domenica 12 aprile 2020

Micro-recensioni 116-120: film turchi pluriremiati, 4 di Nuri Bilge Ceylan

Resto in Medio Oriente spostandomi di poco, dall'Iran alla confinante Turchia. Questa nazione ha una lunga tradizione cinematografica, ma molto altalenante e solo raramente ha prodotto film che superano i confini nazionali, come tutti i 5 appena visti. Infatti, solo a partire dal 1997 il cinema turco ha ottenuto vera visibilità nel mondo del cinema d'élite, con l'esplosione del fenomeno Nuri Bilge Ceylan (noto anche con l'acronimo NBC).

Dry Summer (Metin Erksan, Tur, 1963)
Dramma rurale per una classica disputa sull’utilizzo dell’acqua di una sorgente, soggetto che ha fornito spunto per tanti western. In questo caso si tratta di due fratelli (di caratteri molto diversi fra loro) che, andando incontro alla siccità estiva, bloccano il flusso d’acqua verso valle. Ovviamente, tutti gli altri contadini a valle protestano, si comincia con le minacce, poi si passa a un po’ di violenza e si procede per vie legali, finché non ci scappa il morto e il dramma precipita anche all’interno della famiglia dei proprietari della sorgente. Molto ben realizzato, in stile realistico, con un’ottima fotografia b/n. Nel 1964 vinse sia l’Orso d’Oro a Berlino che il premio della Biennale di Venezia, non a caso si trova nella Criterion Collection ed è sponsorizzato da Martin Scorsese.

Kasaba (Nuri Bilge Ceylan, Tur, 1997)
Uzak (Nuri Bilge Ceylan, Tur, 2002)
Once Upon a Time in Anatolia (Nuri Bilge Ceylan, Tur, 2011)
Winter Sleep (Nuri Bilge Ceylan, Tur, 2014)

Dopo Dry Summer, ho guardato 4 film di Nuri Bilge Ceylan, stella indiscussa degli ultimi 20 anni. Con soli 8 lungometraggi ha ottenuto ben 96 premi, fra i quali Premio Caligari per Kasaba (1997) e Orso d'oro per Clouds of May (1999) a Berlino, poi è diventato ospite quasi fisso a Cannes guadagnandosi il Grand Prix per Uzak (2002) e Once Upon a Time in Anatolia (2011), premio FIPRESCI per Climates (2006), miglior regia per Three Monkeys (2008), Palma d'oro e FIPRESCI per Winter Sleep (2014), tutti anche candidati alla Palma d’oro compreso il suo più recente The Wild Pear Tree (2018). Di tutti i suoi film è sceneggiatore o cosceneggiatore insieme con sua moglie Ebru Ceylan.
Man mano che procedevo nella visione di questi suoi 4 film, notavo sempre più somiglianze (ispirazioni) con stili e tecniche di Tarkovski, Ozu e Bergman e, a conferma di ciò, ho trovato la lista dei suoi 10 film preferiti che contiene – guarda caso – 2 film di ognuno dei suddetti registi e altri due ciascuno di Antonioni e Bresson. Se deciderete di guardare i suoi film, ora sapete cosa vi aspetta.
Vengo ora ai 4 visti, che si vanno a sommare a Clouds of May guardato ad aprile scorso.
Pur essendo sempre focalizzati sui personaggi, sui loro problemi esistenziali e di relazione con familiari ed estranei, i film sono di genere molto diverso; tutti hanno comunque altri tratti comuni come l’attenzione alla natura, agli animali e alla fotografia (NBC è anche un fotografo).
In Kasaba (1997), suo primo lungometraggio, l’unico in b/n, descrive la vita di una intera famiglia, che abbraccia 3 generazioni, in un’area rurale dell’interno, fra i ricordi e la saggezza degli anziani, le indecisioni di un giovane che dovrebbe iniziare una vita indipendente, la pacatezza di una ragazza adolescente e l’irrequietezza di un ragazzino. Lo si potrebbe definire un film bucolico.

Ben diverso è Uzak (2002), l’unico che si svolge a Istanbul ma si basa sul confronto fra due cugini nati e cresciuti in un paesino di campagna. Uno vive già da anni nella capitale ed ha un lavoro stabile come fotografo e ospita l’altro venuto in città in cerca di lavoro. Li unisce solo l’insoddisfazione, e i loro caratteri diversi non troveranno un punto d’incontro.
Un crime al limite della dark comedy è invece Once Upon a Time in Anatolia (2011) che come filo conduttore ha un assassinio con un reo confesso … ma il cadavere non si trova. Diventa quindi quasi un road movie con la piccola carovana di due auto e una jeep militare che si muove (per lo più di notte) alla ricerca del luogo in cui è stato sepolto il cadavere. L’assassino continua a indicare luoghi sbagliati e le tensioni con e fra poliziotti, magistrato, medico legale, operai (che dovrebbero dissotterrare la salma) e militari cresce ad ogni nuova sosta a vuota. C’è tanta interazione e i dialoghi vanno dalle banalità fra colleghi a confessioni di fatti personali e a considerazioni filosofiche.

Ancora diversi sono i tipi di rapporti fra i protagonisti del lunghissimo (3h16’) Winter Sleep (2014, Palma d’Oro a Cannes), ambientato nel caratteristico ambiente delle caratteristiche abitazioni rupestri della Cappadocia. Molto interessanti e profondi alcuni discorsi fra il proprietario dell’hotel ricavato in tali cavità, con un passato da attore teatrale, ora scrittore, sua sorella e sua moglie, nonché con altri personaggi secondari (ma solo per presenza in scena), eppure importanti. Molto ben fotografati sia gli interni che i paesaggi innevati. Senz’altro un ottimo film (attualmente 248° nella classifica IMDb dei migliori film di sempre), ma può mettere a dura prova la resistenza di molti, certamente di quelli che non apprezzano i vari Tarkovski, Bergman e gli altri succitati registi.

Avendo apprezzato (chi più e chi meno) i 5 film di NBC fin qui visti, ora mi metterò alla ricerca degli altri 3: Climates (2006), Three Monkeys (2008) e The Wild Pear Tree (2018).

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