giovedì 15 aprile 2021

micro-recensioni 81-85: nettamente la migliore delle 3 cinquine di dark comedy

Terzo e ultimo gruppo di commedie infarcite di humor nero, sono tutte di diverso taglio ed ognuna di esse o batte su un tema sociale reale o è parodia di un genere … o unisce i due stili. Tanti ottimi attori, ma poche ultrapagate star, diretti da 3 noti e affidabili registi e un paio di pressoché sconosciuti (per Shane Black si trattò della sua prima regia, dopo varie sceneggiature).

Seven Psychopats (Martin McDonagh, 2012, USA/UK)

Secondo dei soli 3 lungometraggi di questo regista/sceneggiatore irlandese fuori del comune, fra In Bruges (2008) e Three Billboards Outside Ebbing, Missouri (2017), tutti chiaramente del genere dark comedy, di quelle più acide e senza sconti per nessuno. Soggetti e sceneggiature sono di ottimo livello ed evidentemente si tratta di una sua mania, già fattasi notare con la sua prima regia, il suo unico corto (Six Shooters, 2004) con il quale vinse l’Oscar di categoria. Per concludere il discorso sulla sua carriera, sappiate che è in produzione il suo nuovo film (al momento senza titolo) che vede di nuovo protagonisti Colin Farrell e Brendan Gleeson (già insieme in In Bruges). Fra i protagonisti di questo film si ritrovano vari attori del suo entourage, oltre a Farrell ci sono Sam Rockwell e Woody Harrelson (rispettivamente Oscar e Nomination non protagonisti in Three Billboards …) ed anche Zeljko Ivanek e Abbie Cornish che nello stesso film compaiono in ruoli minori; il cast è inoltre arricchito da attori e caratteristi di tutto rilievo quali Christopher Walken, Harry Dean Stanton e Tom Waits.  Venendo al soggetto, siamo di fronte ad un ennesimo film che tratta di una sceneggiatura di un altro film e le due trame si intrecciano avendo vari punti in comune. Il pacifico sceneggiatore, alla ricerca dei personaggi (psicopatici) per il suo lavoro, si trova coinvolto in un giro di rapimenti di cani a scopo estorsivo, ma uno di questi è l’idolatrato pet di un malavitoso dal grilletto facile e a partire da ciò i morti non si contano e si vanno a sommare alle vittime degli altri psicopatici. Da quanto anticipato mi sembra chiaro che, dal mio punto di vista, è un film da non perdere per la regia, i dialoghi, la sceneggiatura, le interpretazioni e (nel finale) anche i paesaggi desertici del SW americano. 

 

In the Loop (Armando Iannucci, 2009, UK)

Ottima commedia satirico politica che si sviluppa in un breve arco di tempo fra UK e USA che, per una serie di fraintendimenti e incaute esternazioni di politici, si trovano ad essere responsabili di un imminente conflitto. Pochi gli attori conosciuti ma per lo più protagonisti di solide interpretazioni. Primo lungometraggio diretto da Iannucci che di solito si limita ad essere sceneggiatore. In questo caso ripropone alcuni personaggi della serie televisiva da lui stesso creata The Thick of It, utilizzandone anche tre attori principali, interpreti degli stessi personaggi. Il turpiloquio, in particolare da parte dell’addetto stampa (un bravissimo Peter Capaldi), regna sovrano e ciò ha addirittura spinto qualcuno a contare quante volte si dica fuck … 135 volte! Certo il trattamento riservato ai politici, portaborse e assistenti vari, da entrambi i lati dell’oceano, non è tenero e tutti ne escono molto male. Nomination Oscar per la sceneggiatura alla quale ha collaborato lo stesso Iannucci.

Matchstick Men (Ridley Scott, 2003, USA)

Una volta tanto Nicholas Cage entra bene nel ruolo e convince (sarà perché interpreta un truffatore quasi psicopatico pieno di tic?), ma non è certo allo stesso livello di Sam Rockwell nel film è il suo compare. Bravi anche i tre co-protagonisti Alison Lohman, Bruce McGill e Bruce Altman. Anche in questo per lui insolito genere molto leggero Ridley Scott (The Duellists, Blade Runner, Thelma & Louise, Gladiator, American Gangster, …) gestisce la sceneggiatura, peraltro ottima, alla perfezione. Trama snella e divertente visto che si tratta di piccoli truffatori indipendenti. Le due ore scarse del film passano piacevolmente per chi non si aspetta un film “impegnato”, visto il regista.

 

God Bless America (Bobcat Goldthwait, 2011, USA)

Altro film indipendente con regista e cast misconosciuti che approfitta della libertà per criticare apertamente e senza remore tanti stili di vita americani, alcuni dei quali diffusi però in tante altre realtà. Le opinioni sono quasi sempre più che condivisibili anche se le conseguenti reazioni dei protagonisti non lo sono di certo … ma almeno non si nasconde nel qualunquismo. La pecca è quella di voler dire troppo (ripeto, critiche per lo più giuste) e quindi si fanno fare al protagonista sproloqui che risultano talvolta troppo lunghi … sembra di ascoltare le chiacchiere da bar di qualche criticone, ma anche in quei casi si ripetono concetti assolutamente veri. L’andamento del film diventa spesso un po’ surreale, tante situazioni sono poco plausibili, ma in effetti penso che qualunque spettatore di sani principi in fondo in fondo goda della “caccia ai cattivi” con ovvie conseguenze letali … si tratta di una commedia!

Kiss Kiss Bang Bang (Shane Black, 2005, USA)

Qui la parodia è diretta ai film crime-noir, con tanto di detective privato e uno sprovveduto civile coinvolti in un turbine di assassini e affari per niente chiari. Di ritmo rapidissimo con decine e decine di twist propone cadaveri che compaiono, scompaiono e si duplicano …, procedendo nella complicata storia aumentano anche i morti, ma ammazzati in diretta, e poi ci sono persone scomparse che ritornano, dubbi legami familiari, un’eredità milionaria. Il soggetto è divertente e la costruzione interessante, peccato che abbiano reso troppo stupido e insensato il personaggio interpretato da Robert Downey Jr.; la storia avrebbe funzionato egualmente anche con un protagonista un po’ più sveglio.

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