mercoledì 10 agosto 2016

Sempre alla moda, meglio se all'avanguardia

Volendo usare un eufemismo, direi che non sono molto coinvolto dalle mode, né dagli atteggiamenti e linguaggi in voga, eppure posso affermare di essere abbastanza attento al loro nascere, propagarsi, evolversi e, nella maggior pare dei casi, scomparire. 
Pertanto, per i miei prossimi viaggi, non penso di vestirmi come il giovanotto nella foto a sinistra (anticipazione moda uomo 2017).
Un interrogativo al quale non riesco a dare risposta (ma sembra che nessuno ne fornisca una certa e definitiva) è questa: fin a quale momento ci si lascia attrarre per apparire all’avanguardia, migliore degli altri, e di conseguenza a che punto si comincia a seguire il flusso più o meno passivamente solo per omologarsi e non sentirsi diversi, esclusi?
In un certo senso è come passare dall’esibizionismo alla mimetizzazione ... qual è il punto di svolta?
Come distinguere quelli che corrono subito ai ripari per non trovarsi indietro e quelli che per vari motivi (in primis luogo di residenza) si aggregano tardi, ma fra i primi nel loro ambiente?
  
Andando a ritroso, chi non ricorda cambiamenti drastici e frequenti, spesso in assoluto contrasto con soluzioni immediatamente precedenti? E che dire di oggetti cult, irrinunciabili? Jeans attillati, a zampa d’elefante, stracciati, bucati, a vita bassa, a vita bassissima con cavallo fra le ginocchia; minigonne, maxi-gonne, hot pants, pantacollant; palestrati, magrissimi, depilati, capelloni, capelli ricci, capelli lisci, codino, creste punk, trecce e treccine; stivali, stivaletti, mocassini, zatteroni, sandali, polacchine (famose le Clarks), Superga, All Star, scarpe a punta, tacchi a spillo, zeppe, ballerine; e poi piercing, tatuaggi, orecchini, collanine e braccialetti, sciarpe, scialli, kefiah, cappelli, eskimo, loden, bomber, k-way, zainetti Invicta, Swatch (20 milioni di pezzi venduti in 3 anni), Walkman, Tamagotchi e si potrebbe continuare all’infinito. Molti sono assolutamente scomparsi, qualcuno è ritornato a distanza di anni, pochi hanno avuto vita relativamente lunga.
  
In un mondo “normale”, con una parvenza di logica, si dovrebbe cambiare per il meglio, tendere alla comodità e alla salute, al proprio miglioramento in genere (incluso quello culturale, che vedo sempre più trascurato), eppure la maggior parte delle tendenze del momento sono in contrasto con tutto ciò.
Come mai lo stile precedente è sempre sbagliato? E’ possibile che ogni anno vadano di moda colori diversi e che molti riescano anche a fornirne motivazioni secondo loro valide e fondate? Tutto il passato è da buttare o, almeno, da rinnegare?
Non penso di affermare niente di nuovo avanzando il sospetto (altro eufemismo) che tutto è indirizzato a far mettere da parte il vecchio, anche se ancora valido o utile, e a spingere a spendere su nuovi articoli.
Incredibilmente i “pionieri”, quelli che vogliono essere sempre i primi, all’avanguardia, pagano cifre relativamente astronomiche per accaparrarsi le nuove uscite ... spesso oggetti non più utili di quelli dei quali erano già in possesso e pur sapendo che dopo qualche mese costeranno giusto la metà. Che senso ha?
Capisco che si possa essere soddisfatti di essere al centro dell’attenzione per qualcosa di originale e/o nuovo (anche se non positivo) o di non essere additati e presi in giro come “arretrati”,  ma a meno che non si tratti di qualcosa di necessario derivante da innovazioni o che siano le uniche possibilità offerte dal mercato o dalla società spero che ognuno si renda conto di essere quotidianamente raggirato e turlupinato dal mercato, mezzi di comunicazione, pubblicità.

Nessun commento:

Posta un commento