domenica 7 giugno 2020

Micro-recensioni 201-205: un capolavoro di Ford, 3 francesi e …

Cinquina di presunta alta qualità (mediamente IMDb 7,5 e RT 94%), ma con alti e bassi.  Due eccellenti sorprese, entrambe del 1935, un onesto film di una dozzina di anni fa (più che buono) e due visioni deludenti. 
The Informer (John Ford, USA, 1935) 4 Oscar e 2 Nomination
Come anticipato, si tratta di un ottimo film di John Ford, trovato per caso. E’ ambientato a Dublino nei primi anni ’20, in piena guerra civile (o di indipendenza) irlandese, durante la quale si affrontarono i paramilitari inglesi Black and Tans e i partigiani dell'IRA.
Veramente eccellente nel complesso, è ottimamente interpretato sulla base di una interessante sceneggiatura che non mostra scontri fra i due bandi, ma ruota attorno alla relazione tra il protagonista e una prostituta che sogna di andare in America e alle indagini svolte dai patrioti irlandesi che devono necessariamente scoprire chi sia il delatore … se lasciato in circolazione, potrebbe portare alla disintegrazione dell'intera cellula. Un crescendo di tensione tra bugie e false accuse, con un improvvisato processo in un sotterraneo e una resa dei conti più lunga di quanto ci si potesse aspettare. In italiano il titolo è diventato Il traditore, traduzione che mi sembra una forzatura … un delatore (o informatore) è abbastanza differente da un traditore pur essendolo certamente.
Il personaggio principale Gypo è molto bene interpretato dal massiccio Victor McLaglen (ottenne l'Oscar come protagonista) che molti ricorderanno in tanti altri film seppur ma quasi sempre in ruoli secondari.
Veramente un ottimo film, consigliatissimo.

Toni (Jean Renoir, Fra, 1935)
Altra scoperta casuale è stata quella di Toni, dramma sceneggiato e diretto da Jean Renoir, nell'ambiente degli immigrati italiani e spagnoli nel sud della Francia, in ambito sostanzialmente rurale e povero nel quale, però, l’onestà e la solidarietà vengono corrotte da gelosie, tradimenti e questioni economiche. Tutto questo porterà inevitabilmente ad azioni violente che in più casi colpiranno, come spesso accade, anche deboli e innocenti. 
Da guardare.
Dialogue avec mon jardinier (Jean Becker, Fra, 2007)
Altro film francese di questo gruppo, molto ben pensato e realizzato, ricorda molto quelli di Eric Rohmer, nei quali - agli occhi dei superficiali - succede poco o niente essendo l'attenzione rivolta soprattutto alle sensazioni, alle idee e allo stile di vita di persone assolutamente “normali”, alle prese con la vita “comune”. I dialoghi sono scorrevoli e spesso arguti e possono suggerire interessanti argomenti per discussioni filosofiche, morali e sociologiche. Non è eccezionale, ma senza dubbio piacevole e ben messo in scena ed interpretato.
Merita una visione, specialmente da parte di chi apprezza Rohmer.

Masculin féminin (Jean-Luc Godard, Fra, 1966)
Probabilmente il più conosciuto fra i 3 francesi di questo gruppo, certamente il più deludente. Guardo i film di Godard più che altro per completezza e quasi sempre rimango stupito dagli ottimi rating di cui tuttora godono i suoi film. Se era ed è comprensibile l’elogio dello stile di rottura della Nouvelle Vague francese (della quale Godard fu uno degli esponenti più arditi), non capisco perché si continui a dire che tutti i film appartenenti a tale genere sono buoni. L'idea poteva essere pregevole ed è giusto lodare alcune innovazioni, ma ciò non è sufficiente per osannare qualunque film di tale genere. Come altri risulta ripetitivo, essendo caratterizzato da lunghe inquadrature fisse, talvolta con chi parla fuori campo, dialoghi più o meno insensati, commenti relativi al socialismo e ai suoi oppositori reazionari, libertà dei giovani e via discorrendo.
Sceneggiato dallo stesso Godard e vagamente ispirato a scritti di Guy de Maupassant, è diviso in 15 scene che trattano dei rapporti personali in un gruppo di giovani parigini, con un protagonista dall’atteggiamento arrogante e privo di logica, che non si capisce come sia sopportato dagli altri. Nel film vedo ben poca arte cinematografica e quindi non ripeto le lodi degli altri.

Lilja 4-ever (Lukas Moodysson, Sve/Den, 2002)
L'ultimo di questo gruppo è una coproduzione dano-svedese, ma tratta di una ragazza russa circuita e inviata in Svezia dove, invece di trovare la sognata nuova vita e un lavoro, sarà costretta a prostituirsi. La parvenza di analisi sociale, sia di quella degradata di un piccolo paese russo che quella della benestante borghesia svedese, risulta superficiale e poco convincente. Il finale, se ha il merito di essere a sorpresa, viene proposto in modo confuso e poco soddisfacente. Visione evitabile.

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