martedì 30 novembre 2021

Micro-recensioni 346-350: noir giapponesi degli anni ’50-‘60

Pur avendo altra morale, differente tipo di criminalità e di codici rispetto agli americani, i noir giapponesi non sono da sottovalutare assolutamente, anche se in alcune situazioni mostrano segni di emulazione (plagio o omaggio?) nei confronti dei classici hollywoodiani dei decenni precedenti. Questa cinquina compone anche una collezione prodotta Eclipse e commercializzata da Criterion con l’elemento comune ben esplicitato nel titolo: Nikkatsu Noir. Di due film è protagonista la star dell'epoca Jô Shishido, riconoscibilissimo per le sue guance prominenti (chirurgicamente modificate), oltre 200 film al suo attivo interpretando per lo più gangster, yakuza e noir, ma a fine carriera partecipò anche a film erotici (i famosi roman porno), diventato estremamente famoso nel 1967 per il suo ruolo in Branded to Kill (diretto da Seijun Suzuki, tit. it. La farfalla sul mirino). 

Segnalo queste due interessanti pagine (in inglese) nelle quali si trovano succinte trame e recensioni dei film inclusi nel cofanetto.

Presentazione dei film del cofanetto su criterion.com

Dettagliate recensioni dal sito dvdbeaver.com

 

I Am Waiting (Koreyoshi Kurahara, 1957, Jap)

Senza dubbio il mio preferito fra i cinque, l’ho trovato veramente interessante, sia per la realizzazione che per la buona trama che si arricchisce di nuovi elementi man mano che si procede, fra il passato dei vari protagonisti che viene lentamente alla luce e gli sviluppi che ne conseguono.

Rusty Knife (Toshio Masuda, 1958, Jap)

Altro film con trama originale che si basa su avvenimenti degli anni precedenti che risultano poi essere la connessione fra il protagonista e la figlia di un ufficialmente suicida, invece assassinato. In sostanza si tratta di un giovane che vorrebbe cancellare il suo violento passato e cambiar vita, ma la riqualificazione, si sa, non è mai troppo semplice.

  

Cruel Gun Story
(Takumi Furukawa, 1964, Jap)

Costanti scontri a fuoco producono una vera strage, eppure il film non è splatter; si può scommettere che è fra quelli apprezzatissimi da Quentin Tarantino e Takeshi Kitano, che non hanno mai fatto mistero della loro ammirazione per questo genere. Un carcerato viene fatto evadere per collaborare ad un grosso colpo, un attacco ad un furgone blindato, pieno di milioni di yen, in banconote non rintracciabili visto che si tratta dell’incasso delle scommesse di un ippodromo. La spartizione del bottino non si rivelerà così semplice.

A Colt Is My Passport (Takashi Nomura, 1967, Jap)

In questo caso si tratta di un killer professionista che, dopo aver portato a termine il suo contratto in modo assolutamente professionale, si ritrova alle calcagna non solo gli scagnozzi della vittima, ma anche quelli del mandante. Dovrà cercare di salvarsi, insieme con il suo giovane assistente e questo legame d’onore costituisce parte fondamentale dell’intero film. Ben realizzato sotto tutti gli aspetti, fin dall’inizio colpisce anche il commento musicale di tipo western, anche con tanti fischiettii e trombe in stile Morricone / Leone.

Aim at the Police Van (Seijun Suzuki, 1958, Jap)

Questo è stato quello meno convincente, sia per la sceneggiatura che per la realizzazione. La storia è inutilmente intricata e il buono, pur non essendo un professionista, procede troppo facilmente e si destreggia fra una serie di tradimenti e personaggi misteriosi. Nel complesso risulta poco credibile, a tratti stucchevole e per lo più scontato.

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