domenica 11 ottobre 2020

Micro-recensioni 341-345: buon mix di sorprese e … gemelle

In questa cinquina ho inserito i due film che completano il triangolo di gemelle: due americani interpretati da Bette Davis e due con stesso soggetto con la versione messicana interpretata da Dolores del Rio. Ma ho anche recuperato tre film a me sconosciuti, con cast pieni di tanti grandi nomi; uno è sicuramente da non perdere, un altro si è rivelato piacevole e ben realizzato, ma molto datato, il terzo molto deludente.

Baby Doll (Elia Kazan, USA, 1956)

Film di qualità, eppure poco conosciuto nonostante i nomi dei cineasti impegnati e 4 Nomination Oscar. Inutile discutere del regista Elia Kazan e di Tennesse Williams, autore di questa sceneggiatura originale che ha una struttura chiaramente teatrale, con tre personaggi principali, in continua contrapposizione ma per motivi molto differenti. I tre (ottimi) interpreti sono Karl Malden (l’unico già molto apprezzato e di esperienza), Carroll Baker appena al suo terzo film ma considerate che nel secondo (Il gigante, dello stesso anno) era apparsa al lato di James Dean, Elizabeth Taylor e Rock Hudson, ed Eli Wallach al suo esordio assoluto sul grande schermo, dopo qualche anno di TV. Tennesse Williams ottenne la sua seconda Nomination Oscar dopo quella di 5 anni prima per Un tram chiamato desiderio, anche quello diretto da Elia Kazan e con Karl Malden che ottenne l’Oscar come non protagonista; candidate Oscare furono anche le due sole donne del film, Carroll Baker protagonista e Mildred Dunnock non protagonista; l’altra Nomination andò a Boris Kaufman (Oscar per Fronte del porto) per la fotografia.

La singolare storia (e situazione quasi surreale) narra di un uomo maturo (Malden) che ha sposato una giovane e avvenente ragazza (Baker) ma, per contratto, deve aspettare il compimento dei suoi 20 anni prima di condividere il letto coniugale. Il giorno prima del fatidico compleanno irrompe in scena il siciliano Silva Vaccaro (Wallach) che ha un conto da regolare con Malden … e non dirò di più. Divertenti alcune frasi in dialetto che evidentemente erano talmente conosciute da non richiedere sottotitolo neanche nella versione originale; t’aggia romp’re i corna - Mamma mia! - Cose e pazz!

Senz’altro consigliato.

 

La otra (Roberto Gavaldón, Mex, 1946)

Vi avevo anticipato l’intenzione di una nuova visione di questo film per avere identico soggetto del successivo Dead Ringer (1964), guardato per la prima volta e commentato la settimana scorsa.

In effetti il trattamento è abbastanza differente; il primo (messicano) tende più al romantico, l’altro (hollywoodiano) più al crime. Molto diversi vengono descritti i due spasimanti poliziotti ed è singolare che anche il cane abbia carattere opposto e in uno dei due risulta addirittura fondamentale.

Fra i due preferisco questo come atmosfera e fotografia, l’altro per essere più avvincente, con tensioni e colpi di scena più significativi.

A Stolen Life (Curtis Bernhardt, USA, 1946)

Questo è invece il film nel quale Bette Davis interpretò la prima volta due gemelle assolutamente identiche ma dai caratteri e stili di vita molto diversi e che indusse la Warner a rimandare Dead Ringer per essere concettualmente uguale (sostituzione di persona), seppur diverso nella sostanza. Senz’altro sufficiente, ma assolutamente poco avvincente.

 

Desire (Frank Borzage, USA, 1936)

Crime-comedy leggera con un giovane Gary Cooper in cerca d’avventure amorose che, nel corso di un viaggio premio sulle strade di Spagna, trova sulla sua strada l’affascinante truffatrice internazionale Marlene DietrichTrama ben congegnata nella quale l'attrice tedesca si cala perfettamente nel personaggio della femme fatale di turno, mentre sorprende vedere Cooper in un ruolo non abituale ... comunque se la cava più che bene. Buon passatempo.

The Comedy of Terrors (Jacques Tourneur, USA, 1963)

Questo l’ho scelto semplicemente per aver visto un vecchio enorme poster della versione portoghese (O Gato Miou Três Vezes, in Italia fu titolato Il clan del terrore) e per il cast che metteva insieme icone quali Vincent Price, Peter Lorre, Boris Karloff e Basil Rathborne (15 film nelle vesti di Sherlock Holmes). In effetti solo i dialoghi sono abbastanza brillanti, gli eventi sono scontati e/o esagerati. Il soggetto poteva essere sfruttato in modo migliore, risulta chiaro che però l’obiettivo era quello di produrre film popolare e di cassetta. Il regista Jacques Tourneur sarà certamente ricordato per alcuni suoi noir e western, non certo per questo film.

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