Sleep, My Love (Douglas Sirk, USA, 1947)
Ancora una volta un regista di scuola
tedesca emigrato oltreoceano. Specialmente nelle tante scene in interno si nota
l’influenza dello stile che i vari Lang, Siodmak, Lubitsch,
von Sternberg, Wilder, Curtiz e altri introdussero a
Hollywood. Nel solido cast si distingue Don Ameche, ben supportato non
solo dai coprotagonisti Claudette Colbert, Robert Cummings, ma
anche dai vari caratteristi che ricoprono gli altri ruoli.
Essendo difficile dire qualcosa della
interessante trama senza fare spoiler, seppur non fondamentali, dico solo che
si tenta di far passare per insana di mente la protagonista, con l’aiuto di
vari singolari personaggi, alcuni conniventi, altri assolutamente ignari della diabolica
trama. Buona sceneggiatura, ben messa in scena, con ottima scelta dei tempi.
Larceny (George Sherman,
USA, 1948)
I protagonisti sono un gruppo di
truffatori (non troppo affiatati) che agiscono nell’ambiente dell’alta società,
dove i dollari circolano in quantità e senza tanti problemi. Ovviamente, si
devono creare personaggi, storie, background e “garanzie” per ottenere la
fiducia delle loro vittime. Trama ben costruita e con tanti twist, fino al movimentato
finale, anche se in buona parte prevedibile. L’elemento di disturbo è l’infida,
bellicosa, passionale e incontrollabile Tori che, a causa del suo carattere “esuberante”,
mette a rischio l’intera operazione truffaldina. L’interpreta una ottima Shelley
Winters che all’epoca, giovane e snella, interpretava frequentemente ruoli
di femme fatale o ragazza del boss di turno, come in questo caso, ma tutt’altro
che sottomessa … (nella foto al lato è con Dan Duryea).
Un noir originale che merita la visione.
High Wall (Curtis Bernhardt,
USA, 1947)
Un pilota di rientro dall’Indocina dopo
2 anni di assenza si ritrova implicato nell’assassinio di sua moglie. A causa
di un precedente incidente che aveva causato danni cerebrali e successiva
operazione, soffre di perdita di memoria e confessa di averla uccisa. Una
dottoressa dell’ospedale psichiatrico nel quale si deve stabilire il suo stato
mentale non crede alla sua colpevolezza e da qui in avanti gli avvenimenti
diventano sempre meno credibili. Idea di partenza non malvagia, ma si perde fra
parte legale, clinica e azione. Appena sufficiente.
Kiss the Blood Off My
Hands (Norman Foster, USA, 1948)
Deludente … i due famosi attori
protagonisti Burt Lancaster e Joan Fontaine (sorella minore di Olivia
de Havilland) non riescono e rendere credibile questa storia ambientata a
Londra nell’immediato dopoguerra. Lei infermiera lui reduce da un campo di
prigionia nazista, soggetto a scatti di violenza. La trama ha molto poco di
plausibile e si sviluppa in modo lento e poco coinvolgente.
Evitabile.
I Wouldn't Be in Your
Shoes (William Nigh, USA, 1948)
Il titolo si riferisce in modo sottile
alla causa della condanna a morte di un innocente che faceva del ballo la sua
professione; le sue scarpe sono l’indizio principale del suo coinvolgimento
nell’assassinio. I tempi sono molto mal gestiti e i flashback e la voce fuori campo
creano ulteriore confusione. Il soggetto era potenzialmente buono ma è stato
adattato in modo insoddisfacente.
Evitabile.
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