mercoledì 23 ottobre 2019

62° gruppo di 5 micro-recensioni 2019 (306-310)

Un lungo viaggio internazionale offre sempre buone occasioni per guardare tanti film e (in volo) vari quasi introvabili in Italia. La prossima cinquina comprenderà film che, probabilmente, non arriveranno mai in Italia, almeno nel circuito commerciale e quindi saranno visioni a dir poco insolite.
In questo gruppo ci sono due pietre miliari del cinema hollywoodiano, seppur ben distanti per anno di produzione, entrambe pluripremiati agli Oscar, seguiti da 3 di cinematografie (polacca, russa, egiziana) certamente poco presenti nei circuiti commerciali italiani, eppure uno è vincitore di Oscar e  un altro premiato a Venezia.

   

306  No Country for Old Men  (Joel Coen & Ethan Coen, USA, 2008) * Javier Bardem, Tommy Lee Jones, Josh Brolin * IMDb  8,1  RT  95%  * 4 Oscar (miglior film, regia, Javier Bardem non protagonista e sceneggiatura) e 4 Nomination (fotografia, montaggio, montaggio sonoro e mix sonoro)
Anche visto per la terza volta, dopo vari anni, questo film non perde il suo fascino. Il fatto che si sappia come vada a finire toglie molto poco agli occhi di chi sa apprezzare l’ottima messa in scena dei fratelli Coen che portarono a casa ben 3 Oscar personali (film, regia e sceneggiatura) nonché la Nomination per il montaggio. Dovendo prestare minor attenzione alla trama nuda e cruda, ci si può concentrare di più sui particolari, i tempi, gli angoli di ripresa e tutto il resto. Senz’altro la star del film è Javier Bardem e non solo per il personaggio e la sua indimenticabile acconciatura ma soprattutto per offrire una delle sue migliori interpretazioni; anche Josh Brolin svolge egregiamente il suo compito mentre Tommy Lee Jones è ancora una volta deludente.
La sceneggiatura (assolutamente degna dei fratelli Coen) presenta una buona serie di personaggi singolari che nella maggior parte dei casi si incontrano o scontrano in situazioni quasi estreme, senz’altro non ce ne sono di banali.
La tensione è assicurata grazie a vari momenti thriller, morti a volontà, finale volutamente e giustamente sospeso.
Da non perdere o da concedere una nuova visione per apprezzarlo meglio.

307  The Last Picture Show  (Peter Bogdanovich, USA, 1971) * con Ben Johnson, Jeff Bridges, Cibyl Sheperd * IMDb  8,0  RT  100%  * 2 Oscar (Ben Johnson e Cloris Leachman non protagonisti) e 6 Nomination (miglior film, regia, Jeff Bridges ed Ellen Burstyn non protagonisti, sceneggiatura e fotografia)
Prima di guardare (e apprezzare) questo film si dovrebbe ricordare che Bogdanovich fino a quel momento era stato soprattutto storico e critico cinematografico e che asseriva che tutto i migliori film erano già stati realizzati e c’era ben poco da aggiungere. Da questo punto di vista è quindi facile cogliere nello stile di questo film tante caratteristiche del cinema (soprattutto hollywoodiano) dei decenni precedenti.
Si tratta in effetti di un film corale nel quale è difficile individuare i veri protagonisti anche se, ovviamente, alcune storie sono più centrali delle altre. Non a caso ben quattro attori ottennero la Nomination come non protagonisti, due dei quali vinsero l’Oscar.
Tutto il cast funziona alla perfezione e la regia è precisa e puntuale, ottima la fotografia (in bianco e nero). Anche la sceneggiatura è certamente ben costruita spostando continuamente l’attenzione da un soggetto ad un altro, da una storia ad un’altra, ma tutto il contesto non è proprio attraente. Il modo in cui presenta la provincia americana è pressoché deprimente: dissoluta, triste, quasi senza speranza, decadente, lontana dal boom economico e dalla American way of life.
Peccato, per noi spettatori, che questo lavoro di Bogdanovich sia rimasto l’unico suo ottimo film. Ciò del resto accade spesso quando persone con grande esperienza nel settore cinematografico si cimentano nella regia mettendo tutto il loro sapere in un solo film, spesso il primo in assoluto o ill primo con un budget adeguato.
Assolutamente da non perdere.

       

310  Ida (Pawel Pawilowski, Pol, 2013) * con Agata Kulesza, Agata Trzebuchowska, Dawid Ogrodnik * IMDb  7,4  RT  96%  *  Oscar miglior film non in lingua inglese, Nomination per la fotografia
Ottimo film girato in ufficialmente in bianco e nero, ma lo definirei in tonalità di grigi, molto poco contrastato; penso che la Nomination per la fotografia sia stata più che meritata. Anche il formato scelto (1,37:1, Academy ratio) ed usato in modo singolare … nella maggior parte delle inquadrature (specialmente i CM) i soggetti si trovano nella metà inferiore, in alcuni casi nel terzo, quarto o addirittura quinto più basso. Sceneggiatura a sfondo psicologico, talvolta filosofico-religioso, ben distribuita, essenziale, sempre interessante. Anche le interpretazioni sono di livello, in particolare quello Agata Kulesza, che qualcuno ricorderà in Cold War (2018) dello stesso Pawilowski, 3 Nomination Oscar (film straniero, regia e fotografia) … dovrò cercare di recuperare i 4 precedenti di questo regista che ha diretto e sceneggiato solo 6 film in 20 anni.
In breve, Ida segue una novizia, orfana, che viene “costretta” dalla superiora ad andare a conoscere l’unica parente in vita conosciuta, prima a prendere i voti. Il contrasto fra le due donne è a dir poco netto, e verranno fuori molti particolari della vita della famiglia. Quali saranno gli effetti su ognuna di loro? Storia ben narrata, lineare ma con tanti riferimenti al passato, sia relativi alla guerra che alla politica dell’immediato dopoguerra.
Da non perdere.

308  The Postman's White Nights (Andrey Konchalovskiy, Rus, 2014) * con Aleksey Tryapitsyn, Irina Ermolova, Timur Bondarenko * IMDb  7,1  RT  86%  * 2 Premi per Konchalovskiy a Venezia
Girato praticamente senza set, ma in ambiente naturale ed in un minuscolo villaggio della Russia settentrionale, interpretato anche dai pochi abitanti dell’isola, questo film è al limite fra fiction e documentario … ottimo esempio di cinéma vérité, più che del realismo. Il postino
Lyokha rappresenta in pratica l’unico contatto fra il mondo della terraferma e molti dei membri della comunità. Ovviamente tutti si conoscono e in un modo o nell’altro sono partecipi della vita e dei problemi degli altri, che includono alcolismo, solitudine, pesca di frodo, risorse limitate.
Pregevole il lavoro cinematografico visto che l’intero cast è costituito da attori non professionisti, non ci sono effetti speciali, né trucchi, ne scenari artificiali.
Molto interessante ma, onestamente, non per tutti … è adatto solo a chi sa apprezzare il cinema nella sua essenza. Konchalovskiy è sa il fatto suo ed è quasi una garanzia, ma certamente non è "commerciale".

309  The Nile Hilton Incident (Tarik Saleh, Mar/Sve, 2017) * con Fares Fares, Mari Malek, Yasser Ali Maher * IMDb  6,8  RT  91% 
Procede a sprazzi, alcune trovate sono apprezzabili altre poco credibili, quasi senza senso. L'ambientazione temporale nei giorni dei noti scontri di Tahir square mi è sembrata pretestuosa non essendo essenziale per questo noir non del tutto egiziano. Infatti, il regista è sí de Il Cairo ma è stato costretto a girare in Marocco, con il coproduzione marocchina-svedese. C'è da chiedersi se la descrizione assolutamente negativa della corruzione totale ad ogni livello del potere e della polizia egiziani è stata causa o effetto del diniego. In tutta la storia non c'è un solo personaggio pulito.
Una regia titubante completa il quadro di questo film che, pur non essendo malvagio, sembra un'occasione mancata.

Le oltre 1.400 precedenti micro-recensioni dei film visti a partire dal 2016 sono sul mio sito www.giovis.com; le nuove continueranno ad essere pubblicate su questo blog. 

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