domenica 30 agosto 2020

Micro-recensioni 286-290: cinquina molto varia, tutta da guardare

Terminata l’incursione nei noir americani degli anni ’40 e ’50 (con qualche dramma non proprio noir), ecco un gruppo molto eterogeneo, con un’eccellenza di Alain Resnais accompagnata da due più che buoni film di Julien Duvivier, un dramma spagnolo di J. A. Bardem ed una singolare commedia horror demenziale americana; la media IMDb del gruppo è 7,5.
 
Mon oncle d'Amerique (Alain Resnais, Fra. 1980)
Gran bel film assolutamente poco convenzionale, fra Nouvelle Vague e avant-garde, a tratti documentaristico, con numerosi brevissimi inserti di scene tratte da vecchi film con protagonisti Jean Marais, Jean Gabin e Danielle Darrieux che appaiono in atteggiamenti o con espressioni coerenti alla precedente scena del film (Nomination Oscar per la sceneggiatura, Gran Premio della Giuria e FIPRESCI a Cannes).
Alla base del film c’è la ricerca sul condizionamento di Henri Laborit, neurobiologo e filosofo francese che collaborò alla sceneggiatura e a più riprese appare in prima persona per spiegare come i comportamenti umani siano simili a quelli delle cavie sulle quali conduceva i suoi esperimenti. La trama segue tre personaggi diversi con problemi di relazione di coppia e di lavoro che, occasionalmente, si incontrano.
A chi non conosca Alain Resnais ricordo che fu teorico del cinema, punto di riferimento per i registi della Nouvelle Vague (della quale, comunque, non si dichiarò mai partecipe) e che i suoi primi due film sono i famosi e acclamati (almeno fra i cinefili) Hiroshima mon amour (1959) e L'Année dernière à Marienbad (1961), entrambi Nomination Oscar per la sceneggiatura e vincitori di tanti importanti premi internazionali.

Voici le temps des assassins... (Julien Duvivier, Fra, 1956)
Interessante noir francese, quasi un thriller, generi nei quali Julien Duvivier fu più apprezzato anche se non disdegnava popolari film di cassetta. Fra i primi ci sono gli indimenticabili Pépé le Moko (1937) e Panique (1946), fra i secondi è bene ricordare che fu lui a dirigere i primi due film della saga di Don Camillo: Don Camillo (1952) e Il ritorno di don Camillo (1953). Questa fu l’ultimo dei 7 film nei quali diresse Jean Gabin, che qui interpreta un apprezzatissimo ristoratore nel quartiere dei mercati generali parigini, Les Halles. Dopo una ventina di anni dalla separazione con la moglie, improvvisamente compare una giovane che dice di esserne la figlia e da questo punto in poi si susseguono finzioni e trame diaboliche, condite con minacce, calunnie, furti e qualche morto … quali sono le verità e quali le bugie?
Assolutamente consigliato. 
  
La belle équipe (Julien Duvivier, Fra, 1936)
Sempre di Duvivier è questa commedia drammatica, anch’essa interpretata da Jean Gabin al cui lato si fanno notare anche Charles Vanel e Charpin. Cinque amici che vivono più o meno di espedienti, uno dei quali in fuga dalla guerra civile spagnola, vincono una consistente somma alla lotteria e decidono di aprire un ristorante/balera, ma andranno incontro a vari imprevisti. Si deve sottolineare che di questo film ci sono due finali di taglio molto diverso; quello originale è drammatico e lascia l’amaro in bocca e di ciò se ne resero subito conto i produttori che quindi lo cambiarono in uno molto più ottimista (io avrei optato per una terza soluzione …). In rete si trova una versione che comprende entrambe i finali nei quali si notano varie scene in comune. Da guardare, anche se la trama è molto leggera ed in buona parte scontata.

Cómicos (Juan Antonio Bardem, Spa, 1954)
Juan Antonio Bardem era membro di una famiglia di cineasti, zio dell’oggi famoso Javier, ed è ricordato e apprezzato soprattutto per i suoi primi film, degli anni ’50. Questa fu la sua seconda direzione, seguita dai suoi migliori prodotti, vale a dire Calle Mayor (1955) e Muerte de un ciclista (1956) … consigliati entrambi.
Qui la trama si sviluppa in seno ad una piccola compagnia teatrale itinerante, mal messa eppure di un certo livello. Ben presentati sono i personaggi, la prima attrice che pretende di essere inamovibile, l’impresario, il capocomico, attrici di belle speranze, quelli che a stento sopravvivono con la misera paga. Buona descrizione di tale ambiente, nella disastrata Spagna degli anni ’50.

Tucker & Dale vs Evil (Eli Craig, USA, 2010)
In effetti ri-visto in compagnia un paio di settimane fa, aveva rinviato queste poche parole per non interrompere il flusso noir e drammi americani di metà secolo scorso.
Incentrato sul genere horror, rovescia i ruoli e fin dall’inizio appare chiaro che i due hillbilly sono tanto buoni e innocui quanto incapaci, specialmente nelle relazioni sociali. Questa loro attitudine stravagante viene continuamente mal interpretata da un gruppo di studenti in vacanza e sarà causa di una serie incredibile di incomprensioni, conclusioni affrettate ed equivoci che, a loro volta, porteranno a incidenti e morti di ogni genere, quasi tutte tendenti al gore e allo splatter. Una volta capito l’andazzo, è facile prevedere chi sarà il prossimo a soccombere anche se non sempre si sa esattamente come.
I riferimenti a noti film sono chiari, a cominciare da The Texas Chain Saw Massacre (1974, aka Non aprite quella porta). Particolarmente apprezzato dagli amanti del genere horror, ha i suoi meriti e chi è di ampie vedute (cinematografiche) non se lo dovrebbe perdere. Lo confermano i rating, con 7,5 su IMDb e un più che meritato 85% di recensioni positive su RT (su 113) e con la prima che recita: Here's something you don't see every day: a genial, politically correct splatter comedy.

#cinegiovis #cinema #film

2 commenti:

  1. Molto carino Tucker & Dale vs Evil, nel mescolare il genere horror al comico mi ha ricordato La casa 3, l'armata delle tenebre

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  2. Appena terminato Mon Oncle d’Amerique, film molto originale per struttura e direi anche per montaggio. Nonostante i numerosi intrecci tra le storie che coinvolgono i protagonisti, una sceneggiatura di alto livello mantiene il film sempre scorrevole.

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