Ancora un gruppo eterogeneo (Messico, Brasile, Portogallo, Giappone e UK/USA) che stavolta include due film d’esordio, uno dei quali è senz’altro il più interessante della cinquina, considerando anche il prosieguo della carriera del regista sceneggiatore Martin McDonagh.
In Bruges (Martin McDonagh. UK/USA, 2008)
Commedia grottesca con sceneggiatura
tagliente (nomination Oscar), molto poco buonista e certamente non politically
correct. Non risparmia niente e nessuno, da quello che oggi è di moda
chiamare body shaming, agli stereotipi di nazionalità, da traffico di
droga e armi a killer “d’onore”. Perfetti nei rispettivi ruoli i protagonisti Colin
Farrell e Brendan Gleeson, nonché Ralph Fiennes che però
compare solo nella seconda parte; non da meno sono gli interpreti di personaggi
minori, sempre ben caratterizzati da McDonagh, regista e unico sceneggiatore
del film. Si potrebbe dire che è strutturato come una serie di sketch che
presentano situazioni del tutto diverse (spesso memorabili), a volte con personaggi-meteora altre
volte invece ricompaiono inaspettatamente.
In tempi nei quali pare non si possa
dire o fare più niente senza che insorga questa o quella minoranza, In
Bruges è un toccasana per chi sa cogliere il lato ironico delle cose e
sa ridere anche dei propri difetti. Questo fu il primo film di McDonagh che
poi, al suo terzo lavoro - ben 9 anni più tardi - Three Billboards
Outside Ebbing, Missouri, si fece conoscere dal mondo intero.
Vidas secas (Nelson Pereira dos Santos, Bra, 1963)
Uno dei film simbolo del Cinema Novo brasiliano, un neorealismo d’oltreoceano spesso ambientato nelle aride campagne del nord (il sertão) dove si lottava per sopravvivere, non solo contro la natura ma anche con i prepotenti, politici e militari. Apprezzabile la fotografia in b/n e le interpretazioni degli attori (tutti esordienti ingaggiati sul posto) dei quali solo Joffre Soares intraprese poi la carriera professionale conclusa con un centinaio di film all’attivo. Premiato a Cannes e Nomination Palma d’Oro.
The Snare (Yasuzô Masumura, Jap, 1973)
Questa volta Masumura si
cimenta nel genere chambara (samurai e spade) dirigendo il secondo film
della trilogia che vede protagonista Hanzo the Razor, un poliziotto
violento ma incorruttibile, imbattibile sia con la spada che con qualunque
altra arma, grande amatore, che persegue i propri fini agendo con audacia al
limite della legalità. Esagerato come quasi tutti quelli di tale genere, ha una
trama che tende più all’intrigo economico e politico che alla classica storia
di samurai. Come gli altri del periodo conclusivo della sua carriera, anche
questo è a colori … a mio giudizio si esprimeva meglio con il bianco e nero.
Abbastanza violento ed in parte erotico (genere più volte trattato da Masumura
nei suoi ultimi film) riesce ad essere comunque snello e pieno di colpi di
scena e quindi si lascia guardare.
Los confines (Mitl Valdez, Mex, 1967)
Mitl Valdez esordì alla regia con
questo film che combina un paio di racconti (Talpa e Diles
que no me maten) e parte di un romanzo (Pedro Paramo)
del notissimo (almeno in patria) autore messicano Juan Rulfo, capostipite
del realismo magico, stile poi seguito anche da Gabriel García Márquez,
suo grande estimatore. Se da un lato è visivamente ben presentato, dall’altro c’è
da dire che Valdez abusa nel far recitare ad una voce fuori campo interi
brani degli scritti ai quali si è ispirato. Di conseguenza ci sono contenuti
più che buoni ma male adattati al grande schermo.
Recordações da Casa Amarela (João César Monteiro. Por, 1989)
Si tratta di un film strano,
certamente quello più fuori dagli schemi in questo gruppo. Il protagonista
(interpretato dallo stesso regista) è un uomo di mezza età, malaticcio,
svagato, erotomane, sostanzialmente instabile, che vive in una casa di
pensionanti di varie età, estrazioni sociali e professioni (se ne hanno una). Da
ciò è facile intuire che la sostanza sta nei rapporti con i coinquilini, con la
padrona di casa e qualche vicino.
#cinema #cinegiovis
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