Altra cinquina assortita, con un crime diretto da un maestro dei western, un medio e un lungometraggio messicani riproposti dalla UNAM, un noiosissimo acclamato (sopravvalutato, 4 Nomination Oscar) film in costume e un pietoso remake di un classico italiano.
Mystery Street (John Sturges,
1950, USA)
A chi ha poca
memoria o attenzione per i nomi ricordo che l’ottimo Sturges fu il
regista non solo di tanti western (fra i quali I magnifici 7 e Sfida
all’OK Corral), ma anche di altri pregevoli film come La grande
fuga, Il vecchio e il mare e Bad Day at Black Rock
(semisconosciuto in Italia con nome Giorno maledetto). A questo Mystery
Street mi riferivo nel titolo del post citandolo come antesignano dei
film nei quali un crimine misterioso viene risolto grazie all’aiuto della
scienza. Storia ben congegnata e ben descritta che vede la fattiva
collaborazione di un giovane investigatore tradizionale e un ricercatore di
Harvard. Gli interessanti indizi “scientifici” vengono ben miscelati con quelli
inevitabilmente lasciati qui e là da vittima, ingiustamente accusato e
assassino. Alcuni sono sapientemente fatti passare sotto al naso dell’investigatore,
altri saranno invece notati e porteranno a conclusione le indagini. I buoni
tempi e i twist, insieme al giusto uso delle casualità (per fortuna plausibili)
lo rendono un solido e piacevole crime/noir. Consigliato.
Tras el horizonte (Mitl Valdez, 1984,
Mex)
Mediometraggio sperimentale, 45 minuti di immagini in un’area rurale semidesertica, con un assassino in fuga e un inseguitore, entrambe a piedi. Si tratta di un adattamento di un racconto di Juan Rulfo, uno dei più importanti scrittori messicani del secolo scorso,; anche sceneggiatore e fotografo in campo cinematografico collaborò più volte con Gabriel García Márquez dal quale era molto stimato. In pratica non c’è dialogo, ma solo una voce narrante che rende noti i pensieri dei due nel corso del lungo inseguimento. Interessante realizzazione e buona trama, ma certamente è adatto solo a cinefili che si interessino di produzioni non convenzionali.
De todos modos Juan te llamas (Marcela
Fernández Violante, 1976, Mex)
Il pregio
principale di questo film (specialmente per i non messicani) e quello di parlare
di un quasi-guerra-civile che ebbe luogo fra il 1926 e il 1929: la Guerra de
los Cristeros (o Guerra cristera). A seguito di una legge
anticlericale emanata dal presidente Plutarco Elías Calles, gran parte
della popolazione rurale si ribellò armandosi e affrontando i soldati del
regime al grido di ¡Viva
Cristo Rey!. Pur non essendoci un esercito cristero, né grandi
battaglie né una vera e propria guerra, gli eventi causati dalla legge Calles,
furono di gran rilievo politico, coinvolgendo al di fuori del Messico sia il
Vaticano che gli Stati Uniti. Un pezzo di storia che tuttavia rimane abbastanza
nascosta e poche volte viene trattata e quindi è d’obbligo notare che fra gli
autori Graham Greene ambientò in tale periodo il suo romanzo The Power
and the Glory (giudicato fra i suoi migliori scritti), che poi fu
adattato per lo schermo per The Fugitive (1947, it. La croce
di fuoco), diretto da John Ford, con la consulenza di Emilio Indio
Fernández, e con un cast di rilievo che contava su Henry Fonda, Dolores
del Rio e Pedro Armendáriz. Questo film diretto da una delle poche
donne regista messicane dell’epoca (tit. int. The General's Daughter,
mai giunto in Italia) non ha grandi meriti ma in sostanza è ben realizzato ed
interessante dal pinto di vista storico.
Pride & Prejudice (Joe Wright,
2005, UK/Fra)
Delle 4
Nomination Oscar che ottenne tre furono in categorie “minori” quali
scenografia, costumi e commento sonoro originale, la quarta la ottenne Keira
Knightley come protagonista e su questa mi permetto di dissentire in quanto
durante tutto il film alterna sempre le stesse poche espressioni. Penso si
sappia che non sono un fanatico dei film romantici e/o sentimentali, ma questo
l’ho trovato veramente noiosissimo. Attribuendo ciò al testo originale di Jane
Austen, devo sottolineare che si tratta del film di esordio di Joe
Wright, del quale ho poi apprezzato il successivo Atonement
(2007, simile genere, ciò dimostra che non sono prevenuto) ed il relativamente
recente Darkest Hour (2017).
Welcome to Collinwood (Anthony
Russo, Joe Russo, 2002, USA)
Ennesimo pessimo
adattamento di un classico non americano in un remake, patetico e squallido. Nella
fattispecie l’originale è I soliti ignoti (1958, Mario
Monicelli) che viene distorto, volgarizzato, e neanche la presenza di George
Clooney (anche produttore), Sam Rockwell, Patricia Clarkson, William
H. Macy e altri decenti caratteristi possono risollevare Welcome to
Collinwood in quanto il grandissimo problema sta nella sceneggiatura.
Specialmente per noi italiani (ma oggettivamente per chiunque) non è pensabile
replicare i vari Vittorio Gassman, Totò, Marcello Mastroianni,
Claudia Cardinale, Renato Salvatori, Tiberio Murgia e l’ineffabile
Carlo Pisacane (Capannelle).
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