sabato 26 dicembre 2020

micro-recensioni 431-435: cinquina da cinefilo, ricercando qui e là

Ho voluto guardare un altro lavoro di Bela Tarr e questo mi ha portato a ricercare Delitto e castigo e sceglierne una versione americana di qualità; l’ambientazione della storia in Russia mi ha spinto ad effettuare una ennesima ricerca fra i film lì prodotti e quindi ho continuato con una commedia moderna e con un noto film degli anni ’70, diretto però dal rumeno Loteanu. Il quinto è un film argentino segnalato fra i migliori della sua epoca e ciò mi ha spinto a recuperarne un altro dello stesso regista che ho già incluso nel prossimo gruppo.

 

The Turin Horse (Bela Tarr, Hun, 2011)

Oltre a molti altri riconoscimenti, Bela Tarr vinse a Berlino il premio FIPRESCI e l’Orso per la regia, oltre ad ottenere la Nomination per all’Orso d’Oro. Tuttavia, pur essendo più “breve” della sua opera maestra Sátántangó (2h25’ contro 7h19’), e quindi teoricamente più proponibile nelle sale, oggettivamente è meno interessante per aver poca storia e praticamente due soli personaggi (padre e figlia), oltre al cavallo. C’è solo un altro uomo che va a comprare da loro una bottiglia di palinka (distillato di frutta) e conversa per qualche minuto e un gruppo di gitani di passaggio che restano in scena ancora di meno. L’altro elemento presente è il forte vento che soffia incessantemente durante i sei giorni proposti nel film. Eppure il film è affascinante nella sua lentezza, sottolineata da un commento sonoro ipnotico, monotono e angosciante, per la rappresentazione della routine giornaliera dell’uomo (con un braccio paralizzato) e la figlia, fra il grande stanzone nel quale vivono, la stalla e i campi desolati all’esterno. Senz’altro eccezionale la fotografia (b/n) e la regia con ottimi movimenti di macchina negli interni, interessanti piani sequenza e campi lunghi con inquadratura fissa o quasi. Indispensabile spiegare il titolo, associato ad un evento (non certo) della vita di Nietzsche a Torino; per saperne di più rimando a questo preciso post che collega la storia a Dostoevsky e al suo Delitto e castigo … curioso, no? Consigliato solo a chi apprezza veramente fotografia e regia e non ha chi cerca solo azione e spettacolarità.  

Crime and Punishment (Josef von Sternberg, USA, 1935)

Conoscevo ovviamente titolo e tema trattato, ma devo confessare di non aver mai letto il testo né essermi mai imbattuto in uno dei suoi tanti adattamenti cinematografici, una trentina a cominciare dal 1909. Sollecitato dalla lettura del post summenzionato ho scelto questa versione del 1935, sia per essere diretta da von Sternberg sia per vedere Peter Lorre protagonista e sia perché sembra che sia una delle trasposizioni più fedeli al libro. Bel film, rigoroso nei tempi e nella descrizione dei personaggi, che sono tanti e tutti interessanti, oltre ad essere ben interpretati; fra tutti si distingue Edward Arnold nel ruolo dell’ispettore Porfiry. Ciò che mi ha lasciato perplesso è l’ambientazione, che mi sembra poco credibile e precisa per essere la Russia Imperiale e impensabile per collocarsi negli anni successivi alla rivoluzione. Eppure i titoli dei giornali sono in cirillico e si parla di rubli. Consigliato come buon crime drammatico, accompagnato da tanta morale e filosofia.

  

The Monk and the Devil (Nikolay Dostal, Rus, 2016)

Molto ben filmato, sia negli interni che negli esterni, si lascia seguire con interesse per la particolarità della trama e le originali ambientazioni. Si tratta di una commedia fantastica quasi a sfondo religioso, nella quale un monaco ortodosso dalle origini pressoché misteriose, eppure in odore di santità, viene tentato dal diavolo nel corso dell’intero film, con ogni stratagemma. A parte la discutibile trama, il film perde molto nella scadentissima, nonostante ricca, rappresentazione di Gerusalemme e nel finale sottotono. Al contrario, l’inizio con l’arrivo del protagonista al monastero e i suoi successivi rapporti con i confratelli è senz’altro di miglior livello. Guardabile per l’originalità e per la fotografia, abbastanza ben interpretato.

La caída (Leopoldo Torre Nilsson, Arg, 1959)

Segnalato in una delle tante liste “migliori film …” mi aveva incuriosito per lo strano soggetto, fra fantasy, dramma e … crime? La rappresentazione della famiglia nella quale capita la giovane studentessa protagonista del film è a dir poco inquietante. La stessa padrona di casa, vedova e immobilizzata a letto, la mette in guardia dai propri 4 figli, due ragazze e due ragazzi, fra i 5 e i 16 anni, assolutamente fuori controllo e disinibiti pur apparendo precisi e ordinati. L’ingenua Albertina avrebbe una via d’uscita grazie ad un giovane avvocato che la corteggia, ma esita … il tanto atteso ritorno di uno zio dei bambini complica ulteriormente le cose; il vago finale (che certamente non svelo) lascia abbastanza perplessi. La sceneggiatura fu curata da Beatriz Guido, autrice del romanzo omonimo e moglie del regista.

Anche gli zingari vanno in cielo (Emil Loteanu, URSS, 1975)

Certamente inferiore al precedente I lautari (1972), altro film del regista rumeno trapiantato in URSS dedicato agli tzigani dell’Europa orientale. Il filo conduttore è un amore sostenuto da grande passione fra un ladro (per lo più di cavalli) e una bellissima quanto fiera e indipendente ragazza di un altro clan. Le danze, la musica e le evoluzioni a cavallo restano quasi distaccate dalla storia che in sostanza è banale e scontata, con i soliti stereotipi. Al di là degli sgargianti colori dei vestiti delle donne, della bellezza dei paesaggi, delle coreografie e delle acrobazie dei cavalieri rimane ben poco.

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