Come
anticipato nel precedente post ieri mi sono goduto Los viajes del viento, secondo film di Ciro Guerra (quello che mi mancava dei
suoi tre), e devo dire che la mia stima per questo giovane regista colombiano è
ulteriormente cresciuta. Per
questo motivo ho voluto scrivere questo post allargando il tema alle
cinematografie latine in genere ed a quella colombiana particolare, quasi del tutto sconosciuta in Europa, mettendo anche a confronto le tre opere di
Guerra, per certi versi molto diverse fra loro ma per altri molto simili, e affrontando
un discorso un po’ più ampio della mia solita micro-recensione appena
pubblicata nella raccolta 2016: un film al giorno.
Problemi
economici e di distribuzione hanno da sempre limitato la produzione e quindi la
distribuzione di film dell’America Latina il cui livello medio, in sostanza,
non è assolutamente inferiore a quelli occidentali e fra essi ce ne sono
veramente di ottimi. Ciò è ampiamente dimostrato dai successi ottenuti negli
ultimi anni dai vari Iñárritu (Oscar
con Birdman
e The
Revenant, oltre alla Nomination per Babel), Cuarón (Gravity), e fra i
migliori di lingua non inglese degli ultimi 10 anni ricordiamo le Nomination
per Il
labirinto di Pan (Guillermo Del
Toro, Messico), La teta asustada (Claudia
Llosa, Perù), Biutiful (Iñárritu,
Messico), No (Larrain, Cile), Relatos
salvajes (Szifrón,
Argentina), El abrazo de la serpiente (Guerra,
Colombia) e l’Oscar di Il segreto nei suoi occhi (Campanella, Argentina). Vari di questi contano anche altre
Nomination e sono pluripremiati nei Festival più importanti di tutto il mondo.
Questo
non deve assolutamente meravigliare in quanto è la cultura dell’America Latina
in genere ad essere di eccellente livello anche se molti se ne ricordano solo
di tanto in tanto. A sostegno di questa affermazione basterebbe ricordare
alcuni grandi della letteratura che non hanno avuto il successo e la diffusione
che meritavano solo per non essere nati in Europa o negli Stati Uniti e per non
scrivere in inglese: Gabriel García
Márquez, Mario Vargas Llosa, Rómulo Gallegos, Jorge Luis Borges, Julio
Cortázar, solo per citarne alcuni.
Ognuno
dei suddetti (i primi due hanno anche ottenuto il Nobel per la letteratura, ma
solo il primo è veramente famoso) ha fornito materiale per numerosi film che
sono diventati pietre miliari del cinema hispanoamericani.
Le diversità
culturali e di ambienti dei vari paesi offrono davvero infinite possibilità ai
cineasti “illuminati” di realizzare pellicole pressoché uniche che, agli occhi
di noi europei, sono anche estremamente interessanti dal punto di vista
antropologico. Fra
i più giovani di questo gruppo di registi si distingue senz’altro Ciro Guerra (classe 1981) il quale
però, purtroppo per noi cinefili, in 12 anni ha diretto vari cortometraggi ma solo
3 film, dei quali è anche sceneggiatore:
- La sombra del caminante (2004)
- Los viajes del viento (2009)
- El abrazo de la serpiente (2015)
Prima
di passare alle pellicole di Guerra, vorrei
aggiungere poche parole relative alla sua vita personale e professionale,
indissolubilmente intrecciate. Infatti, a soli 17 anni conosce Cristina Gallego,
di tre anni più grande, studentessa di cine e televisione e con lei fonda nello
stesso anno (1998) la casa di produzione Ciudad Lunar. Dicevo di un rapporto
indissolubile in quanto i due sono sposati e in questi quasi due decenni
Cristina è la produttrice ufficiale
di tutte le opere di Ciro, oltre ad essere stata produttrice esecutiva di altre
pellicole colombiane.
Cristina
è nata a Bogotà ed è ultima di 10 fratelli ma i genitori sono di origine
contadina e si trasferirono nella capitale per avere maggiori opportunità di
lavoro e per far studiare i figli. Ciro è nato invece a Rio de Oro, piccola cittadina di 14.000 abitanti, 600km a nord di Bogotà, praticamente nel mezzo della
selva, quasi al confine con il Venezuela. Ciò la dice lunga in merito alle
scelte delle sceneggiature e alla sensibilità con la quale trattano temi quali
la sopravvivenza della cultura indigena, la vita dei campi e nei villaggi, la musica tradizionale, gli spostamenti a
piedi, a dorso di asino o sulle spalle di qualcuno, la navigazione lungo i
corsi d’acqua. E questa sensibilità non si limita ai contenuti ma anche alle
immagini che, per me che sono escursionista e viaggiatore incallito oltre che
cinefilo, sono assolutamente affascinanti e dimostrano il grande rispetto e
conoscenza che Guerra ha dell’ambiente
naturale e della cultura dei nativi.
Certamente
non sono arrivati a questo punto per essere figli di papà, né perché erano raccomandati
e meno che mai bamboccioni ...
Dei tre film solo Los viajes del viento è interamente a colori e come El abrazo de la serpiente è in formato 2,35:1, proporzione che esalta i paesaggi spesso dominati da linee orizzontali come l’acqua ma, nel caso del primo, anche da ambienti desertici.
Nei
primi due film Guerra ci porta in
realtà povere, in ambienti nei quali la gente vive con poco, pochissimo ma
sempre con grande dignità e ancor maggiore altruismo. Nell’ultima parte del
secondo sono presenti molti indigenas che, seppur di altre etnie, costituiranno
la quasi totalità degli interpreti del più recente El abrazo de la serpiente.
Parlando
del cinema colombiano in generale, c’è da sottolineare che dal 1978 al 1993
funzionò la FOCINE (ente di sviluppo
cinematografico) e furono prodotti vari buoni film che ebbero anche un discreto
successo all’estero come, per esempio, La estrategia del caracol, Rodrigo
D. No Futuro, La gente de la Universal.
Dopo
un decennio durante il quale si poteva solo contare su coproduttori stranieri,
finalmente nel 2003 fu promulgata una nuova legge per il cinema e da allora sono
stati prodotti più film fra i quali sempre più spesso se ne trovano di buona
qualità (María llena eres de gracia, Soñar No Cuesta Nada, Paraiso
travel).
Una
raccomandazione agli appassionati di cinema, la solita ogni volta che mi
imbatto in buoni film: non vi perdete le pellicole di Ciro Guerra che, anche se poco conosciute, riservano molte
piacevoli sorprese.
(notizie tratte da www.proimagenescolombia.com)
Interessante oltre che lungimirante. Birds of passage è in effetti nominato. Vediamo se riesce ad entrare fra i 5.
RispondiEliminaPerò c'è concorrenza : Roma e Shoplifters non li smuove nessuno dalla cinquina. Roma ha probabilmente già la statuetta in mano , quando l'avrai visto ne converrai.
Capernaum perché è l'unica donna regista (ragionano per quote, ormai è così) Ayka deve essere lagnosissimo ma potrebbe passare.
Poi la guerra fredda polacca non se la lasciano sfuggire gli americani.
Vabbè, solo supposizioni mie.
Una sola cosa riguardo al tuo bel post :
Inarritu , Guillermo e Cuaròn li conoscono tutti, via.
"grandi della letteratura che non hanno avuto il successo e la diffusione che meritavano solo per non essere nati in Europa o negli Stati Uniti e per non scrivere in inglese: Gabriel García Márquez, Mario Vargas Llosa, Rómulo Gallegos, Jorge Luis Borges, Julio Cortázar"....
No,no. Sono famosisimi , conosciutissimi (a parte Gallegos che proprio non so). Un po' tutti abbiamo passato la gioventù a leggere Marquez , Borges e Cortàzar.
Pensa che all'univ. anche se non facevo spagnolo i tre sopra citati erano fra le letture obbligatorie.
Chi studiava spagnolo se li beccava di sicuro con bibliografia completa, assieme ad un bel po' di altri sudamericani che io manco conosco.
E io non studiai all'univ. certo di recente. Penso che questi pesi massimi della letteratura ormai li studino in ogni facoltà umanistica.
Se avrò occasione vedrò uno dei 4 di questo regista. Spero il candidato di quest'anno.