Appena prima della mia
partenza Stefano mi aveva ricordato che Menorca, in particolare Ciutadella, nel
1558 soffrì l'attacco e il successivo saccheggio da parte della poderosa flotta
ottomana, dalle nostre parti genericamente chiamata saracena, qui turca. Allo
stesso tempo mi chiese di ricercare documenti nei quali fosse menzionato il
passaggio di detta flotta per Massa e Sorrento essendo noto che si trattò della
stessa campagna del tristemente famoso Pialì Pascià. Questi, seguendo un
itinerario già sperimentato da altri in anni precedenti (p.e Khayr al-Dīn, detto Barbarossa nel 1534-5),
procedette da Istanbul fin quasi al limite del Mediterraneo occidentale
saccheggiando le cittadine costiere più ricche.
Dopo questo breve ma
indispensabile preambolo che evidenzia il legame fra i luoghi, torniamo a Menorca e all'allora sua capitale Ciutadella. Questa
cadde il 9 luglio del 1558, al quarto assalto, dopo un assedio durato 10 giorni
subendo notevoli perdite di vite umane, circa 3.500 deportazioni e distruzione
di buona parte della città. Le cronache riportano che all'interno dell'isola, fino a Monte Toro (circa 30km a est), non si incontrava anima
viva.
costa tirrenica fino al Golfo di Napoli e Menorca (1513, Atlante di Piri Reis)
Stefano (presidente della sez. lubrense dell'Archeoclub) mi aveva anche messo al corrente del fatto che
qui si conserva memoria dei tragici eventi e che dal 1852 ogni 9 luglio, anniversario della presa della città, si svolgono celebrazioni
commemorative dell’Anno della Disgrazia (Any
de sa Desgràcia) al contrario di quanto succede a Massa e Sorrento dove il
13 giugno semplicemente si festeggia Sant'Antonio, dimenticando che l'attacco del 1558 causò
qualche migliaio di morti e almeno 4.000 prigionieri, pochissimi dei quali
furono riscattati. A Ciutadella si riunisce il consiglio comunale in seduta
straordinaria, una persona appositamente nominata declama un documento
dell'epoca conosciuto come Acta de Costantinoble, si celebra una messa solenne
in memoria dei morti del 1558 e si pone una corona di fiori ai piedi del
monumento commemorativo detto sa piràmide.
Ma penso sia interessante sapere qualcosa di più in merito alla singolare
origine dell’Acta. Alcuni menorchini prigionieri a Costantinopoli, fra i quali
vari di rango, si riunirono per stilare e sottoscrivere un rendiconto degli
avvenimenti trascorsi dall'arrivo della flotta ottomana (29 giugno) fino alla
espugnazione di Ciutadella. A quell'epoca i capi civili e militari che si
arrendevano troppo facilmente e non potevano successivamente dimostrare che non
avessero avuto altra scelta, venivano giudicati e nella maggior parte dei casi
giustiziati sulla pubblica piazza dopo atroci torture e non sto a ripetervi
quello che mi è stato descritto, con gran dovizia di particolari, dal mio
interlocutore. Questi, Florenci Sastre Portella (curatore dell'archivio storico
di Ciutadella e autore di numerosi testi sul tema) ha sottolineato che questo testo
stilato a Costantinopoli si deve intendere come una "assicurazione"
per i sottoscrittori per evitare che, nel caso fossero stati riscattati o
fossero riusciti a fuggire, una volta tornati in patria non fossero poi
sottoposti a processo con grandi possibilità di essere condannati (i capri
espiatori servono sempre).
L'atto fu certificato da uno
dei prigionieri, il notaio Pere Quintana, ma chiaramente, considerati gli intenti,
non è detto che i comportamenti dei sottoscrittori siano stati esattamente
quelli descritti. In particolare quello del quale più si dubita è il capitano
della guarnigione Miguel Negrete, ma il fatto di essere castellano potrebbe suggerire una motivazione "razzista" di queste voci.
Florenci Sastre mi ha raccontato che, al contrario di quanto affermato nell'Acta,
è sempre corsa voce che Negrete, memore della sua precedente disfatta a Castelnuovo
sulle coste dalmate e successiva prigionia in mano dei Turchi e convinto
dell'inevitabilità della disfatta, poco dopo l'inizio dell'assedio si fosse ritirato
in campagna dedicandosi esclusivamente a mangiare e bere. Poi, appena seppe
dell'entrata delle truppe ottomane in città si arrese al nemico indossando i
suoi vestiti più appariscenti allo scopo di ottenere un miglior trattamento (i
ricchi e i potenti non venivano maltrattati nella speranza di incassare un
sostanzioso riscatto). In effetti questo documento venne alla luce e fu reso
pubblico solo molti anni dopo, nel 1620, ma a parte i dubbi in merito ai comportamenti
individuali viene considerato veritiero e affidabile per quanto riguarda la
cronologia degli eventi e i numeri di galee, soldati, morti e prigionieri.
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