domenica 7 febbraio 2016

Intervallo e disturbi al cinema

In merito al primo argomento ci sono svariate opinioni e le abitudini cambiano da paese a paese, da cinema a cinema, da film a film.
Da buon cinefilo propendo per la tirata unica a prescindere dalla durata del film e questo vale anche per i più lunghi (intendo quelli molto lunghi) come Guerra e pace di Sergey Bondarchuk (poco più di 7 ore) che tuttavia in molti paesi venne distribuito in tre o addirittura quattro parti. Io ho assistito alla proiezione integrale alla Cineteca Mexico (senza intervallo!) e, oltre a non sembrare tanto lungo, francamente non vedo come lo si possa dividere in spezzoni senza diminuirne il valore. Ricordo che ci furono poche fughe momentanee (plausibilmente per buoni motivi) e solo un paio di "abbandoni" su quasi un centinaio di spettatori.
   
In Portogallo generalmente c'è un intervallo, spesso troppo lungo, mentre in altri paesi per i quali posso parlare per esperienza diretta come Spagna, Francia, Nuova Zelanda e Stati Uniti no.
Anche in Italia, anche se in patria vado poco al cinema, mi sembra che ci sia la tendenza alla proiezione continua, ma ricordo l'intervallo di quando ero piccolo durante il quale passava il venditore di gelati e altro - un classico era la “bomboniera” - ma il tutto veniva consumato in pochissimi minuti.
I tempi sono cambiati, all’ingresso quasi sempre c’è un banco bar che vende (spesso a prezzi da aeroporto ... eccessivi) soprattutto secchi di popcorn e secchielli di bibite annacquate con ghiaccio. Indipendentemente dall'intervallo (che interrompe il flusso delle immagini, ma si può occupare il tempo leggendo o facendo altro) quello che sopporto meno è la prima mezz'ora di film rovinata dal rumore dei sacchetti di plastica e dello sgranocchiamento di popcorn, pipocas, palomitas (sinonimi molto diversi in differenti idiomi, stranamente tutti iniziano con p).

Altro grande problema moderno sono i cellulari e smartphone anche se in effetti il problema sono tutti gli scostumati che rispondono a chiamate e conversano (raramente, per fortuna), non li spengono e, anche se li mantengono senza suoneria, continuano a controllare FB, Twitter e WhatsApp - e talvolta a comunicare - con lo schermo quanto più luminoso possibile sparando fasci di luce negli occhi di chi sta dietro di loro o ai lati.
   
Per non parlare di quelli che lasciano la suoneria a tutto volume e che ne fanno ascoltare l’intero motivo prima di trovare l’apparecchio o semplicemente di decidere se rispondere o meno.
Anche il giustissimo invito (da troppi disatteso) che in molte sale appare sullo schermo invitando al silenzio e a scollegare i vari apparati sembra un controsenso se lo stesso management "forza" gli spettatori a comprare enormi secchi (anche se non proprio delle dimensioni di questo a sinistra) di rumorosi popcorn, ma è noto che in particolare in alcuni paesi ricavano più con gli snack e bibite che con l’incasso visto che gran parte di esso va in altre tasche.
Non ci dovrebbe essere necessità di scomodare teorici del cinema per rendersi conto che una visione ideale presupporrebbe silenzio e buio assoluti (per il secondo, seppur potenzialmente utili e obbligatorie, anche le luci di emergenza danno un sacco di fastidio).
Inutile parlare degli spettatori rumorosi e altre scostumatezze ...
Tutto quanto detto mi spinge ad andare al cinema evitando i week-end e prediligendo spettacoli presumibilmente poco affollati, quando possibile. 

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