venerdì 31 dicembre 2021

Micro-recensioni 381-385: solo Messico … un anti-western, 2 noir e 2 commedie

Ultimo post del 2021, ma non sono gli ultimi film di quest’anno. Entrambi i noir sono diretti da Roberto Gavaldón (un maestro del genere) e interpretati da Arturo de Córdova e appartengono al periodo della Epoca de Oro del Cine Mexicano. L’anti-western (o western revisionista che si voglia chiamare) si basa su evento che può sembrare banale e già utilizzato, ma gli sviluppi e la morale sono ben differenti. Infine le due commedie sono le ultime di buon livello di Cantinflas, nel periodo ne quale abbandonò i ruoli più ridicoli di povero diavolo, buono ma pasticcione e a volte incapace, per impersonare personaggi normalmente rispettati nella società che gli fornivano la possibilità di ridicolizzare i formalismi e criticare alcuni comportamenti.

 

La diosa arrodillada
(Roberto Gavaldón, 1947, Mex)

In questo film Arturo de Córdova è un ricco industriale con una casa immensa (sale enormi, scaloni e giardino) che si trova a dover scegliere fra sua moglie (Rosario Granados) ed una modella (Maria Felix) non del tutto onesta. Fra vari tira e molla, bugie, feste e troppo alcool il protagonista percorre una strada molto pericolosa e la precaria salute di sua moglie si rivela essere un ulteriore rischio. Non aggiungo altro per evitare spoiler, ma confermo solo che questo noir è valido sotto tutti i punti di vista: regia, fotografia di Alex Phillips (all’epoca secondo solo a Gabriel Figueroa), interpretazioni e sceneggiatura di Tito Davison (rispettato anche come regista). Nei primi 40 posti fra i migliori film messicani sia nella classifica del 1994 che nel 2020.

En la palma de tu mano (Roberto Gavaldón, 1950, Mex)

Al contrario dell’altro, qui Arturo de Córdova è quello che tenta di circuire/ricattare e non quello che subisce. Interpreta un sedicente veggente (il Prof. Jaime Karin) che, per un colpo di fortuna viene a conoscenza di fatti che pensa di poter sfruttare a proprio vantaggio (economico). Ma nessuno dei due ricattati è uno stinco di santo e così inizia un pericoloso gioco a tre, con obiettivi omicidi che si concluderà con interessanti colpi di scena. Rispetto al precedentemente commentato, questo volge più al crime ed alla violenza palese, non subdola. Buon noir con ottimi momenti di suspense.

  

Los hermanos Del Hierro
(Ismael Rodriguez, 1961, Mex)

Nella nota prima classifica dei migliori 100 film messicani (1994) si trovava al 15° posto ed in quella del 2020 resisteva ancora al 22°, nonostante l’ingresso dei nuovi registi compresi los tres amigos (Del Toro, Iñárritu e Cuarón) di caratura internazionale. Uno dei rari film messicani candidati ai Golden Globes (per la regia). Come anticipato, l’evento iniziale (un assassinio a sangue freddo) e il filo conduttore (i figli presenti al fatto quando erano piccoli spinti dalla madre a vendicarsi) possono sembrare banali, ma il rapporto che si sviluppa fra i due fratelli - di carattere quasi completamente opposti e con morali di vita ben differenti – sarà causa di numerosi scontri. Molto ben interpretato, non solo da Columba Domínguez nel ruolo della madre ma anche da Antonio Aguilar che qui non appare nelle sue usuali vesti di attore/cantante. Inoltre, in piccole parti appaiono tanti famosi attori dell’epoca fra i quali Emilio Fernández, Ignacio López Tarso, David Silva e José Elías Moreno. Apprezzabile anche la fotografia (b/n) e l’ambientazione.

El padrecito (Miguel M. Delgado, 1964, Mex)

Questo è uno dei miei preferiti di Cantinflas, trovandosi a metà strada fra i classici che gli diedero fama e quelli con chiari risvolti morali, politici o sociali. Il padrecito è un sacerdote non proprio giovanissimo che ha il suo primo incarico da parroco e dovrebbe sostituire un anziano collega in una piccola cittadina. Per motivi molto diversi si trova ad avere tutti contro: la sorella del parroco, il parroco stesso che non vorrebbe lasciare l’incarico, il ricco possidente che lo raggira e istiga la popolazione ad opporsi al nuovo arrivato. Questa situazione dà luogo ad una serie infinita di gag e di discussioni con personaggi sicuramente peculiari, ma in questo ruolo Cantinflas ha anche modo di reinterpretare a proprio modo religione e sacre scritture secondo la sua logica molto particolare esposta con la solita quasi incomprensibile logorrea.

Su excelencia (Miguel M. Delgado, 1967, Mex)

Molti associano questo film a Il dittatore (1940, di Charlie Chaplin) per la presentazione in chiave satirica della contrapposizione dei grandi blocchi politici, ma se allora si era agli inizi della WWII con i noti schieramenti e con protagonista un dittatore professionista, qui Cantinflas, interpreta un ambasciatore per caso, di una repubblica senza potere economico né militare, in piena guerra fredda. La prima parte è un po’ farraginosa e poco avvincente ma dal momento in cui, esauriti tutti i possibili candidati il funzionario Lopitos viene nominato ambasciatore, la storia prende tutt’altra piega. Si deve conoscere la lingua per apprezzare tutti i nomi dei diplomatici e delle repubbliche che rappresentano, ma alcuni sono facilmente comprensibili. Oltre a ridicolizzare tutte le cerimonie, etichette, onorificenze, ecc. ci sono intrighi, talpe e spie, e nel discorso conclusivo all’Assemblea (ONU) divisa fra rossi e verdi il protagonista non risparmia nessuno. Come tutti gli altri film di Cantinflas si dovrebbe guardare in versione originale.

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