Soddisfacente cinquina molto varia, con la sempre piacevole ri-visione di Belleville e l'assoluta sorpresa di un film messicano con una travagliata storia alle spalle. Completano il gruppo uno dei tanti discussi film di Ripstein, un moderno film di un esordiente messicano e una (almeno a me) sconosciuta commedia americana che vede protagonisti due attori di solito drammatici.
Les triplettes de Belleville (Sylvain Chomet, Fra, 2003)
Ingegnoso film di animazione, praticamente
senza dialoghi (solo un paio di battute, simili, in apertura e chiusura) ma con
buona colonna sonora e significativi rumori d’ambiente. La storia si sviluppa
fra gli ambienti del ciclismo (fino al Tour de France) e quello dei gangster americani
con mille riferimenti al cinema e alla musica. Infatti, la maggior parte dei
personaggi sono caricature di star e chi osserva con attenzione i fondali
scoprirà titoli, locandine, foto certamente non inserite a caso e tanti altri
particolari significativi che per lo più danno un tocco di dark humor, più
facilmente apprezzabile dagli adulti. Qualcuno lo ha definito un film
anti-Disney, certamente basato su tratti di tutt’altro stile e non pensato per il
classico pubblico dei cartoni disneyani.
Da non perdere, specialmente per chi voglia gustare un’animazione arguta e diversa dalle solite banalità. 2 Nomination Oscar (animazione e canzone)
La mancha de
sangre (Adolfo Best Maugard, Mex, 1937)
Interessantissima visione, ma solo per puri
cinefili, meglio se anche conoscitori della Epoca de Oro del cinema
messicano. Si tratta dell’unico lungometraggio di Adolfo Best Maugard, rinomato
e poliedrico artista del circolo di Diego Rivera, Frida Kahlo, Orozco,
Tamayo, Siqueiros, insomma tutti i migliori della prima metà del
secolo scorso, acclamati internazionalmente. Di famiglia colta e danarosa da
adolescente già studiava arte a Parigi dove strinse amicizia con Matisse,
Cezanne e Gauguin. In quanto al cinema, frequentò Hollywood negli
anni ’20 e lì lanciò Dolores del Rio; tornato in Messico fu designato
quale supervisore di ¡Que viva México! (1931) di Eisenstein,
il regista russo che tanto avrebbe influenzato i cineasti messicani. La
sceneggiatura originale è di Miguel Ruiz Moncada (lo stesso di El
prisionero 13, 1933, primo segmento della Trilogia della rivoluzione
di Fernando de Fuentes) e nel ruolo di Camelia appare per la prima volta
come protagonista Estela Inda, divenuta poi famosa per Los olvidados
(1945) di Luis Buñuel.
La versione originale includeva molti
nudi integrali (artistici) e per tal motivo, nonostante i numerosi tagli preventivi,
fu proiettato solo per pochi giorni per poi riapparire in sala solo nel 1943,
ma per poche settimane. Dato per perduto (divenne uno dei titoli più ricercati)
riapparve solo 50 anni dopo ma con la sesta “pizza” senza sonoro e la nona e
ultima senza immagini.
Come appare chiaro anche ai non
cinefili, c’erano tutti gli elementi per giustificare il restauro del film e, dopo tanta attesa, proporlo al pubblico seppur mutilato, con una parte sottotitolata (dialoghi
interpretati tramite lettura labiale) e con il finale solo sonoro (lo schermo
appare grigio) nel quale si ascoltano poche frasi e numerosi spari. Nelle riprese si nota la visione artistica della composizione dell'immagine.
Infine, c’è da dire che La mancha de sangre viene spesso considerato come precursore e prototipo del genere cabaretera che tanto successo avrebbe avuto a partire dal decennio successivo e che comprende alcuni fra i più apprezzati film messicani quali i famosi Salón México (1949) e Víctimas del pecado (1951) di Emilio El Indio Fernández e Aventurera (1950) di Alberto Gout.
Principio y fin (Arturo Ripstein, Mex, 1993)
Come spesso accade nei film diretti da Ripstein,
anche in questo regna lo squallore, il degrado. Una famiglia della media
borghesia si trova ad affrontare seri problemi finanziari a seguito della
prematura e improvvisa morte del capofamiglia. Fra madre quasi oppressiva, tre
figli e una figlia, al di là dell’apparente sintonia e affetto, vengono fuori
disonestà, bugie, gelosie fin quasi all’odio e la serie di eventi sembra quasi
una gara a chi si comporti in modo più avventato se non stupido, spesso senza
rispettare alcuna regola sociale o morale.
La storia è un adattamento del romanzo omonimo
(1950) di Naguib Mahfouz, scrittore egiziano premio Nobel per la
letteratura nel 1988. Simile trasposizione di un altro suo romanzo dal Cairo al
Messico fu eseguita nel 1995 con El callejón de los milagros (diretto
da Jorge Fons, Menzione Speciale e Nomination Orso d’Argento a Berlino)
ma fate attenzione ai vari titoli riferiti a questa opera del 1947 e successivi
adattamenti. Internazionalmente è conosciuto come Midaq Alley
(trad. letterale), in spagnolo diventa El callejón de los milagros (Il
vicolo dei miracoli), in italiano il romanzo si chiama Vicolo del
mortaio, ma il film è Nel cuore della città. Avendo guardato
entrambi i film, sono incuriosito dai romanzi originali per comprendere come
siano stati adattati personaggi, culture e ambienti tanto diversi.
Classico Ripstein, non per tutti. IMDb 8,0, RT 89%p
Temporada de patos (Fernando Eimbcke, Mex, 2004)
In effetti somiglia più a una sit
comedy che a un film; meravigliano i ranking, in particolare il 91% (su ben
76 recensioni) di RT. Ci sono alcune trovate apprezzabili ed è ben realizzato con
un buon b/n, ma la sceneggiatura ha troppe pause, scene inutilmente stiracchiate
e pochissima azione.
Primo lungometraggio di Eimbcke,
che in precedenza aveva realizzato 8 corti e che con il film successivo (Lake
Tahoe, 2008) si fece notare a Berlino vincendo due Premi e con la
Nomination all’Orso d’Oro.
A una primissima impressione, direi che
ha bisogno di migliorare le sceneggiature, alle quali collabora.
The Lady Eve (Preston Sturges, USA, 1941)
Credo sia la prima volta che vedo Henry
Fonda in una commedia, abituato (come penso tutti) a conoscerlo come attore
drammatico o di film d’azione; quasi lo stesso dicasi per Barbara Stanwyck.
Seppur titubante, mi sono avventurato in questa visione incuriosito dalla
Nomination Oscar per la sceneggiatura e dagli eccellenti rating (IMDb 7,8, RT
100% e Metascore 96). Purtroppo, i miei sospetti erano fondati … a tratti
tendeva alla commedia romantica, altre volte allo slapstick, dialoghi e
personaggi insulsi, frequenti rovinose cadute del protagonista degne delle
peggiori commedie italiane. Veramente non capisco gli elogi … da evitare.
#cinegiovis #cinema #film
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