domenica 6 dicembre 2020

Cuteniello … in rete è uno sconosciuto! Cose da non credere!

Ieri pomeriggio ebbi voglia di comprare un cuteniello e, per non cucinarlo nei modi che conoscevo, volli cercare su Google una ricetta diversa ma, con mia grande, enorme sorpresa, non trovai quasi niente! Ho cambiato spelling, l’ho cercato come cotechino napoletano o campano (visto che con l’originale padano ha ben poco a che vedere), ma senza grandi risultati. Eppure, me lo ricordo dalla mia infanzia e, in Penisola Sorrentina dove vivo e sono in parte originario, tutti lo conoscono. Come mio solito, ho cominciato subito ad indagare, fra macellai, ristoratori e fedeli della cucina tradizionale per colmare questo incredibile vuoto.

Già dalle prime ricerche in rete ho appreso che molto simili sono il pezzente (salame o salsiccia) e la noglia, insaccati relativamente diffusi dall’Irpinia e dal Cilento fino a tutta la Lucania e parte della Puglia e della Calabria. Queste ultime due regioni hanno addirittura inserito il salame pezzente fra i loro PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali).  Come già detto, per farsi trovare (o per pretendere di essere colti e raffinati?), molti li chiamano cotechiniun’italianizzazione assolutamente fuori luogo che offende entrambe le specialità (e mi indispone). Nelle pagine dell'Assessorato Agricoltura della Regione Campania si legge:

"La nnoglia o doglia di maiale è un salume tipico del territorio di Bagnoli Irpino, in provincia di Avellino, che si ottiene, come molti dei salumi tipici della regione dagli scarti della lavorazione del maiale. Per ottenere la nnoglia si utilizzano parti grosse e spesse dello stomaco e dell'intestino del maiale sottoposti a pressatura, affumicatura e a una stagionatura di circa 20-30 giorni. ... Caratterizzata da un gusto deciso e piccante, la nnoglia viene utilizzata principalmente per la preparazione della minestra maritata e, il giorno di Pasqua, per la preparazione della minestra di cicoria selvatica."

Fra coloro che ho consultato, vari napoletani non conoscevano il cuteniello, in zona amalfitana lo conoscono ma è più conosciuto come noglia, ad Agerola (prov. di Napoli, ma sul versante amalfitano) è più noto come pezzente ed è di solito di pezzatura più grande ed affumicato. Mi sorge quindi il lecito sospetto che cuteniello sia nome tipico della Penisola Sorrentina, intesa come territorio far Massa Lubrense e Vico Equense.  Dai miei ricordi, confortati dalle odierne brevi indagini, viene utilizzato nella classica minestra maritata pasquale, nelle minestre di verdure e/o legumi, in salsa assimilabile al ragù e, infine, in bianco (alias all’insalata) condito solo sale e succo di limone, alla stregua dell’arcinoto 'o pere e 'o musso.

Nei prossimi giorni lo cucinerò e vi farò sapere … nel frattempo, mentre io approfondisco le mie indagini in merito agli ingredienti (almeno quelli della tradizione della Penisola Sorrentina), saranno oltremodo ben accette correzioni, integrazioni e, soprattutto, ricette.

Cuteniello artigianale classico, di circa 450g

2 commenti:

  1. Anche a Capri esiste "u cuteniell", mio zio Umberto (zio di mio padre per la precisione) li confezionava. Mio padre collaborava nell'allevamento dei maiali per cui ne riceveva alcuni e li appendeva in soffitta. Questo era il periodo dell'anno in cui si uccidevano i maiali e mio padre andava in giro per l'isola a prendere il sangue con cui mia madre preparava il "sanguinaccio" di cui mio padre era molto ghiotto. Oramai sono solo ricordi...

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  2. Premesso che quanto sarà di seguito scritto è frutto di una fugace intervista a mio fratello minore e ad un amico, che in contrasto con la metamorfosi "borghese" subita, ahimè, dal sottoscritto, continuano a portare avanti la tradizione locale.
    Secondo la tradizione, il "cutuniello", che io addirittura accomunavo al "cotechino", si prepara nel seguente modo e seguendo una logica ben precisa. Tutto ciò che non è abbastanza adatto a finire nelle salsicce o nelle soppressate viene destinato ai "cutunielli". Da notare bene, che il cutuniello non è un mero sottoprodotto della lavorazione del maiale, bensì una sublime ottimizzazione che affonda le radici nella necessità contadine, ma anche nella sempreverde definizione che del "maiale non si butta nulla".
    Dunque, la cotica del maiale viene dapprima sbollentata e lavorata velocemente a punta di coltello. Poi macinata in una trafila "a coltello grande" insieme a tutta una serie di componenti suine, tra cui il "maschiariello", il muso, orecchie, stinco, scarti di lavorazione del prosciutto e parti del maiale troppo insaguate per finire nella lavorazione della salsiccia. Il tutto viene macinato nella trafila con l'aggiunta di lardo.
    Ottenuta la prima macinatura la massa viene lavorata nella mattora (come quella per il pane) rigorosamente a mano e con abbastanza olio di gomito. Ingredienti principali durante questa fase sono sale, pepe in granuli e vino bianco.
    Una volta ottenuta una pasta omogenea si procede alla fase di insaccatura nei budelli.
    Ovviamente, come tutti sanno (anche io), il cuteniello prevede un diverso numero di attaccature (solamente due), per distinguerlo dalle sopressate.
    Dopo una prima fase di asciugatura che può essere una settimana o 10 giorni (in base all'umidità della cantina) si procede alla affumicatura mediante utilizzo di piante locali (alloro, mirto, ulivo e finocchietto)

    Per le ricette, si può cucinare in ogni modo e con ogni verdura. Tuttavia, il mio preferito, rimane sempre con due barattoli di salsa e a fuoco lento per condire poi una pasta rigata.


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