lunedì 21 settembre 2020

Micro-recensioni 311-315: messicani particolari, Henry Fonda commediante e un ottimo film d’animazione

Soddisfacente cinquina molto varia, con la sempre piacevole ri-visione di Belleville e l'assoluta sorpresa di un film messicano con una travagliata storia alle spalle. Completano il gruppo uno dei tanti discussi film di Ripsteinun moderno film di un esordiente messicano e una (almeno a me) sconosciuta commedia americana che vede protagonisti due attori di solito drammatici.

 

Les triplettes de Belleville (Sylvain Chomet, Fra, 2003)

Ingegnoso film di animazione, praticamente senza dialoghi (solo un paio di battute, simili, in apertura e chiusura) ma con buona colonna sonora e significativi rumori d’ambiente. La storia si sviluppa fra gli ambienti del ciclismo (fino al Tour de France) e quello dei gangster americani con mille riferimenti al cinema e alla musica. Infatti, la maggior parte dei personaggi sono caricature di star e chi osserva con attenzione i fondali scoprirà titoli, locandine, foto certamente non inserite a caso e tanti altri particolari significativi che per lo più danno un tocco di dark humor, più facilmente apprezzabile dagli adulti. Qualcuno lo ha definito un film anti-Disney, certamente basato su tratti di tutt’altro stile e non pensato per il classico pubblico dei cartoni disneyani.

Da non perdere, specialmente per chi voglia gustare un’animazione arguta e diversa dalle solite banalità. 2 Nomination Oscar (animazione e canzone)

La mancha de sangre (Adolfo Best Maugard, Mex, 1937)

Interessantissima visione, ma solo per puri cinefili, meglio se anche conoscitori della Epoca de Oro del cinema messicano. Si tratta dell’unico lungometraggio di Adolfo Best Maugard, rinomato e poliedrico artista del circolo di Diego Rivera, Frida Kahlo, Orozco, Tamayo, Siqueiros, insomma tutti i migliori della prima metà del secolo scorso, acclamati internazionalmente. Di famiglia colta e danarosa da adolescente già studiava arte a Parigi dove strinse amicizia con Matisse, Cezanne e Gauguin. In quanto al cinema, frequentò Hollywood negli anni ’20 e lì lanciò Dolores del Rio; tornato in Messico fu designato quale supervisore di ¡Que viva México! (1931) di Eisenstein, il regista russo che tanto avrebbe influenzato i cineasti messicani. La sceneggiatura originale è di Miguel Ruiz Moncada (lo stesso di El prisionero 13, 1933, primo segmento della Trilogia della rivoluzione di Fernando de Fuentes) e nel ruolo di Camelia appare per la prima volta come protagonista Estela Inda, divenuta poi famosa per Los olvidados (1945) di Luis Buñuel.

La versione originale includeva molti nudi integrali (artistici) e per tal motivo, nonostante i numerosi tagli preventivi, fu proiettato solo per pochi giorni per poi riapparire in sala solo nel 1943, ma per poche settimane. Dato per perduto (divenne uno dei titoli più ricercati) riapparve solo 50 anni dopo ma con la sesta “pizza” senza sonoro e la nona e ultima senza immagini.

Come appare chiaro anche ai non cinefili, c’erano tutti gli elementi per giustificare il restauro del film e, dopo tanta attesa, proporlo al pubblico seppur mutilato, con una parte sottotitolata (dialoghi interpretati tramite lettura labiale) e con il finale solo sonoro (lo schermo appare grigio) nel quale si ascoltano poche frasi e numerosi spari. Nelle riprese si nota la visione artistica della composizione dell'immagine.

Infine, c’è da dire che La mancha de sangre viene spesso considerato come precursore e prototipo del genere cabaretera che tanto successo avrebbe avuto a partire dal decennio successivo e che comprende alcuni fra i più apprezzati film messicani quali i famosi Salón México (1949) e Víctimas del pecado (1951) di Emilio El Indio Fernández e Aventurera (1950) di Alberto Gout.

  

Principio y fin (Arturo Ripstein, Mex, 1993)

Come spesso accade nei film diretti da Ripstein, anche in questo regna lo squallore, il degrado. Una famiglia della media borghesia si trova ad affrontare seri problemi finanziari a seguito della prematura e improvvisa morte del capofamiglia. Fra madre quasi oppressiva, tre figli e una figlia, al di là dell’apparente sintonia e affetto, vengono fuori disonestà, bugie, gelosie fin quasi all’odio e la serie di eventi sembra quasi una gara a chi si comporti in modo più avventato se non stupido, spesso senza rispettare alcuna regola sociale o morale.

La storia è un adattamento del romanzo omonimo (1950) di Naguib Mahfouz, scrittore egiziano premio Nobel per la letteratura nel 1988. Simile trasposizione di un altro suo romanzo dal Cairo al Messico fu eseguita nel 1995 con El callejón de los milagros (diretto da Jorge Fons, Menzione Speciale e Nomination Orso d’Argento a Berlino) ma fate attenzione ai vari titoli riferiti a questa opera del 1947 e successivi adattamenti. Internazionalmente è conosciuto come Midaq Alley (trad. letterale), in spagnolo diventa El callejón de los milagros (Il vicolo dei miracoli), in italiano il romanzo si chiama Vicolo del mortaio, ma il film è Nel cuore della città. Avendo guardato entrambi i film, sono incuriosito dai romanzi originali per comprendere come siano stati adattati personaggi, culture e ambienti tanto diversi.

Classico Ripstein, non per tutti. IMDb 8,0, RT 89%p

Temporada de patos (Fernando Eimbcke, Mex, 2004)

In effetti somiglia più a una sit comedy che a un film; meravigliano i ranking, in particolare il 91% (su ben 76 recensioni) di RT. Ci sono alcune trovate apprezzabili ed è ben realizzato con un buon b/n, ma la sceneggiatura ha troppe pause, scene inutilmente stiracchiate e pochissima azione.

Primo lungometraggio di Eimbcke, che in precedenza aveva realizzato 8 corti e che con il film successivo (Lake Tahoe, 2008) si fece notare a Berlino vincendo due Premi e con la Nomination all’Orso d’Oro.

A una primissima impressione, direi che ha bisogno di migliorare le sceneggiature, alle quali collabora.

The Lady Eve (Preston Sturges, USA, 1941)

Credo sia la prima volta che vedo Henry Fonda in una commedia, abituato (come penso tutti) a conoscerlo come attore drammatico o di film d’azione; quasi lo stesso dicasi per Barbara Stanwyck. Seppur titubante, mi sono avventurato in questa visione incuriosito dalla Nomination Oscar per la sceneggiatura e dagli eccellenti rating (IMDb 7,8, RT 100% e Metascore 96). Purtroppo, i miei sospetti erano fondati … a tratti tendeva alla commedia romantica, altre volte allo slapstick, dialoghi e personaggi insulsi, frequenti rovinose cadute del protagonista degne delle peggiori commedie italiane. Veramente non capisco gli elogi … da evitare.

  

#cinegiovis #cinema #film

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