Vi propongo un articolo di Fabio Lepre dal titolo il
cammino? Roba per sfaccendati, parole scritte da David Le Breton, professore di
sociologia all'Università di Strasburgo, autore di numerosi saggi
sull'antropologia del corpo, fra i quali Il mondo a piedi. Elogio della marcia
(Feltrinelli, 2001). Interessante leggerlo, ma varie
delle idee lì brevemente esposte sono a mio avviso molto discutibili.
«Un grande alpinista britannico che ha scalato l'Everest
si è sentito un giorno chiedere: lei perché scala le montagne? La sua risposta
è stata: perché le montagne ci sono. E lo stesso vale per noi: camminiamo
perché i sentieri ci sono, sono là».
Molto discutibile la prima
affermazione in quanto, specialmente per le grandi montagne, entrano in campo
la sfida con se stessi, la ricerca dei propri limiti, affrontare fatica, rischi
e pericoli. Ci sono tanti altri posti dove nessuno si sogna di andare eppure “ci
sono”.
In merito alla seconda
dissento egualmente, ma per ragioni diverse, più semplici e logiche che, al
tempo stesso, ci aprono orizzonti molto diversi e pressoché infinite
possibilità. Noi camminiamo perché abbiamo le gambe e siamo nati per spostarci
a piedi, non nuotando o volando o utilizzando corde e imbracature.
I sentieri
sono diretta conseguenza del camminare da un luogo all'altro, per qualsivoglia motivo e non viceversa. Oltretutto, come ebbi già modo di scrivere nel post del 18 agosto, il vero camminatore deve essere anche un po’ esploratore.
I
sentieri sono un limite spaziale che però, per nostra fortuna, è spesso
facilmente superabile. Nei boschi, sulle spiagge, nelle praterie, fra le colate laviche, in qualunque
posto lontano dai centri abitati non ci sono sentieri eppure si può senz'altro camminare, per di più con il piacere della scoperta senza il vincolo di seguire piste già ampiamente battute e senza i rischi e la fatica dello scalare
impervie cime.
Anche di altro si potrebbe
discutere, ma è chiaro che nell'articolo sono riportate solo poche frasi tratte
da un intero libro. Comunque sia, è sempre interessante conoscere idee degli
altri, valutarle, ragionarci e poi attenersi alle proprie conclusioni.
"Two roads diverged in a wood and I - I took the one less traveled by, and that has made all the difference."
(A un bivio nel bosco, presi il sentiero meno frequentato, e ciò ha fatto la differenza)
Volevo concludere con il succitato aforisma di Robert Frost, ma mentre ne cercavo la versione originale, come al solito, ne
ho trovato un altro … Serendipity ... che praticamente è abbastanza
in sintonia con quanto ho appena affermato:
“Do not go where the path may lead, go instead where there is no path and leave a trail.” Ralph Waldo Emerson (1803 - 1882)
(Non andare dove
conduce il sentiero, vai invece dove non c’è sentiero e lascia una traccia) (1)
Ma la mia conclusione differisce in modo sostanziale, infatti dico
“Andate dove non c’è sentiero e NON lasciate traccia”.
Buona passeggiata … fuori
sentiero o, almeno, lungo sentieri non ancora percorsi.
(1) Path
e trail si potrebbero anche tradurre
strada e sentiero, viottolo e sentiero, mulattiera e sentiero, ecc.
In ogni
caso, ed in particolare in questo nel quale i due termini compaiono nella stessa frase, path
si riferisce ad un cammino più chiaro, largo, semplice e battuto, trail
ad un vero e proprio sentiero, quindi più stretto e forse accidentato, meno
frequentato.
...ciao G...sicuramente la "goduria" per chi cammina é proprio quella di "esplorare" zone e traccie nuove....e concordo Sul fatto che é molto meglio non lasciare tracce e segni possibilmente dell'esplorazione...in modo da poter lasciare a tutti la stessa emozione che SI é vissuto andandoci...in Punta di piedi....MatteoFREE..
RispondiEliminasecondo me ci sono i sentieri perche' si cammina....e' chiaro che essi sono divenuti una conseguenza del camminare.....PS che nostalgia del sentiero per la "montana blanca" di tenerife...il sassone a mezza via e' inconfondibile!
RispondiEliminaLos Huevos del Teide ...
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