con i migliori registi dell’epoca e fra il 1953 e il 1962 ha diretto 6 apprezzati film. In questo gruppo ci sono 4 film di Yasujirô Ozu (3 dei quali muti nonostante si fosse già negli anni ’30) che la vedono protagonista e 3 dei suoi film da regista (in due dei quali ha anche una piccola parte). Fra le sue più famose interpretazioni a livello internazionale, sono quelle nei capolavori di Mizoguchi (Oharu, Sansho, Ugetsu) e lei è la Orin di Narayama di Kinoshita.
   
Love Letters (Kinuyo Tanaka, Jap, 1953)
The Eternal Breast (Kinuyo Tanaka, Jap, 1955)
Love under the Crucifix (Kinuyo Tanaka, Jap, 1962)
Più interessanti i primi due, in classico stile giapponese del dopoguerra, nei quali si notano influenze sia di Ozu che di Mizoguchi; il primo, Love Letters (tit. or. Koibumi, 2 Nomination a Cannes) segna l’esordio alla regia di Tanaka. Entrambi si possono includere nel genere melodramma realistico del dopoguerra; anche il terzo (ultima regia dell’attrice che negli anni successivi sarebbe apparsa solo in un’altra 15ina di film) è un melodramma ma è ambientato alla fine del XVI secolo ed è a colori. 
Koibumi, pur avendo in effetti protagonisti maschili, è centrato sulle donne che, loro malgrado, si dovettero adattare ad accompagnarsi con i soldati americani. A questi sono indirizzate le lettere d’amore del titolo e ogni donna ha una storia diversa. Questa anomala attività di scrivano del protagonista lo farà rientrare in contatto con il suo amore perduto …
La protagonista assoluta di The Eternal Breast è invece una donna, forte, che porta avanti la sua privata lotta per la propria indipendenza, contro i tradizionali principi della buona società giapponese (per lo più maschilisti) e contro il cancro. Se il primo era più sentimentale, questo è certamente drammatico, ma senza dubbio ben realizzato come l’altro.
Il terzo, come anticipato, dà più spazio alla cinematografia approfittando anche del formato (2.35:1), con molti esterni e bella scenografia (costumi e ambienti). In questo caso si tratta di una vecchia passione che si riaccende dopo molti anni ma è inibita da questioni religiose (all’epoca i cattolici era praticamente banditi, se non perseguitati). Queste saranno utilizzate per mettere fuori gioco avversari politici e concorrenti nel fiorente commercio con l’Occidente. Manca di spessore e si muove fra lo scontato e il ripetitivo.

Dove sono finiti i sogni di gioventù?  (Yasujirô Ozu, Jap, 1932)
Woman of Tokyo (Yasujirô Ozu, Jap, 1933)
Dragnet Girl (Yasujirô Ozu, Jap, 1933)
A Hen in the Wind (Yasujirô Ozu, Jap, 1948)
Può sembrare strano, ma nella prima metà degli anni ’30, mentre tutti si davano da fare per adattarsi all’avvento e gran successo del sonoro che fece cadere nell’oblio molti registi e attori che avevano avuto enorme successo con il muto, Yasujirô Ozu continuò a dirigere film muti fino al 1935 e solo nel 1936 uscì il suo primo talkie, The Only Son (tit. or. Hitori musuko). I suoi muti erano di genere molto vario, commedie che includevano visioni ironico/critiche della società giapponese (p.e. Dove sono finiti i sogni di gioventù?), drammi nudi e crudi (Woman of Tokyo) e perfino noir ante litteram (Dragnet Girl). Nei primi due il protagonista è Ureo Egawa, un attore dal volto molto particolare derivante dall’essere nippo-tedesco; negli anni successivi non ebbe grande successo. Come detto, in questi 4 film di Ozu è protagonista (o tuttalpiù co-protagonista) anche l’allora poco più che ventenne Kinuyo Tanaka.
Nell’ambito del cinema giapponese di quei tempi, Dragnet Girl è senz’altro un film insolito e in esso molti hanno voluto vedere l’influenza di von Sternberg e non sono pochi quelli che lo etichettano come antesignano dello stile dei noir americani.
In A Hen in the Wind (1948) si ritrovano invece molti dei temi dominanti del dopoguerra, il ritorno di soldati e prigionieri in Cina che si riuniscono con mogli e a volte figli che non vedevano da molti anni e le riunioni non sono sempre facili.
Tutti film da guardare, sia i 4 diretti da Ozu che i 3 di Kinuyo Tanaka.

   
Spring in a Small Town (Mu Fei, Cina, 1948)
Introspection Tower (Hiroshi Shimizu, Jap, 1941)
Yellow Crow (Heinosuke Gosho, Jap, 1954)
Comincio con l’unico cinese, di un regista che non conoscevo assolutamente, prematuramente scomparso a soli 44 anni con soli 10 film al suo attivo, eppure considerato uno dei migliori registi cinesi di metà secolo scorso. Il suo Spring in a Small Town è tenuto in gran considerazione anche per non essere un film politicizzato o di propaganda come erano la maggior parte degli altri dell’epoca. Mu Fei dirige un ottimo dramma sentimentale in spazi ridotti e con soli 5 attori (3 veri protagonisti). Anche in questo caso c’è un re-incontro fra un medico ed una sua possibile sposa di una decina di anni prima, ora spostata con un suo amico gravemente malato. Tutto ruota attorno ad un sottile intreccio di gelosia, passione, rispetto per l’amicizia e per il coniuge. Una vera sorpresa.
Di Hiroshi Shimizu ho già parlato nei post precedenti ed anche in questo suo film c’è molto realismo che a tratti si avvicina quasi al documentario. Descrive la l’interazione in un collegio per minori “difficili” (quasi riformatorio ma senza alcuna barriera), sia fra i ragazzi e ragazze ospiti, sia fra i giovani e i loro tutori. Film quasi corale molto ben realizzato.
Infine, Yellow Crow di Gosho, del quale avevo apprezzato An Inn at Osaka (1954) visto qualche settimana fa. Per l’ennesima volta si tratta di un ritorno di un uomo che ritorna a casa dopo una decina d’anni ma non riesce a entrare in empatia con il figlio (nato subito dopo la sua partenza). Il protagonista è in effetti il ragazzo (oggettivamente un po’ difficile) che, abituato a vivere da solo con la madre, si trova ora ad avere un padre che non lo comprende ed anche una sorellina che, ovviamente, crea qualche gelosia. Non mi ha convinto più di tanto, ma non è certamente malvagio.

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