lunedì 13 dicembre 2021

Micro-recensioni 361-365: ultimo indiano e 4 noir USA classici

Praticamente 5 noir, due dei quali uniti da nome e soggetto e uno di essi è collegato ad un altro per ruolo della cattiva stampa (quella scandalistica) che ad arte accende gli animi diffondendo notizie più o meno distorte e/o voci non confermate.

 
Fury (Fritz Lang, 1936, USA) tit. it. Furia

Primo film di Lang oltreoceano, con un tema che qualcuno vuole assimilare a quello di M – il mostro di Dusseldorf (1931) anche se il delitto in questione è di differente tipo. Il lingiaggio al quale si assiste non è di quelli visti e rivisti in tanti film, di stampo razzista, portati a termini per strada o casomai di notte con tanto di incappucciati e croci in fiamme. Qui sono tutti bianchi e si tratta semplicemente di feroce vendetta verso un sospettato, ancora non processato e tantomeno colpevole. Sembra singolare che le immagini che vengono proposte per descrivere l’assalto alla prigione al centro della cittadina somiglino tanto a quelle viste in tutto il mondo neanche un anno fa, con una massa di esagitati (donne comprese) che hanno la meglio su uno sparuto gruppo di tutori della legge e distruggono tutto ciò che trovano (visto anche in Italia poche settimane fa). In 85 anni niente è cambiato ed il protagonista Joe Wilson (Spencer Tracy) ha perfettamente ragione quando afferma: The mob doesn't think. It has no mind of its own. (La folla non pensa. Non ha una sua propria mente). Nomination Oscar per la sceneggiatura.

The Sound of Fury (Cy Endfield, 1950, USA) aka Try and Get Me! - it. L'urlo della folla

Il regista fu uno di quelli che a causa del maccartismo decise di venire oltreoceano (in UK) per continuare a lavorare alla luce del sole, mentre altri abbandonarono la professione o operarono sotto falso nome (fra i più famosi il regista Edward Dmytryk e lo sceneggiatore Dalton Trumbo), percorso inverso a quello che effettuarono tanti mitteleuropei (specialmente se di origine ebrea) negli anni ’30 e, per nostra fortuna, migliorarono la qualità media dei prodotti hollywoodiani. Prima di dirigere i suoi primi corti Cy Endfield ebbe occasione di apprendere molto da Orson Welles il quale si era interessato a lui per la sua abilità nella micromagia, arte della quale era appassionato. Questo è il secondo e ultimo lungometraggio USA ed ha in comune il soggetto con l’appena commentato Fury: un linciaggio moderno, con assalto alla prigione del distretto di polizia. In questo caso buona parte della colpa viene attribuita a giornalista che, pur senza elementi certi, aizza i più facinorosi che a loro volta scaldano gli animi della folla.

  
Scandal Sheet (Phil Karlson, 1952, USA) tit. it. Ultime della notte

Sono sempre stato affascinato dai tempi della stampa americana, cioè dai quotidiani che in presenza di notizie fresche e di interesse delle masse (specialmente quelle scandalistiche) stampavano più edizioni al giorno per poi mandarle subito in vendita con l’aiuto degli strilloni. Un giornale di questo tipo ha un nuovo redattore capo privo di scrupoli che mira solo ad aumentare le vendite, contro l’opinione dei tradizionali proprietari ma appoggiato da aspiranti giornalisti rampanti. Le cose si complicano quando lui stesso si troverà invischiato per puro caso in una storia da prima pagina. Buon noir non convenzionale.

Somewhere in the Night (Joseph L. Mankiewicz, 1946, USA) tit. it. Il bandito senza nome

Soggetto apparentemente semplice: un militare torna dal Pacifico con una amnesia totale; ha solo un nome e pochissimi indizi per ricostruire la propria identità. La sceneggiatura diventa così molto intricata, piena di sorprese e con tanti personaggi che mentono continuamente e a ragion veduta in quanto sono in ballo 2 milioni di dollari, scomparsi tre anni prima. Quasi nessuno è certo della vera identità degli altri e ancor meno sono chiari i loro ruoli. Nel corso del film aumentano costantemente i misteri e i morti; una buona sceneggiatura originale scritta in parte dallo stesso regista. Consigliato.

Don't Cry for Salim (Saeed Akhetar Mirza, 1989, Ind)

Un piccolo delinquente di basso livello, appoggiato da due compari più scalcagnati di lui, giustifica le sue attività per aiutare la famiglia, con padre disoccupato e sorella da sposare. Dopo aver disprezzato in un primo momento il possibile sposo (colto e musulmano, ma con scarsi mezzi economici) si rende conto che molti dei propri valori sono sbagliati. Tenterà di uscire dal giro e riabilitarsi con un lavoro onesto ma, si sa, lasciare tale ambiente non è facile, in nessuna parte del mondo. Come mostrato in molti altri film dell’epoca, la questione della divisione fra hindu e musulmani, anche dopo la scissione del Pakistan (di religione islamica) dall’India (hindu), è stato causa di attriti, ripicche e anche tanti atti violenti. Nel film glia argomenti divisivi religiosi si uniscono quindi a quelli della piccola criminalità che taglieggia anche i più poveri.

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