sabato 8 agosto 2020

Micro-recensioni 261-265: solo Siodmak, non solo noir

Cinque film abbastanza diversi fra loro diretti da Siodmak a metà anni ’40; tre di essi hanno in comune la presenza di Ella Raines, attrice dallo sguardo magnetico -evidentemente apprezzata dal regista - che in quell’epoca ebbe gran fama ma la sua carriera fu brevissima, una ventina di film in 10 anni. Al contrario, i protagonisti maschili sono tutti diversi ma di gran qualità a prescindere dalla notorietà: Victor Mature, Richard Conte, George Sanders, Gene Kelly, Charles Laughton.
 
Cry of the City (Robert Siodmak, USA, 1948)
L’unico vero e classico noir di questo gruppo. Protagonisti sono due italoamericani che si conoscono dall'infanzia ma che hanno preso strade diverse, uno è tenente della omicidi, l'altro un balordo privo di scrupoli con reati di ogni tipo sulla coscienza, fra il quali l'omicidio di un poliziotto. Ben strutturato, pieno di twist piazzati al momento giusto, scorrevole e rapido pur se con poca vera azione. Tuttavia, la regia mi è sembrata poco solida e specialmente nel montaggio mi è sembrata carente. Perfetti i due interpreti principali: Victor Mature (il poliziotto Lt. Candella) e Richard Conte (il criminale Martin Rome). Molto ben descritti anche i rapporti fra i membri della famiglia (numerosa) Rome, con la classica madre italoamericana (probabilmente di prima generazione) che si preoccupa per tutti. C’è anche tanto italiano dei dialoghi ma nella v.o. che ho visto non c’è traccia di sottotitoli … gli americani capivano tutto?
Interessanti anche i tanti personaggi di contorno, avvocato ricettatore, medico senza licenza, infermiera, massaggiatrice, … fra gli interpreti c'è anche una giovane Shelley Winters.
Nonostante le succitate pecche, lo consiglio.

The Suspect (Robert Siodmak, USA, 1944)
Noir sui generis, è ambientato a Londra all’inizio del secolo scorso e non si sviluppa nel mondo del crimine bensì in una famiglia borghese benestante. I coniugi di mezza età e senza figli tuttavia non vanno per niente d’accordo e l’apparizione della giovane e avvenente Mary Gray (interpretata da Ella Raines) porterà lo scompiglio nella famiglia. Ennesima ottima prova di Charles Laughton, protagonista assoluto del film; purtroppo per lui, sarà “perseguitato” dal flemmatico ispettore Huxley di Scotland Yard. Ironico e in più occasioni divertente, in particolare nei battibecchi fra marito e moglie.
Il finale sembra un po’ edulcorato, probabilmente anche in questo caso la ragione deve essere individuata nel Code (vedi commento seguente). Consigliato.
  
The Strange Affair of Uncle Harry (Robert Siodmak, USA, 1945)
Palesemente rovinato dalla scelta del finale, cosa che causò addirittura le dimissioni del produttore esecutivo, in pieno disaccordo come tanti. Furono proposte e girate ben 5 diverse conclusioni; non conosco le altre ma quella inserita nella pellicola che giunse nelle sale è certamente deludente, assolutamente insensata e dissonante rispetto a quanto mostrato in precedenza. Oltretutto tradisce il finale dell’omonimo lavoro teatrale dal quale è tratto. Chiaramente la causa è da individuare nell’obbligo di rispettare il Motion Picture Production Code, la serie di regole molto prossime alla censura che fra il 1934 e il 1968 condizionò (in negativo) tanti film potenzialmente più che buoni rendendoli poco credibili e stravolgendo nelle ultime scene i caratteri di personaggi. Ottimamente interpretato da George Sanders e dalle attrici che vestono i panni delle 4 donne che lo circondano.

Christmas Holiday (Robert Siodmak, USA, 1944)
Tratto da un racconto di Somerset Maugham, Nomination Oscar per il commento sonoro. Sorprende la presenza di Gene Kelly che non accenna neanche un passo di ballo e se la cava più che dignitosamente come attore vero e proprio.
Si basa su due storie parallele, messe insieme da un incontro casuale che porta a galla le storie sentimentali dei due perfetti sconosciuti facendo riconsiderare loro alcune valutazioni e conseguenti programmi. Gli indispensabili flashback sono ben organizzati e i dialoghi ovviamente di livello visto che per lo più sono frutto della penna di Maugham.

Time Out of Mind (Robert Siodmak, USA, 1947)
Il più deludente del gruppo, strano soggetto per Siodmak, senza morti e senza polizia, un dramma famigliare puro e semplice, con un padre despota e un figlio con poca spina dorsale, che si fa condizionare dalle donne che lo circondano e si rifugia nell'alcol.  

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