In Cartografia esistono tre qualità fondamentali: chiarezza,
completezza, precisione.
Purtroppo questi tre obiettivi ai quali tendono gli sforzi dei
cartografi diventano a un certo punto incompatibili fra loro. Cercherò di
spiegare questo concetto brevemente e, spero, chiaramente.
Chiarezza: è la qualità per la quale tutti i dettagli siano
facilmente identificabili e riconoscibili e le forme del terreno siano evidenti
Completezza: è intesa come “massimo insieme di particolari
planimetrici e altimetrici”.
Precisione: l'ubicazione di ciascun particolare nella stessa
posizione che occupa nella realtà, in assoluto e in relazione agli elementi
circostanti.
Per ognuna di queste qualità esiste un proprio limite intrinseco.
In particolare le prime due collidono in quanto se si vuole mantenere la
chiarezza (leggibilità) della carta non si potranna mai riportare “tutti” gli
elementi di una certa categoria (sentieri, strade, edifici, ecc.). La scelta
sarà fatta dal cartografo non solo in base alla grandezza fisica degli elementi,
ma anche in base alla loro rilevanza e rispetto alla densità di elementi simili in quell’area. Un
paio di esempi per tutti: una cappella isolata è cartograficamente più
importante di una chiesa in città, un sentiero appena tracciato (e pressoché
unico) in montagna è più importante di una strada secondaria cieca in area
urbana.
In quanto alla precisione gioca un ruolo fondamentale la scala. Al
diminuire di questa (sottolineo che 1:50.000 è minore di 1:25.000, si tratta di
rapporti) parecchi simboli convenzionali occupano molto più spazio della loro
grandezza fisica. Mi spiego meglio: nelle carte stradali una rotabile è
convenzionalmente rappresentata con due sottili linee nere parallele, con o
senza colore di riempimento. Considerando uno spessore totale del simbolo di 0,5÷0,7mm
(spesso anche di più), ne deriva che raffigura una larghezza di 5÷7m se la
scala è 1:10.000 e di 50÷70m se è 1:100.000.
La cosa diventa ancora più
evidente per i simboli puntiformi che indicano particolare piccoli ma
importanti come edifici isolati, sorgenti, antenne e via discorrendo. Quando
due elementi, anche di caratteristiche diverse, sono vicini il cartografo dovrà
distanziarli (e quindi spostarli dalla loro posizione esatta) o dovrà
eliminarne uno.
La generalizzazione e la semplificazione sono fra i pregi delle buone cartine.
Discettando di questi argomenti sono stati scritti libri interi e
si sono svolti infiniti incontri e dibattiti, ma chiaramente non si è giunti,
né si potrà mai giungere a conclusioni che stabiliscano regole ferree.
La simbologia è pesantemente condizionata dalla scala e dal tipo
di area rappresentata, sulla scelta degli elementi da rappresentare (per
qualità e importanza) influisce la tematicità della carta, la densità di
simboli dovrà sempre tendere a un giusto compromesso fra leggibilità e
completezza.
Chiudo con un aneddoto. Vari anni fa, nel corso di un convegno fra
cartografi organizzato dalla IOF (International Orienteering Federation), una
mezza dozzina di essi fu incaricata di realizzare una cartina di una piccola
area. Il risultato fu che le mappe erano tutte abbastanza diverse fra loro, ma
che tutte erano assolutamente leggibili e precise. Alcuni aveva dato maggior
importanza al rilievo, altri alla vegetazione, alla rete di sentieri includendo
le tracce meno evidenti, ai particolari rocciosi …
cartina per Corsa di Orientamento (Orienteering), precisissima eppure generalizzata,
leggibile per molti sportivi, ma assolutamente incomprensibile per tanti altri
Se si chiedesse ad un gruppo di scrittori di descrivere brevemente
la Baia di Jeranto o Monte S. Angelo a Tre Pizzi, siate pur certi che si
otterrebbe un risultato simile: vari pezzi di ottima prosa eppure tutti
diversi. Cartografare significa descrivere graficamente e come ogni altro tipo
di linguaggio ognuno lo adatta alle proprie percezioni e valutazioni,
l’importante è comunicare (bene) cercando di farsi comprendere anche da chi non sa leggere tanto bene ...
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