Notorius (1946)
Penso che questo sia il più conosciuto di questo gruppo, ma a dire il vero prende quota e corpo solo nella seconda metà, quando la tensione sale alle stelle fra sospetti e intrighi internazionali. La serie di scene che ruota attorno alla chiave della cantina che passa di mano in mano e che infine dovrebbe tornare al proprio posto è nel suo complesso un vero indimenticabile capolavoro della suspense. Nei panni dell’infido Alex Sebastian si distingue Claud Rains (il Capitano Louis Renault in Casablanca, 1942) in una delle sue migliori interpretazioni, che gli valse una delle due Nomination Oscar di questo film, l’altra fu per la sceneggiatura. Cary Grant fa la sua brava parte (stavolta drammatica), meno convincente la prova di Ingrid Bergman che, come ebbi già modo di dire, sembra che abbia avuto successo più per l’aspetto che per le interpretazioni (come tante altre, del resto).
A proposito della famosa chiave UNICA, ho letto questo curioso seguito. Terminate le riprese Cary Grant volle tenere la chiave per sé e pochi anni dopo la regalò alla sua co-protagonista Ingrid Bergman, dicendole che a lui aveva portato fortuna e sperava che ciò si avverasse anche per lei. Molti anni più tardi, in occasione di un tributo a Hitchcock, l’attrice consegnò la chiave al regista con grande gioia e sorpresa di quest’ultimo. Aggiungo che ciò dimostra che anche un piccolo, semplice, comune oggetto - se utilizzato a dovere - può fare la fortuna di un film, senza bisogno di ricorrere agli abusati moderni effetti speciali.
Rope (1948)
Apprezzato per vari motivi: la sceneggiatura derivata da un dramma teatrale, la prima delle 4 collaborazioni di James Stewart con Hitchcock, l’ottimo adattamento dei testi dall’originale inglese ai dialoghi americani a causa della diversa sensibilità rispetto all’omosessualità e alle classi sociali, il particolarissimo montaggio. In quanto a quest’ultimo, c’è da notare che il film è costruito con meno di una decina di piani sequenza anche se alcuni sono ottenuti con l’artificio di una dissolvenza su elementi scuri (dorsi di giacche e coperchio panca), scelta obbligata in quanto all’epoca la bobina di pellicola durava solo una decina di minuti. I dialoghi sono pieni di allusioni e doppi sensi, frasi normalmente innocue ma che, volendo, possono essere interpretate diversamente, quasi in termini minacciosi. Non mancano le battute argute e divertenti affidate soprattutto alla svampita zia del morto, alla governante e al protagonista Rupert. Un’altra particolarità risiede nel trailer nel quale si mostra l’antefatto che non viene poi riproposto nel film; dopo l’arrivederci della vittima alla fidanzata James Stewart commenta “e quella fu l’ultima volta che lo vide …”. Pare che il soggetto del singolare delitto si riferisca vagamente ad un avvenimento reale degli anni ’20, ripreso poi più fedelmente nell’ottimo Compulsion (1959, di Richard Fleischer, con Orson Welles – recuperatelo se potete).
Lifeboat (1944) * 3 Nomination Oscar (regia, sceneggiatura e fotografia)
Tutto il film si svolge su una scialuppa di salvataggio sulla quale, a seguito dell’affondamento di una nave silurata da un sottomarino tedesco (anch’esso colato a picco), salgono alla spicciolata 9 naufraghi di provenienze e professioni molto diverse. Nei giorni che passeranno più o meno alla deriva chiaramente la convivenza diventerà sempre più difficile ed il gruppo inevitabilmente si assottiglierà. Come è facile intendere, il canovaccio è ben diverso dai soliti e, date le limitate dimensioni della barca, Hitchcock si trova quindi a dirigere un film drammatico con un set quasi teatrale nel quale, ovviamente, si deve contare molto sugli attori. Ciononostante riesce ad inserire vari tocchi di commedia e il suo solito cameo ma, considerato l’ambiente e periodo bellico (1944) era inevitabile che ci fosse anche tanta propaganda accompagnata da luoghi comuni, come del resto molti dei suoi film dell’epoca. Alla sceneggiatura collaborò John Steinbeck, autore anche del soggetto. Non fra i migliori del regista (anche per i suddetti oggettivi limiti), certamente non fra i più famosi, Lifeboat resta tuttavia un prodotto d’autore che merita una visione.
Non è fra i titoli più famosi, probabilmente anche grazie a quello pessimo italiano Io ti salverò (spellbound = incantato, ammaliato, affascinato). Il film viene comunque ricordato per essere il primo dei tre che vedono protagonista Ingrid Bergman - gli altri due sono l’immediatamente successivo Notorius (1946) e Under Capricorn (1949, nella prossima cinquina) – e, soprattutto, per la rappresentazione del sogno/incubo del protagonista (interpretato da Gregory Peck) con i disegni di Salvador Dalì (guarda il video in basso). Film di tema psichiatrico non del tutto avvincente ed in vari avvenimenti abbastanza scontato. Oltretutto, ancora una volta Hitchcock non convince nelle scene dinamiche come quelle in mare e in questo caso nella discesa con gli sci … le sue specialità (apprezzatissime) restano invece gli interni, le ombre, i particolari e i dettagli e, soprattutto i tempi giusti che creano suspense.
The Paradine
Case (1947)
Si tratta del film meno interessante di questo gruppo. Annunciata nei
titoli di testa come la nuova Selznick star la protagonista è Valli
(questo fu il suo nome artistico, scritto sempre in corsivo, di Alida Valli in
USA, dove interpretò anche il film che più la rese famosa a livello mondiale The
Third Man (1947, di Carol Reed, al fianco di Orson Welles
e Joseph Cotten).
L’omicidio (o suicidio?) c’è già stato e non viene mai mostrato, il film si dipana fra una quasi love story e un processo, restando a dir poco sotto tono sia nel genere court room movie sia in quello romantico. Inoltre, avendo ben poco da dire e scarsa suspense, le quasi due ore di durata risultano eccessive. Nomination per Ethel Barrymore non protagonista.
Questa discettazione ha generato in me una gran curiosità per Rope :)
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