sabato 19 dicembre 2020

micro-recensioni 421-425: un classico di Blasetti e 4 film senegalesi

Dopo aver guardato tempo fa il primo e l’ultimo dei 9 film diretti da Ousmane Sembene - La noir de … (1966) e Mooladé (2004) – ne ho recuperati altri 4, prodotti fra il 1975 e il 2001. Il regista senegalese è stato uno dei più noti e apprezzati della (molto limitata) cinematografia africana; approdato al cinema verso i 40 anni, si è occupato soprattutto dei problemi sociali, da quelli conseguenti alla transizione dal colonialismo francese all’indipendenza, ai conflitti fra le comunità tribali e quelle religiose, soprattutto le islamiche e cristiane. Anche quando non sono al centro della trama, sono spesso inseriti allusioni alla condizione femminile e a quella giovanile. -Sempre piacevoli ed interessanti per aprirci gli occhi su un mondo sconosciuto, almeno ai più.

 

Guelwaar (Ousmane Sembene, Sen, 1992)

Film drammatico con qualche spunto da commedia, che inizia con uno scambio di cadavere, oltretutto un cristiano seppellito in cimitero mussulmano. Sembene mette in risalto non solo le posizioni radicali delle due comunità religiose, ma anche il difficile controllo delle conseguenti tensioni che risultano difficili da gestire da parte dei pochi membri della polizia e anche dai politici locali, quasi del tutto ignorati in ambienti rurali. Altra problematica proposta e quella degli emigrati in Francia che ritornano quasi da stranieri e l’eterno conflitto della lingua: quella ufficiale è il francese ma la maggior parte degli abitanti (e la quasi totalità dei ceti bassi) stentano a capirlo parlano solo wolofImportanti e argomentati i discorsi contro gli aiuti internazionali che, secondo alcuni, bloccano lo spirito di iniziativa e sono in buona parte preda di politici o vengono venduti al mercato nero. Medaglia d’oro e Nomination Leone d’Oro a Venezia.

Faat-Kiné (Ousmane Sembene, Sen, 2001)

Attraverso molti flashback, viene proposta la vita di una donna indipendente che si è affermata da sola in ambito commerciale a dispetto dei tanti ostacoli da affrontare in una società maschilista. Resta orgogliosamente single pur avendo due figli, nati da uomini diversi. Tiene testa a pretendenti (che ambiscono soprattutto ai suoi soldi), a truffatori, a chi le chiede soldi. Pur essendo chiaramente una commedia, suggerisce interessanti considerazioni in merito alla variegata società cittadina del secolo, allo stile di vita di donne indipendenti che comunque sfoggiano i loro coloratissimi vestiti.

  

Xala (Ousmane Sembene, Sen, 1975)

Pura commedia sociale che ruota attorno ad una originale maledizione (temporanea impotenza, xala) lanciata all’indirizzo di un piccolo burocrate corrotto, in occasione del suo terzo matrimonio, in piena transizione di potere (colonia francese – indipendenza). Non mancano personaggi particolari e anche i rapporti matrimoniali (specialmente in considerazione della vigente poligamia) sono trattati in modo ironico.

Ceddo (Ousmane Sembene, Sen, 1977)

Il più statico e quindi noioso di tutti. Lunghissime scene ambientate in spiazzi polverosi nei quali si ritrovano e si confrontano i vari gruppi di potere, per lo più per i soliti motivi religiosi. Nella silenziosa attenzione generale, i fautori di una certa idea strillano le loro ragioni, ovviamente inascoltati dagli oppositori. Frasi a sensazione, basate quasi esclusivamente su dogmi religioni, quindi non dimostrabili. Una sceneggiatura assolutamente proponibile anche in teatro considerate i minimi set (naturali) e la quasi totale mancanza di azione. Affascinanti i coloratissimi variegati costumi tradizionali con originali copricapi; a differenza di Guelwaar molto poco convincente la colonna sonora, nella quale viene anche inserito un gospel. Premio Interfilm a Berlino.

Quattro passi fra le nuvole (Alessandro Blasetti, Ita, 1942)

Dramedy prodotta in pieno periodo II Guerra Mondiale, su soggetto di Cesare Zavattini. con un giovanile Gino Cervi e morale conclusiva. Viene considerato uno dei migliori film del regista romano e da alcuni un precursore del neorealismo. Nonostante il periodo, non c’è alcun riferimento al fascismo né alla guerra. Ben girato e interpretato, rientra a pieno titolo nella storia del cinema italiano il che giustifica il suo inserimento nella lista dei 100 film italiani da salvare, creata in occasione della Mostra del cinema di Venezia 2008.

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