mercoledì 6 gennaio 2021

micro-recensioni 1-5/2021: per iniziare bene l’anno …

… sono andato sul sicuro (con qualche ma ...), con 4 quotatissimi prodotti hollywoodiani distribuiti nell’arco di parecchi decenni e un tedesco di rating appena inferiore (IMDb 7,5 e RT 94%), secondo me attribuibile esclusivamente alla particolarità del soggetto: Nosferatu. Dopo aver guardato film tanto acclamati, è mia abitudine andare a leggere vari commenti, fra i migliori e i peggiori (che tutti hanno), tralasciando quelli nel mezzo, immaginando un confronto virtuale. Pur riconoscendo che la loro qualità sia di alto livello, non sono tanto d’accordo in merito alle posizioni relative nei vari rating, a cominciare dal film di Herzog, che comunque è un caso a sé.

Nosferatu: Phantom der Nacht (Werner Herzog, Ger, 1979)

Fra le principali critiche mosse a questo remake (molto fedele) del Nosferatu originale di F.W. Murnau (1922) ci sono quelle dei pochi movimenti di macchina e della scarsa originalità, quando questi sono invece proprio fra i suoi meriti. Si tratta di un omaggio a quel tipo di cinema, lavorando però con mezzi moderni e una delle sue eccellenze è quella di girare a colori ma spesso con varietà di tonalità di colori dello stesso gruppo, quasi come se fosse un bianco e nero virato. Anche la scelta del suo amico/nemico Klaus Kinski quale protagonista si rivela perfetta e l’attore interpreta il ruolo a meraviglia. Per apprezzare appieno questo film, penso sia indispensabile aver visto l’altro e si comprenderà che non fu prodotto per fargli concorrenza o stravolgere la storia, casomai inserendo effetti speciali certamente già possibili 40 anni fa ma neanche immaginabili un secolo fa. Herzog ancora una volta dimostra di trovarsi a suo agio proponendo personaggi solitari e assolutamente al di fuori della norma, che mirano a imprese straordinarie se non impossibili, contro ogni logica e contro tutti. Location, luci, arredamenti e costumi fanno il resto, vero cinema della miglior tradizione europea opposto alle americanate, per quanto possano essere ben realizzate.

 

There Will Be Blood (Paul Thomas Anderson, USA, 2007)

(IMDb 8,2 e RT 91%, 2 Oscar e 6 Nomination, 144°)

Questa parabola di un petroliere (titolo italiano) che si sviluppa nell’arco di vari decenni, i primi del secolo scorso, è basata su un romanzo di Upton Sinclair, splendidamente adattata da Paul Thomas Anderson. Al di là della bravura dimostrata dal solito Daniel Day-Lewis (al suo secondo Oscar) nei panni del protagonista, il regista-sceneggiatore riesce a dipingere alla perfezione l’ambiente, soci e antagonisti in particolare il suo persecutore interpretato alla perfezione da Paul Dano, attore per il quale non stravedo, ma perfetto per questo ruolo di viscido e infido, mascherato da buono e compassionevole. L’altro Oscar andò a Robert Elswit per la fotografia (assolutamente meritato, specialmente per le scene con poca luce) e, per la cronaca, in tre delle 6 candidature andarono (miglior film, regia e sceneggiatura) Anderson fu superato dai fratelli Coen per No Country for Old MenChiaramente imperdibile per chi non l’avesse ancora visto.

Chinatown (Roman Polanski, USA, 1974)

(IMDb 8,1 e RT 100%, 1 Oscar e 10 Nomination, 154°)

Ho sempre sostenuto che Polanski è un ottimo regista, capace di districarsi a meraviglia in ogni genere, con pochi attori o con set affollati, in ogni ambiente e in ogni epoca, e questo ne è un ennesimo esempio. Chinatown è un film ben bilanciato (fatto dimostrato dalle 11 candidature Oscar e non importa averne ottenuto Oscar) vantando un ottimo cast, nel quale non sfigura certo John Huston, anche se i più lo conoscono e lo ricorderanno come regista. La sceneggiatura è scorrevole ma piena di twist e sorprese (non sempre prevedibili), il cast è di ottimo livello e fotografia, scenografie e costumi accattivanti. Visto che li ho inseriti nello stesso gruppo, è impossibile non fare un riferimento (non un paragone …) a L.A. Confidential, anch’esso ambientato a Los Angeles anche se a qualche decennio di distanza. Questo ha storia e protagonisti più plausibili mentre l’altro, per quanto possa essere ben girato e interpretato, appare molto più campato in aria, troppi personaggi fuori di testa, violenza gratuita ed eccessiva, sparatoria interminabile (con il 90% di colpi a vuoto, pur essendo opera di professionisti), corruzione alle stelle … una vera americanata, anche se di ottimo livello.Anche questo imperdibile per chi non l’avesse ancora visto.

  

Anatomy of a Murder (Otto Preminger, USA, 1959)

(IMDb 8,0 e RT 100%, 7 Nomination)

Classico court room movie, ma con una buona vena ironica e con un crimine poco chiaro. Un avvocato quasi ritiratosi dall’attività (James Stewart), accetta di difendere un militare (Ben Gazzara) che avrebbe ucciso il presunto violentatore della sua provocante moglie (Lee Remick). Dovrete guardare il film fino alla fine per sapere, forse, come son andate verament le cose. Vari sono i personaggi quasi da commedia; oltre all’avvocato difensore, ci sono i suoi due assistenti e il giudice (nuovo per quel tribunale), mentre le parti più serie e drammatiche sono riservate al presunto colpevole e all’avvocato inviato a supporto del D.A. (George C. Scott), arrogante e minaccioso, ma spesso messo alla berlina dall’umile avvocato di provincia. Per oltre 2 ore Otto Preminger tiene alta l’attenzione degli spettatori fra le indagini dell’avvocato in ambiente ostile, le civetterie della donna e i battibecchi in tribunale. Ottimo film di genere che, per definizione, prevede poca azione. Consigliato a quelli ai quali piacciono argute discussioni, dialoghi, stilettate e arguzie verbali, condite con una certa suspense.

L.A. Confidential (Curtis Hanson, USA, 1997)

(IMDb 8,2 e RT 99%, 2 Oscar e 7 Nomination, 124°)

Come molti avranno già intuito, a prescindere dai giudizi di tanti altri, questo film che già mi lasciò qualche perplessità anni fa, continua a non convincermi. Lo trovo esagerato, con personaggi molto sopra le righe e di caratteri completamente opposti, che convivono nello stesso distretto di polizia, nel quale il senso della legge è quasi del tutto assente. Pestaggi selvaggi, si alternano a incontri con la femme fatale di turno (Kim Basinger), gli intrecci fra politica, soldi, potere e polizia sono troppo spinti ed i comportamenti dei singoli sembra poco plausibile. I tre poliziotti sono ben interpretati da Kevin Spacey, Russel Crowe e Guy Pearce, anche James Cromwell fa la sua brava figura, mentre assolutamente ridicolo appare Danny DeVito; secondo me, la cosa peggiore è la sceneggiatura e a ciò si aggiunge la regia di Curtis Hanson (solo 14 film in 40 anni, chissà come mai) che lascia abbastanza a desiderare.

 

#cinema #cinegiovis

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