giovedì 28 febbraio 2019

15° gruppo di 5 micro-recensioni 2019 (71-75)

Per questo gruppo non ho avuto dubbi nell’ordinare il film per preferenza, anche se avrei potuto concedere un pari merito ai primi due. In fondo al gruppo ci sono 2 classici americani degli anni '30 che, oltre a essere molto datati, si sono trovati in una "cinquina terribile"!

     


72  Lo specchio (Andrei Tarkovsky, URSS, 1975) tit. or. “Zerkalo” * con Margarita Terekhova, Filipp Yankovskiy, Ignat Daniltsev  * IMDb  8,10  RT 93% 
Film di Tarkovski che mi mancava, affascinante anche se certamente di difficile, difficilissima lettura, ma ha un suo proprio valore comunicativo diretto come una qualunque altra opera d’arte. Le scene si susseguono in modo volutamente disordinato in quanto rappresentano pensieri e ricordi di un uomo malato, che rivive mentalmente vari momenti della sua vita. Si alternano quindi luoghi, visioni e sogni, talvolta in bianco e nero, altre a colori, in interni e in esterni, con improvvisi colpi di vento, pioggia e fuoco (che mi sembra un tema ricorrente nei film di Tarkovski). Pregevoli i lentissimi movimenti di macchina, le riprese d’infilata e la gestione delle immagini riflesse. Più che buone le interpretazioni.
Lo stesso regista declama alcune sue poesie, non tutte di semplice interpretazione e/o da porre in relazione alle immagini proposte. Oltretutto, penso che ciò sia aggravato dal fatto - noto - che se la traduzione di testi “normali” è difficile, quella di versi è praticamente impossibile senza perdere qualcosa dello spirito originale. Magra consolazione può essere il fatto che non essendo del tutto connesse con le immagini, si può restare concentrati solo su queste ultime e apprezzarle nel migliore dei modi.
Un film imperdibile per chi ha il gusto dell’immagine e del cinema canonico seppur quasi sperimentale, incomprensibile e noioso per chi vuole solo azione, chiacchiere ed effetti speciali.
Ho letto un interessante aneddoto nel quale si riporta di una interminabile discussione fra critici che si scontravano sull’interpretazione del film volendo vedere simboli in ogni oggetto, animale e ripresa, alla fine interrotti da una donna addetta alle pulizia (che li sollecitava a terminare per poter procedere con il suo lavoro), avendo visto il film, più o meno disse: “Io l’ho capito, sono semplicemente i ricordi di un uomo morente va con la mente a vari momenti della sua vita, in modo disordinato come è normale”. I critici tacquero e se ne andarono.

73  Pájaros de verano (Cristina Gallego, Ciro Guerra, Col, 2018) tit. int. “Birds of Passage” * con Carmiña Martínez, José Acosta, Natalia Reyes  * IMDb  8,0  RT 93% * presentato al Festival Cannes (Quinzaine des Réalisateurs)
La coppia di cineasti colombiani (sia in campo professionale che di fatto) propone un'altra storia profondamente radicata nell'ambiente rurale colombiano dei nativi e mestizos. Dopo “La sombra del caminante” (2004), “Los viajes del viento” (2009) e il più famoso “El abrazo de la serpiente” (2015, candidato Oscar), diretti e scritti solo da Ciro Guerra e prodotti da Cristina Gallego, per questo quarto film hanno collaborato alla sceneggiatura e condiviso la regia.
La trama, basata su fatti reali e divisa in 5 Cantos, narra degli inizi del business della droga, proponendo gli sviluppi del commercio internazionale della marijuana e gli scontri (spesso cruenti) fra clan in cinque fasi, dal 1968 al 1980, poco prima dell’irruzione sulla scena internazionale del narcotraffico di Pablo Escobar, ormai famoso grazie a serie tv e film.
L’arrivo improvviso di fiumi di denaro in una comunità rurale sostanzialmente povera, legata ad antiche tradizioni, divisa in famiglie e clan, ebbe l’immediato effetto di mettere a nudo avidità prepotenza e sete di potere e aumentarle a dismisura, stravolgendo i rapporti fra i vari gruppi, facendo perdere il rispetto, l'onore, i valori sociali, e anche il buonsenso.
Non c’è modo di frenare questa escalation, chi ci prova viene ovviamente schiacciato, dai capi difendono i membri della loro famiglia anche quando si trovano dalla parte del torto.
Molti hanno voluto vedere nell’essenza di questa storia varie similitudini con la saga della famiglia Corleone narrata da Coppola nei vari Godfather (qui c’è un capofamiglia donna), ma a ben guardare si può dire che si tratta di una storia vecchia quanto il mondo ... gruppi che si alleano per reciproca convenienza, ma poi c’è sempre chi vuole acquisire il potere assoluto, eliminando senza scrupolo alcuno la parte avversaria.
La cosa che può sbalordire, ed è ben narrata, è il come possano adattarsi rapidamente credenze, riti e premonizioni alle necessità del business. Nel susseguirsi dei Cantos, si vedono traballanti e sconnesse capanne di legno tramutarsi in ricche ville simili a cattedrali nel deserto, gli uomini all’inizio armati di carabina e machete saranno ben presto forniti di Kalashnikov e anche bazooka, gli animali da soma sono prontamente sostituiti da fuoristrada 4x4 e  poi avionetas, insomma una evoluzione rapidissima che, oltre a costare molte vite umane, fa perdere agli indigeni la lor identità e la loro cultura. Significativi i titoli dei tre Cantos centrali: "Las tumbas - 1971", "La prosperidad - 1979", "La guerra - 1980".
La bellezza delle riprese di Ciro Guerra in ambiente naturale e spesso selvaggio sono cosa ormai nota così come il saggio utilizzo di attori indigeni non professionisti e dei tanti elementi tipici dell’antica cultura locale, dai vestiti, ai simboli, agli ornamenti, ai riti, alle feste, ai canti.
Sul versante opposto, viene anche ribadita la nota equivocità dei Peace Corps, ufficialmente “Agenzia pubblica che dipende dal Governo degli Stati Uniti d'America” nata durante la presidenza Kennedy che fra i suoi membri contava non solo veri volontari, ma hippy “figli dei fiori”, piccoli trafficanti, agit-prop e (più o meno ufficialmente) agenti CIA in incognito.
Un bel film che tuttavia lascia tanto amaro in bocca e anche una certa tristezza, nel vedere i danni irreparabili causati in pochi anni “dall’occidentalizzazione” a etnie, ambienti e culture secolari.

     

71  Rocco e i suoi fratelli (Luchino Visconti, Ita, 1960) * con Alain Delon, Renato Salvatori, Annie Girardot * IMDb  8,3  RT 92% * Premi Speciale della Giuria e FIPRESCI, Nomination Leone d’Oro a Venezia
Film del quale avevo sempre rimandato la visione, non essendo Visconti un regista che mi attiri in particolar modo. Non voglio certo negare le sue qualità, ma non apprezzo il suo stile.
In questo caso particolare, ci sono un paio di scelte che mi hanno lasciato perplesso e che lo allontanano molto dal neorealismo italiano, comunque giunto alla fine del suo percorso. In primis, il cast internazionale, con due personaggi principali interpretati da francesi (Annie Girardot e Alain Delon) e, subito dopo in ordine di importanza, una greca (Katina Paxinou) veste i panni del personaggio chiave della madre dei 5 fratelli (tutti lucani) lasciando il solo Renato Salvatori come rappresentante italiano. Non c'erano attrici/attori all'altezza o fu una questione imposta dalla produzione? In aggiunta a ciò, e parzialmente logica conseguenza, si ricorse a un doppiaggio “di massa”, quindi anche le voci di vari italiani che interpretavano personaggi provenienti dalle povere campagne lucane furono sostituite da quelle dei doppiatori. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, oltre all'ovvia mancata sincronia con il labiale si nota che la parlata tutt'è fuorché lucana, con frequenti "sc" che l’assimilano molto più un dialetto di centro Italia, comunque ridicolmente italianizzato.
In un film come questo, nel quale si sottolineano i contrasti nord/sud, progresso/arretratezza, ricchezza/povertà, sarebbe stato opportuno curare in modo migliore questo aspetto.
Fra gli interpreti principali spiccano Annie Girardot e Renato Salvatori (Alain Delon sembra sempre imbambolato, anche se in parte ciò è dovuto al suo personaggio), e fra i non protagonisti si contraddistingue Paolo Stoppa.
Sceneggiatura e dialoghi non si discutono, essendo frutto della collaborazione di tante “ottime penne” (Suso Cecchi D'Amico, Vasco Pratolini, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, Luchino Visconti, Enrico Medioli e Giovanni Testori), ma la messa in scena non mi è sembrata all’altezza.


75  It Happened One Night  (Frank Capra, USA, 1934) tit. it. “Accadde una notte” * con Clark Gable, Claudette Colbert, Walter Connolly * IMDb  8,1  RT 98% * 5 Oscar (miglior film, regia, Clark Gable e Claudette Colbert protagonisti, sceneggiatura) * 191° nella classifica IMDb dei migliori film di sempre
Con questo e prima con Grand Hotel ho messo mano a una serie di classici del cinema americano di molti decenni fa che non avevo mai visto, approfittando di una serie di dvd appena giunta in biblioteca.
C’è poco da dire, è una commedia quasi perfetta (per me la perfezione in questo campo non esiste) come tante altre di Capra (p.e. Arsenico e vecchi merletti, 1944). La ben congegnata storia, con tempi eccellenti e personaggi stravaganti, viene ben interpretata da tutto il reparto, sia i caratteristi che i 2 protagonisti che in questa occasione vinsero il loro unico Oscar della carriera (successivamente ottennero 2 Nomination a testa).
Commedia estremamente datata, tuttavia ancora più che piacevole per una visione spensierata.

74  Grand Hotel (Edmund Goulding, USA, 1932) * con Greta Garbo, John Barrymore, Joan Crawford * IMDb  7,5  RT 86% * Oscar come miglior film
Film di difficile definizione, quasi corale, con spunti da commedia, a tratti romantico, un po' thriller con un omicidio di mezzo, in effetti abbastanza triste per la varietà di personaggi che, pur alloggiando al Grand Hotel ed essendo invidiati per questo, hanno tanti problemi e la piacevolezza della loro vita è solo di facciata.
Non mi ha convinto molto e non ho inteso la necessità dell’ambientazione nella Berlino fra le 2 guerre visto che la trama propone storie (quasi tragedie umane) che potevano essere ambientate in un qualunque altro posto nel mondo, come viene sottolineato fra le righe alla fine del film. Certamente le ragioni ci saranno state e la miglior lettura penso sia quella della critica di costume, focalizzata su tutte le miserie che si scoprono dietro una facciata di opulenza.
Vale certamente una visione, ma non aspettatevi troppo. 

IMPORTANTE: vi ricordo che dal 2 aprile il mio GOOGLE+ sarà chiuso e che, di conseguenza, le raccolte degli anni 2016-2018 non saranno più accessibili. Tutte le 1.300 micro-recensioni sono ora organizzate in 26 pagine del mio sito www.giovis.com e facilmente rintracciabili grazie all’indice generaleIn detta pagina potrete effettuare ricerche per titolo, regista, interpreti principali, anno e paese di produzione e, utilizzando i link e i numeri d’ordine, giungere rapidamente a quella che vi interessa.

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