giovedì 4 novembre 2021

Micro-recensioni 316-320: capolavoro di un secolo fa e 3 film non canonici

Due film della Nouvelle Vague usciti quasi contemporaneamente, ma agli antipodi fra di loro, e un indie americano diretto da un promettente regista figlio di immigrati iraniani fanno da contorno a uno dei capolavori muti di Fritz Lang: Il dottor Mabuse.

Dr. Mabuse, der Spieler (Dr. Mabuse, il giocatore) (Fritz Lang, 1922, Ger)

  • Parte I: Der große Spieler. Ein Bild der Zeit (Il grande giocatore. Un quadro dell'epoca)
  • Parte II: INFERNO. Ein Spiel von Menschen unserer Zeit (INFERNO. Un dramma di uomini della nostra epoca).

Un film emblematico dell’espressionismo tedesco degli anni ’20, diretto da Fritz Lang al suo apice artistico, subito dopo Destino (1921) e prima de I Nibelunghi (1924) e Metropolis (1927), una serie incredibile di pietre miliari del cinema. Seppur concepito come unico film, fu per lo più distribuito in due parti a causa delle sue oltre 4 ore di durata. Il personaggio del genio criminale trasformista è interpretato dall’iconico attore Rudolf Klein-Rogge che poi, ancora diretto da Lang, sarebbe stato King Etzel in I Nibelunghi e l’inventore in Metropolis. Il personaggio del Dr. Mabuse era stato creato appena l’anno precedente da Norbert Jacques, lussemburghese di nascita, naturalizzato tedesco. Quello del 1921 ebbe tale successo (mezzo milione di copie vendute) da spingere l’autore a scrivere altri romanzi con lo stesso protagonista. Nonostante la durata, il film risulta scorrevole e avvincete, con molta azione e tanti personaggi. Per lo stile dell’epoca è senz’altro ben interpretato e magistralmente diretto. Se appena sopportate i muti, questo è uno di quelli da non perdere.

Les demoiselles de Rochefort (Jacques Demy, 1967, Fra)

Stile diverso rispetto al precedente Les parapluies de Cherbourg, stavolta ci sono i dialoghi non cantati e anche le coreografie, quindi è più vicino ai musical tradizionali. I numeri di ballo son ben distribuiti durante l’arco dell’intero film e si svolgono sono soprattutto in esterni. La trama, divertente, si sviluppa su una quantità di incontri mancati per poco, incontri casuali, persone che inaspettatamente ricompaiono, persone che non sono chi sembrano essere. Cast più che buono con una giovane Catherine Deneuve (ancora 23enne) protagonista anche del precedente musical di Demy) che balla spesso con la sua gemella (ma solo nel film) Françoise Dorléac, con due divi dei musical americani come Gene Kelly (che tutti conoscono) e George Chakiris (Oscar in West Side Story) e l’immancabile Michel Piccoli, sempre bravo. Se è piaciuto a me (e più del precedente) che non sono amante di questo genere di film penso che possa piacere anche a tanti altri.  

Goodbye Solo (Ramin Bahrani, 2008, USA)

Buon indie del giovane regista/sceneggiatore/produttore Ramin Bahrani, all’epoca 33enne e già alla sua quarta esperienza; attualmente conta ben 19 Premi e 20 Nomination, fra le quali quella per l’Oscar 2021 per la sceneggiatura (The White Tiger). Di questo figlio di immigranti iraniani Roger Ebert affermò "… è il nuovo grande regista americano". Trama molto originale che vede impiegato un cast estremamente ridotto avendo come personaggi principali un tassista senegalese chiacchierone e intraprendente e un suo (inizialmente) cliente abbastanza depresso. Una parte minore, ma relativamente importante, è affidata alla giovanissima Diana Franco Galindo la quale, seppur brava, non ha continuato nella carriera artistica preferendo impegnarsi nel sociale. Intreccio di storie di persone sostanzialmente sole, non sempre per propria scelta.  Premio FIPRESCI a Venezia

2 ou 3 choses que je sais d'elle (Jean-Luc Godard, 1967, Fra)

Pur preferendo senza dubbio Godard a Truffaut, devo ammettere che questo film non è uno dei migliori del regista e certamente fra i meno notevoli dei prodotti della Nouvelle Vague, movimento del quale i due furono i più noti rappresentanti. Troppo parlare, con la flebile voce fuori campo quasi fastidiosa, troppi sguardi in camera a mo’ di documentario. Non si può negare che alcuni temi affrontati siano interessanti, ma non c’è continuità di storia, né di concetti, né di personaggi. Certamente trascurabile nell’ambito di un periodo che comunque è sempre stato, secondo me, sopravvalutato.

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