El tiempo es justiciero y
vengador (Il tempo è giustiziere e vendicatore), frase resa celebre
dal testo di una canzone messicana (Hace
un año), adattamento del più semplice e comune modo dire “El tiempo es
justiciero”. L’italiano “Il tempo è galantuomo” è simile ma più blando, in
alcuni casi possono essere sinonimi “Tutti i nodi vengono al pettine”, “Il
diavolo fa le pentole ma non i coperchi”ed altri ancora. Penso che ormai si
sappia che amo proverbi e detti e quindi nessuno si dovrebbe meravigliare di questa apertura
per un post che riguarda un paio di altri aspetti della percezione del tempo e
del nostro rapporto con esso.
Comincio con il ritardo cronico che alcuni
scienziati (?) da qualche anno a questa parte vorrebbero far passare per
malattia o disturbo mentale, ma ufficialmente non è riconosciuto come tale. In
rete si trovano pagine e pagine di giustificazioni per i ritardatari, modi per
limitare i ritardi, suggerimenti di come trattare questi malati immaginari.
Francamente non li capisco in quanto in parte si
rovinano la vita e spesso, facendo innervosire chi li aspetta, non migliorano
certo i loro rapporti sociali. Certamente ci sono prassi consolidate e cattive
abitudini che tuttavia nella maggior parte dei casi sono abbastanza facili da
curare (anche se non è il termine più adatto, non trattandosi di una malattia).
Personalmente sono abbastanza puntuale (a tutti può
capitare talvolta di far tardi) ed in tutte le attività che ho organizzato e
continuo ad organizzare inizio in perfetto orario, a meno di
casi eccezionali. Il risultato è stato che, dopo le prime esperienze, l’80% dei
ritardatari abituali sono diventati puntuali e il 20% non si sono fatti più
vedere. Non potendo accontentare tutti, penso che si debbano rispettare di più quelli che si sono dati da fare per arrivare in orario che quelli che se la prendono con comodo.
Venendo alle escursioni, stesso sistema ma con una
possibile scappatoia: chi è in ritardo (solo se si tratta di pochi minuti) può chiamare
per frasi aspettare però paga il caffè a tutti. Anche questo metodo ha funzionato
con i ritardatari che quindi avevano ben tre opzioni:
- perdersi l’escursione
- rincorrere il gruppo partito in orario
- pagare il caffè a tutti (può risultare caro)
In linea di massima, dopo tanti anni di esperienza,
posso affermare che puntuali e ritardatari possono pacificamente convivere a
patto che i primi non aspettino e che gli altri non si offendano per non essere
stati aspettati.
A proposito delle escursioni e del tempo, ecco un concetto che sembra sia particolarmente ostico per i “lenti”, pur essendo facilmente comprensibile e spiegabile con un semplice calcolo. Per chi non lo sapesse, ho guidato escursionisti per oltre 20 anni e posso garantire che all’atto pratico non esistono gruppi omogenei. Infatti, fra stato di forma, capacità fisiche e interessi ognuno ha il proprio ritmo ideale differente dagli altri. I più veloci sono costretti ad aspettare i più lenti, indipendentemente da chi siano quelli che procedono ad un passo diverso dalla media prevista. Se i “lenti” sono tali per l’incapacità di tenere il passo degli altri, una volta raggiunto il resto del gruppo vorrebbero riprendere fiato ed effettuare una pausa. I “veloci” dopo la sosta forzata per aspettare gli altri vorrebbero partire appena il gruppo si è riunito.
“Voi vi siete riposati di più” opposto al “Vi abbiamo aspettato abbastanza” ...
Bianconiglio: Sono in ritardo! In arciritardissimo! (Alice nel paese delle meraviglie)
Visto che di solito si usufruisce di mezzi di trasporto comuni il tempo totale dell’escursione è identico per tutti e dovrebbe essere ovvio che chi impiega più tempo a completare il percorso avrà meno tempo per riposarsi (anche se presumibilmente è più stanco).
Analogamente molti sbagliano fin dall’inizio dicendo:
“Andate avanti voi, ché noi siamo più lenti”. Assolutamente sbagliato ... i più
lenti devono partire per primi, al loro passo, e i più veloci avranno senz’altro
l’occasione di raggiungerli e superarli, aspettando di meno in occasione del
successivo raggruppamento. Anche questa è matematica spicciola.
A freddo tutto ciò sembra logico (e lo è) ma nella
maggior parte dei casi chi è in affanno, per di più innervosito dagli sguardi o
altre manifestazione di insofferenza degli altri, spesso non coglie la sottile differenza fra aspettare e riposare.
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