Volendo usare un eufemismo, direi che non
sono molto coinvolto dalle mode, né dagli atteggiamenti e linguaggi in voga,
eppure posso affermare di essere abbastanza attento al loro nascere,
propagarsi, evolversi e, nella maggior pare dei casi, scomparire.
Pertanto, per i miei prossimi viaggi, non penso di vestirmi come il giovanotto nella foto a sinistra (anticipazione moda uomo 2017).
Un interrogativo al quale non riesco a dare
risposta (ma sembra che nessuno ne fornisca una certa e definitiva) è questa:
fin a quale momento ci si lascia attrarre per apparire all’avanguardia, migliore
degli altri, e di conseguenza a che punto si comincia a seguire il flusso più o
meno passivamente solo per omologarsi e non sentirsi diversi, esclusi?
In un certo senso è come passare dall’esibizionismo
alla mimetizzazione ... qual è il punto di svolta?
Come distinguere quelli che corrono subito ai
ripari per non trovarsi indietro e quelli che per vari motivi (in primis luogo
di residenza) si aggregano tardi, ma fra i primi nel loro ambiente?
Andando a ritroso, chi non ricorda cambiamenti
drastici e frequenti, spesso in assoluto contrasto con soluzioni immediatamente
precedenti? E che dire di oggetti cult, irrinunciabili? Jeans attillati, a zampa d’elefante, stracciati, bucati, a vita
bassa, a vita bassissima con cavallo fra le ginocchia; minigonne, maxi-gonne, hot
pants, pantacollant; palestrati, magrissimi, depilati, capelloni, capelli
ricci, capelli lisci, codino, creste punk, trecce e treccine; stivali, stivaletti,
mocassini, zatteroni, sandali, polacchine (famose le Clarks), Superga, All Star,
scarpe a punta, tacchi a spillo, zeppe, ballerine; e poi piercing, tatuaggi,
orecchini, collanine e braccialetti, sciarpe, scialli, kefiah, cappelli, eskimo,
loden, bomber, k-way, zainetti Invicta, Swatch (20 milioni di pezzi
venduti in 3 anni), Walkman, Tamagotchi e si potrebbe continuare all’infinito. Molti sono assolutamente scomparsi, qualcuno
è ritornato a distanza di anni, pochi hanno avuto vita relativamente lunga.
In un mondo “normale”, con una parvenza di
logica, si dovrebbe cambiare per il meglio, tendere alla comodità e alla salute,
al proprio miglioramento in genere (incluso quello culturale, che vedo sempre
più trascurato), eppure la maggior parte delle tendenze del momento sono in
contrasto con tutto ciò.
Come mai lo stile precedente è sempre sbagliato?
E’ possibile che ogni anno vadano di moda colori diversi e che molti riescano
anche a fornirne motivazioni secondo loro valide e fondate? Tutto il passato è
da buttare o, almeno, da rinnegare?
Non penso di affermare niente di nuovo
avanzando il sospetto (altro eufemismo) che tutto è indirizzato a far mettere
da parte il vecchio, anche se ancora valido o utile, e a spingere a spendere su
nuovi articoli.
Incredibilmente i “pionieri”, quelli che
vogliono essere sempre i primi, all’avanguardia, pagano cifre relativamente
astronomiche per accaparrarsi le nuove uscite ... spesso oggetti non più utili
di quelli dei quali erano già in possesso e pur sapendo che dopo qualche mese
costeranno giusto la metà. Che senso ha?
Capisco che si possa essere soddisfatti di
essere al centro dell’attenzione per qualcosa di originale e/o nuovo (anche se
non positivo) o di non essere additati e presi in giro come “arretrati”, ma a meno che non si tratti di qualcosa di
necessario derivante da innovazioni o che siano le uniche possibilità offerte
dal mercato o dalla società spero che ognuno si renda conto di essere
quotidianamente raggirato e turlupinato dal mercato, mezzi di comunicazione,
pubblicità.
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