Gruppo misto con due documentari particolari, un biopic artistico, un ottimo classico americano sostanzialmente romantico e un interessantissimo esordio di una regista indiana (di nascita).
Amu (Shonali Bose, 2005, Ind/USA)
Interessante
sorpresa questo film scritto e diretto da Shonali Bose; si tratta del
suo esordio alla regia, con sceneggiatura tratta da un suo proprio romanzo.
Interessante il contesto che non solo mette a confronto life style americana e
indiana, ma nell’ambito di quest’ultima anche le grandi differenze sociali
alternando scene in ricchissime magioni a quelle negli slums. Ma c’è di più … riporta
all’attenzione generale i terribili moti di Delhi del 1984 (noti come massacro
dei Sikh) successivi all’assassinio di Indira Gandhi. La protagonista è una
giovane indiana adottata e trasferitasi negli USA all’età di 3 anni e ora,
appena laureata, decisa a sapere di più in merito ai luoghi e l’ambiente nei
quali aveva passato i suoi primi anni di vita.
Love Affair (Leo McCarey,
1939, USA)
Film di successo
interpretato da Irene Dunne e Charles Boyer, che vide un remake
diretto dallo stesso regista nel 1957 (con Deborah Kerr e Cary Grant),
un altro del ’94 (con Annette Bening e Warren Beatty, un flop) e
altri due adattamenti prodotti in India. Film romantico, pieno di buoni
sentimenti e di ottimismo (nonostante varie disavventure), a tratti quasi
strappalacrime ma anche con un certo senso dell’umorismo, specialmente nelle
caratterizzazioni dei personaggi di contorno. Un film classico di fine anni
’30, ben diretto e ottimamente interpretato … attori di altri tempi. Le 6
Nomination Oscar (miglior film, Irene Dunne protagonista, Maria
Ouspenskaya non protagonista, sceneggiatura originale, scenografia e
canzone) dimostrano la sua qualità, anche se alla fine non ottenne nessuna
statuetta. Se piace il genere, è da non perdere.
The Matador (Stephen Higgins, 2008, USA/Spa)
Buon
documentario su uno specifico torero, non sulla corrida in generale, diretto da
un americano non di radicata tradizione taurina. Il protagonista è David
Fandila, noto come El Fandi, fra i più famosi matador di
questo secolo. Arriva tardi nelle arene, prima era sciatore di successo e
faceva parte della nazionale giovanile spagnola. Dotato di grande volontà e
ottimo atleta, debuttò a 19 anni, apprese molto velocemente le arti della
tauromachia e dopo pochi anni era già fra i migliori del mondo e riuscì a
entrare nella sparuta cerchia di matadores con più di 100 corride
completate in un anno. Nel documentario si dà anche molto spazio alla famiglia
e alla sua cuadrilla, nonché a esperti del settore e perfino quelli che
vorrebbero che le corride fossero definitivamente abolite. Se si sopporta la
vista di stoccate mortali e incornate, vale senz’altro la pena di guardarlo in
quanto è ben realizzato e non è assolutamente una semplice glorificazione del
torero.
Moulin Rouge (John Huston,
1952, UK/Fra)
Interessante biopic
di Henry de Toulouse-Lautrec che rapidamente descrive un ampio arco di
tempo, dall’infanzia nel castello di famiglia e l’incidente che lo rese
semi-invalido, al trasferimento a Parigi dove raggiunse il successo ma con la
sua vita dissoluta finì di rovinarsi la salute e fino alla morte (a soli 37
anni). Notevole l’interpretazione di José Ferrer che doveva apparire quasi come
un nano, ma certamente ben lontana dalle ineguagliabili trasformazioni di Lon
Chaney. Particolarmente interessante la ricostruzione dell’ambiente bohemien
di Montmartre, forse con qualche esagerazione nei personaggi come la Goulue.
Vinse 2 Oscar (scenografia e costumi) e ottenne altre 5 Nomination (miglior
film, regia, José Ferrer protagonista e Colette Marchand non protagonista,
montaggio).
Fait vivir (Oscar Ruíz
Navia, 2019, Col/Can)
Documentario che
segue una tournée in Colombia della Gypsy Kumbia Orchestra, una
formazione artistica che, oltre ai musicisti, comprende anche ballerini, mimi e
acrobati di tante nazionalità diverse. Dalla descrizione e dal trailer mi
aspettavo più spettacolo, ma in realtà si perde in lunghe riprese dei
componenti del gruppo e del bambino che funge da voce narrante. Interessante e
piacevole per le musiche che vanno dai ritmi latini ai caratteristici fiati
klezmer, abbastanza noioso per il resto.
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