giovedì 6 ottobre 2022

Microrecensioni 286-290: un ottimo film poco conosciuto, un 5 oscar e altro ...

Non vi perdete El espiritu de la colmena, apprezzatissimo "piccolo" film spagnolo di 50 anni fa, i cui rating (7,8 IMDb, 96% RT e 87 Metascore) sono tutti migliori di quelli di Hugo, megaproduzione hollywoodiana che una decina di anni fa ottenne 5 Oscar e altre 7 Nomination ... la qualità dei film non è direttamente proporzionale né strettamente legata a budget spropositati e grandi nomi! Molto interessante anche il recente esordio del regista indiano Fahim Irshad, anche lui focalizzato su una toccante storia che include tanti aspetti della vita di una famiglia islamica in India. Ho guardato di nuovo Hugo (omaggio di Scorsese ai pionieri del cinema) e ho completato la cinquina con due film argentini del semisconosciuto Leonardo Favio, eppure molto apprezzato in patria.

 
El espiritu de la colmena (Victor Erice, Spa, 1973) tit. it. Lo spirito dell'alveare

Primo lungometraggio di Victor Erice, regista basco unanimemente lodato, ma con una produzione quasi inesistente. A tutt’oggi si contano 7 corti (girati fra il 1961 e il 2007), 3 episodi in altrettanti film (quindi altri corti) e appena due lungometraggi; dopo questo solo El sur (1983) che, comunque, lui considera incompleto (il suo progetto prevedeva altre riprese, ma il produttore le rifiutò per motivi economici). Appassionante film con un bellissimo inizio, con le scene dl un cinema itinerante, con gli spettatori che arrivano portandosi le sedie, prima i bambini che si siedono ai piedi dello schermo (per 2 reales) poi le donne e infine gli uomini (tutti gli adulti a 1 peseta). Il film è il classico Frankenstein del 1931 (di James Whale, con Boris Karloff), pellicola che impressionerà molto la piccola Ana. Belle la scenografia e la fotografia, con le tante dissolvenze, utilizzate in modo magistrale, particolarmente significative. Interessante storia co-sceneggiata dallo stesso Erice, con tanti riferimenti alla guerra civile appena terminata (nel film, siamo nel 1940), al romanzo di Mary Shelley e al film con Boris Karloff. Bravissime le bambine Ana Torrent (7 anni all’epoca, altri 35 film successivamente) e Isabel Tellería, di poco più grande (ma questa rimase la sua unica esperienza cinematografica), e bravi anche Fernando Fernán Gómez e Teresa Gimpera che interpretano i genitori. Da non perdere!

Aani Maani (Fahim Irshad, Ind, 2019)

Apprezzato film che affronta gli storici e controversi argomenti della problematica convivenza delle minoranze islamiche in aree a prevalenza induista. A partire dalla semplice vita di una famiglia islamica, il regista / sceneggiatore affronta problemi religiosi, politici, di razzismo e di corruzione e taglieggiamento. Interessanti il commento musicale e la colonna sonora, buone le interpretazioni, ottima regia e fotografia. Particolarmente efficace è la rappresentazione delle attività giornaliere che si svolgono soprattutto nel piccolo cortile sul quale si aprono le porte delle varie stanze. In questo scenario si sviluppa un ottimo piano sequenza poco prima del finale che, pur chiarissimo nell’essenza, resta un po’ misterioso in quanto a modo e vere cause. Film molto interessante e piacevole, regista da tenere d’occhio.

  
Hugo (Martin Scorsese, USA, 2011) aka Hugo Cabret

Praticamente un sincero omaggio a George Méliès, il geniale inventore del vero CINEMA che, con la sua creatività, perfezionò già a inizio secolo scorso montaggio, trucchi e scenografie sensazionali, specialmente per l’epoca. Ai fratelli Lumière si riconosce certamente il merito dell’invenzione di una cinepresa e il suo perfezionamento oltre ad alcuni basilari movimenti di macchina, ma Méliès creò l’illusione. La trama del film è in effetti un po’ stucchevole e troppe volte sfocia nel caricaturale, in particolare con gli strani personaggi che popolano la stazione. Ottimi gli effetti speciali che, non a caso, ottennero il loro Oscar; altre 4 statuette arrivarono per la fotografia, scenografia, sound mixing e sound editing (il film conta anche altre 6 Nomination).

Crónica de un niño solo (Leonardo Favio, Arg, 1965)

Esordio dell’argentino Leonardo Favio, oltre che apprezzato regista, anche attore e cantante. Strano modo di girare (ma bene), probabilmente dovuto a limitati mezzi tecnici. Non c’è presa diretta né commento musicale, quindi nelle partii descrittive ci sono lunghi silenzi assoluti, sostenuti comunque da sapienti riprese, molte dall’alto. Il protagonista è un ragazzino irrequieto, rinchiuso in un riformatorio; lì si sviluppa la prima parte del film fra qualche litigio con gli altri e le vessazioni dei sovrintendenti. Nella seconda Polin vedrà che anche fuori la vita per lui non sarà facile. Molto datato, ma ben girato, anche se a tratti sembra quasi amatoriale.

Juan Moreira (Leonardo Favio, Arg, 1973)

Juan Moreira fu un personaggio storico della metà del XIX secolo (1829-1874), divenuto quasi leggendario in quanto simbolo della ribellione contro i soprusi. Fu gaucho, imprenditore, fuorilegge e guardia del corpo di un politico che promise di riabilitarlo, ma non mantenne la parola. Abilissimo con il coltello, dopo essere stato ingiustamente vessato da latifondisti e autorità, si fece spesso vendetta da solo; fu ucciso dopo una lunga caccia, accerchiato da una squadra speciale di oltre 20 agenti della polizia di Buenos Aires. Sulla sua odissea è stato scritto un popolare romanzo e Borges ne ha celebrato la morte in un racconto; dei quattro biopic (tutti con il suo nome come titolo) questo è il più noto e apprezzato. Bella fotografia (in particolare i controluce esterni nelle sconfinata pampa), anche se si eccede nei primissimi piani che, nelle scene di azione, diventano molto confusi (penso a anche in questo caso budget e mezzi limitati furono la causa). La sceneggiatura, con pochissimi dialoghi, tratta solo di pochi episodi dell’ultima parte della vita di Moreira in flashback; il film inizia con il riconoscimento del cadavere da parte di sua moglie.

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