lunedì 6 gennaio 2020

Consuntivo dei 409 film guardati nel 2019

Nella pagina con i link alle ultime micro-recensioni 2019 ci sono anche quelli alle pagine con i link a oltre 1.500 film visti dal 2016.

Come tutte le liste simili (non classifiche che sono impossibili da stilare) la scelta è sempre molto soggettiva e hanno gran peso le particolarità di determinati film, l’ambientazione (in particolare quelle in realtà più o meno sconosciute per motivi geografici o temporali). Nei vari gruppi che ho composto tengo anche conta dell’aspettativa, vale a dire rating per i film d’epoca, recensioni per i film attuali. In quest’ultimo settore comincio con quelli che si potrebbero definire deludenti, ma per niente scadenti, dopo averne sentito parlare tanto ed in termini entusiastici. Su tutti spiccano The Irishman (di Scorsese), Parasite (di Joon-ho Bong) e, a inizio anno Roma (Cuaron), Joker (di Todd Pkllips). E il disappunto è ancor maggiore se si considerano i budget per la produzione e quelli per la promozione (per Roma si spese di più per il lancio che per la realizzazione effettiva!)
A questi si possono aggiungere Shoplifters (di Hirokazu Koreeda), The Ballad of Buster Scruggs (dei Coen), BlacKkKlansman (Spike Lee), Burning (di Chang-dong Lee), ciascuno con qualche merito, fino al pessimo Knives Out (di Rian Johnson).
Al contrario, fra gli altri, alcuni dei quali molto discussi, quelli che mi hanno positivamente sorpreso (ma non per questo sempre migliori dei precedenti) ci sono Once Upon a Time in Hollywood (di Quentin Tarantino), Rocketman (di Dexter Fletcher), Dolor y Gloria (di Pedro Almodóvar), The Lighthouse (di Robert Eggers), The House That Jack Built (di Lars von Trier), Portrait de la jeune fille en feu (di Céline Sciamma).
 

Fra i recuperi di film del passato, per lo più a me sconosciuti, mi sono molto piaciuti I was born, but …  (di Yasujirô Ozu, 1932) un muto di gran qualità, Black River (1957) l’unico noir di Masaki Kobayashi, Elmer Gantry (di Richard Brooks, 1960) con un eccellente Burt Lancaster, nonostante sia una Ghost Story (titolo internazionale) in Kwaidan (1964) Kobayashi raggiunge vette altissime in quanto a immagini e colori, il coreano Chunhyang (di Kwon-taek Im, 2000) mi ha fatto conoscere una storia tradizionale, portata sullo schermo oltre 20 volte, nonché lo stile teatrale del pansori, infine Nebraska (di Alexander Payne, 2013) che cercavo da tempo.
Ciò per quanto riguarda le mie novità, ma anche quest’anno non ho trascurato le “indagini” andando a recuperare tutti i film di Andrei Tarkovsky che mi mancavano (e per fortuna in sala) quali Lo specchio (1975) e Stalker (1979) (altri due suoi capolavori). Restando oltrecortina, dopo la visione di Ray (Paradise, 2016) sono andato a recuperare altri film di Andrey Konchalovskiy come Siberiade (1979), The Postman's White Nights (2014) e un paio di acclamati classici degli anni ’60, tempi di guerra fredda: Il padre del soldato (1965, di Rezo Chkheidze) e La Commissaria (1967, di Aleksandr Askoldov). E, andando a ritroso, non ho trascurato i capolavori di Sergei Eisenstein dei decenni precedenti quali Alexander Nevsky (1938) e i 2 Ivan Groznyi (1944 e 1958), per finire a guardare il film eccezionale/sperimentale di Dziga Vertov (che non ero ancora riuscito a guardare per bene) L'uomo con la macchina da presa (1929).

 

Da questo a parlare di un paio di film che si potrebbero definire documentari ma non lo sono il passo è breve. Uno è Lumiere! (2016, di Thierry Frémaux), un’antologia commentata di oltre 100 film di 50” ciascuno dei famosi fratelli e Me llamaban King Tiger (2017, di Angel Estrada Soto) che illustra la storia di uno straordinario personaggio che, più o meno da solo, sfidò l’establishment USA, la giustizia, il Congresso, la CIA. 
E ciò mi dà lo spunto per passare a citare un buon gruppo di film “etnici” che, pur contando su pochi mezzi e budget limitati, mostrano aspetti di culture sconosciute e/o problemi politici e sociali e/o periodi storici dei quali si sa molto poco.
Non mi sono fatto mancare una approfondita ricerca con qualche nuova visione fra i muti espressionisti e quelli immediatamente successivi dei tanti registi mitteleuropei che poi si trasferirono oltreoceano facendo la fortuna di Hollywood; classici che non deludono mai, anzi sembrano migliorare con il passar del tempo anche per la pochezza di gran parte delle produzioni moderne, tutte effetti e poca sostanza cinematografica pura:
* Fritz Lang - i Nibelunghi (1924), Metropolis (1927, restauro del 2010 – ma si dovrebbe dire ricostruzione), M - il mostro di Dusseldorf (1931)
* Robert Wiene – nei cui film si apprezzano le migliori scenografie espressioniste in assoluto Il gabinetto del Dr. Caligari (1924, restaurato), Genuine: The Tragedy of a Vampire (1920) e Orlac's hands (1924)
* Josef von Sternberg – dagli ultimi muti europei quali The Last Command (1928) all’inizio della sua carriera americana con The Docks of New York (1928), Dishonored (1931), The Shangai Gesture (1941)
Rimanendo in tema muti Europei, G.W. Pabst con Joyless Street (1925, nel quale lanciò Greta Garbo), Diario di una donna perduta e Lulù (entrambi del 1929 e con la star americana dell’epoca Luise Brooks), L’opera da tre soldi (1931). 


 

Poi è venuto il turno dell’eccezionale film d’animazione in stile teatro delle ombre cinesi Le avventure del principe Achmed (1926, di Lotte Reiniger) e il kolossal Napoleon (1927, di Abel Gance), due assolute novità per me, ma tutti i film di questo gruppo d'epoca sono da visionare con attenzione.
Tralasciando di citare molti classici moderni ri-guardati con molto piacere e varie argute e divertenti commedie semi-demenziali (genere che mi diverte se di un certo livello e non volgare), chiudo segnalando 3 ottimi western che non avevo mai sentito nominare, dalla struttura molto anomala e originale: The Ox-Bow Incident (aka Alba fatale, 1943 di William A. Wellman) e due film di John Sturges, un maestro in questo campo: Bad Day at Black Rock (1955) e Last Train from Gun Hill (1959). 
   
Qualunque siano i vostri gusti e per quanti film possiate aver visto nel corso della costar vita da cinefili, a ben cercare troverete sempre molti altri titoli sorprendenti.

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