giovedì 6 febbraio 2014

Altri mondi: viaggi e salute (mentale)

Grazie alla mia amica Pabla, anche lei infetta seppur non ancora in fase avanzata quanto me che sono malato terminale, ho appreso di questa mia ennesima infermità - la Sindrome dell’eterno viaggiatore - che si va ad aggiungere alle altre sia fisiche che mentali delle quali ero già a conoscenza.
El sindrome del eterno viajero è un piacevole e interessante cortometraggio realizzato nel 2013 da Lucía Sánchez e Ruben Senõr che ne illustra abbastanza chiaramente sintomi e conseguenze e ci informa che a tutt’oggi non c’è cura conosciuta. La cosa non è che mi dispiaccia più di tanto poiché, come è scritto alla fine del video, “E’ una malattia … che ti salva la vita”.
Pur essendo in spagnolo con sottotitoli in inglese credo che fra l’uno e l’altro tutti potranno capire abbastanza e anche perdendo parte del contenuto restano le immagini che scorrono in modo molto fluido e piacevole. Vale la pena di guardarlo https://www.youtube.com/watch?v=7dKGcg_jBhw#t=760 
Ecco qualche frase stralciata dai testi:
  • Devo tornare a perdere la nozione del tempo, che ogni giorno della settimana sia lo stesso, non sapere che mese è. E’ incredibile, ma succede.
  • Il bello dello stare lontano da ciò che conosco è che ad ogni passo mi aspetta qualcosa di nuovo.
  • Sono qui in questo posto alieno, adesso, e probabilmente non ci tornerò più. Devo assaporare ogni momento e ricordarlo per molti anni.
  • La Sindrome è la sensazione di non essere a proprio agio in nessun posto perché si vorrebbe essere da un’altra parte.
  • Abitudini diverse che al principio mi sorprendono, le stesse alle quali mi abituo in poco tempo e faccio mie.
  • La mia casa è qui, dove sono adesso. Non ho bisogno di vivere tanto tempo nello stesso posto per potermi integrarmi
  • Sono in patria faccio di tutto per staccarmi da tutto, sono a 10.000km di distanza e mi piace essere in contatto, sapere che succede lì e raccontare cosa faccio qui. Parlo di più con i miei amici stando a 10.000km di distanza che stando a due isolati  
Sono in generale abbastanza d’accordo sulla descrizione generale della Sindrome avendo oltre 40 anni di viaggi sulle spalle e mi rendo conto che i sani (nel senso di non infetti) non ci capiscono, probabilmente non ci possono capire.
Non comprendono la nostra facilità ad adattarci a ritmi, climi, culture, cibi diversi e a sentirci a casa (= dove dormirò stanotte) in qualunque parte del mondo.
E anche se talvolta torno negli stessi luoghi so che è impossibile ricostruire la stessa atmosfera (persone, luce, suoni, odori, …), ma non cerco una irrealizzabile replica bensì ulteriori esperienze. Non posso mettere a confronto le sensazioni vissute a Città del Messico nel 1984 con quelle del 2011,  o paragonare la Parigi degli anni ’70 e quella del 2012. Tutte molto più che soddisfacenti al di là delle loro diversità. Solo il nome della città resta uguale (talvolta).
Fra le tante affinità di pensiero con gli autori del video, mi hanno particolarmente divertito i commenti in merito all'impellenza di evitare i connazionali … come se fossero degli appestati, in particolar modo se sono turisti e non viaggiatori. Non si va a migliaia di chilometri di distanza per parlare delle stesse cose e nella propria lingua!
Sacrosanto dogma per i viaggiatori, che non sono quelli che mangiano pizza o pasta alla carbonara (che quasi dovunque all'estero fanno con la panna e non hanno idea di cosa sia il pecorino) per poi lamentarsi della scarsa qualità. Ma questo vale per i turisti americani che si fiondano nei McDonalds e Starbucks, per i tedeschi che ordinano wurstel, gli inglesi con i loro sandwich, patate fritte con qualunque cosa e, ovunque nel modo, a fine pasto un cappuccino (semplicemente disgustoso) ignorando tutte le delizie del palato locali, fresche e ben preparate che non troveranno mai da nessuna altra parte.
E anche per quanto riguarda voler essere in un altro posto sono d’accordo, ma ci tengo a sottolineare che non è perché si è scontenti, tutt'altro. Si gode dell’esperienza che si sta vivendo proprio perché si sta bene già si pensa alla prossima.
Probabilmente ritornerò sull'argomento con altri commenti, aforismi, qualche storia vissuta …

1 commento:

  1. Un "turista" non può capire un "viaggiatore", è una questione di confini: mentali e fisici.

    Mentali perché se al posto del "chai" o del "mate" vuoi assolutamente una Coca, l'haggis ti inorridisce ma mangi trippa e dimentichi da dove viene l'uovo di tua zia Carmela, togli il cappello in chiesa ma ti rifiuti di togliere le scarpe in un tempio buddista... il problema è di un marcato confine mentale. O timidezza intellettuale.

    Fisici perché avrai sicuramente visto in aeroporto, o alla stazione ferroviaria, valigioni da ben oltre 30kg accompagnare turisti per due settimane di mare in un villaggio vacanze all-inclusive, ecco, portarsi dietro una casa ti limita fisicamente i movimenti! non puoi assolutamente prendere un bus scolastico al volo (Zia Lucy ha da dirne al riguardo), non puoi fare una fuga di 15 minuti prima della partenza del treno per vedere quell'artigianodietrol'angolochefacosemeravigliose. Idem col villaggio vacanze: capisco quella sensazione di pseudosicurezza data da un omino della sorveglianza al cancello d'ingresso, come comprendo la comodità di trovarsi tutto pronto, servito e riverito ma dopo il II giorno di "piattume" io impazzirei, non riuscirei a sopportarlo. Com'è fuori? che film vedono i locali? com'è la città all'alba? lo sport che praticano? il mercato?!?! IL MERCATO! come si fa a non andare ad un mercato locale? cosa mangiano i locali? qual'è lo snack?

    Andrebbero educati da piccoli...

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