lunedì 25 maggio 2020

Micro-recensioni 181-185: altri 5 noir, tutti americani

I due noir classici di metà secolo non deludono e, a sorpresa, anche il più recente del 1994. Pessimi, sotto ogni aspetto gli altri due, un inutile remake e un film senza né capo né coda.
Lured (Douglas Sirk, USA, 1947)
Più crime/thriller che noir, comunque ben diretto e interpretato. Cast di attori navigati che non deludono, dai protagonisti George Sanders e Lucille Ball ai coprotagonisti e a quelli che appaiono solo in poche scene fra i quali spiccano noti caratteristi come il premio Oscar Charles Coburn, Boris Karloff e Joseph Calleia. Varie situazioni sono scontate, ma non mancano le sorprese; anche quando per gli spettatori diventa abbastanza evidente chi sia l’assassino, restano molti minuti con il dubbio di se e come verrà incastrato. 

The Desperate Hours (William Wyler, USA, 1955)
Mi ha ricordato molto il soggetto di Suddenly (1954, con Frak Sinatra protagonista), film nel quale similmente tre gangster sequestrano una famiglia nella loro propria casa, anche se background e obiettivi dei malviventi sono diversi. Thriller psicologico, con tre evasi che scelgono di rifugiarsi in una casa borghese in attesa di ricevere una certa quantità di denaro sufficiente per continuare la fuga. Situazione gestita con difficoltà da Humphrey Bogart che, oltre ai 4 membri della famiglia, deve controllare i suoi compagni di fuga, vale a dire suo fratello minore (spesso in disaccordo) e uno psicopatico incline alla violenza. 
Film che merita una visione, anche per la regia di William Wyler (4 Oscar e 9 Nomination) che anche stavolta non delude.
 
The Last Seduction (John Dahl, USA, 1994)
Mi ha lasciato un po’ perplesso all’inizio per la troppa componente sessuale, ma con il procedere della storia ciò viene ampiamente giustificato essendo “arma” essenziale per le trame della protagonista. Si perde un poco nei dettagli e nella descrizione dei personaggi, la maggior parte dei quali tanto svegli non sono. Tuttavia si apprezzano originali e brillanti soluzioni a situazioni apparentemente con poche vie d’uscita … fino alla fine. Ben diretto con passo rapido, soffre però anche di interpretazioni poco convincenti. Peccato, perché con la stessa sceneggiatura ma con un cast più affidabile sarebbe stato molto migliore. Comunque, vale la pena di guardarlo. 

Trouble in Mind (Alan Rudolph, USA, 1985)
Film molto deludente, con attori di un certo nome ma ciò non significa che siano bravi, diretto da un beniamino di Altman, ma ben lontano dai livelli del maestro. Personaggi senza senso non possono dare corpo ad una sceneggiatura ridicola, ambientata in una fantomatica cittadina di chissà quale paese, controllata da una tale milizia che non entra in alcun modo con le vicende dei protagonisti. Kris Kristofferson inerte come al solito, Keith Carradine inutile (solo in The Duellists riuscì ad essere decente, comunque oscurato da Harvey Keitel), Lori Singer non convince e fra loro Geneviève Bujold sembra quasi una grande attrice. Non capisco l’82% di recensioni positive su Rotten Tomatoes … personalmente suggerisco di evitarlo.

Casbah (John Berry, USA, 1948)
Veramente pessimo. C’è da chiedersi perché fu prodotto questo remake di un ottimo film francese (l’originale Pepè le Mokò, 1937) e di un primo remake americano (Algiers, 1938), con interpretazioni scadenti (anche il migliore, Peter Lorre, delude molto), set ridicoli e storia cambiata in peggio. Ancor più stana è la candidatura all’Oscar per la musica che appare nettamente fuori contesto così come canzoni e coreografie che poco o niente hanno di arabeggiante. E sì, perché c’è anche una parte in stile musical, oltre alla penosa storia romantica. Anche Totò le Mokò, è migliore di questo Casbah. L’ho guardato per curiosità, sinceramente ve lo sconsiglio.

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