venerdì 12 agosto 2022

Microrecensioni 231-235: noir americani poco noti, alcuni più che buoni

Primo film scelto quasi a caso, poi ho seguito per l’ennesima volta la pista noir, avendo trovato su archive.org un’interessante lista di film che contano sulla partecipazione di cineasti di tutto rispetto, sia per la regia (due sono diretti da William Wyler, con complessive 11 Nomination, ma ci sono anche Samuel Fuller e Otto Preminger) che per gli interpreti (Kirk Douglas, Bette Davis, Charles Boyer, …).

 
Detective Story (William Wyler, USA, 1951)

Praticamente un turno in una stazione di polizia, dove succede un po’ di tutto e dove arrivano delinquenti abituali e ladri quasi innocenti, alla prima esperienza. Il personaggio principale è un detective tormentato e violento (Kirk Douglas), a stento tenuto a bada dal tenente e dai colleghi. Per il resto è un film che si potrebbe definire corale, con una svampita ragazza al primo piccolo furto, una coppia di ladri professionisti (uno dei quali quasi fuori di testa con ampia gestualità e parlata italoamericana), un ladro per amore e alcuni personaggi di passaggio fra i quali un’anziana mitomane. Buona anche la caratterizzazione del personale del precinct, dal sergente al factotum che si occupa anche delle pulizie. Il dramma personale si alterna a scene quasi da commedia, discorsi legali a minacce, dichiarazioni d’amore a delazioni. Nel variegato e buon cast, prevalentemente maschile, si distinguono anche tre brave attrici, due delle quali ottennero la candidatura per l’Oscar (Eleanor Parker protagonista, Lee Grant non protagonista), altre due Nomination andarono alla sceneggiatura e alla regia di William Wyler.

The Letter (William Wyler, USA, 1940)

Per l’ambientazione malese (tit. it. Ombre malesi) e sviluppo della storia, ho ipotizzato subito che fosse l’adattamento di uno dei tanti lavori di Somerset Maugham … e avevo ragione. In particolare quando si tratta di drammi con risvolti noir nei posti del mondo cinematograficamente meno frequentati, Maugham è l’unico che può competere con Graham Greene; ciascuno dei due ha fornito materiale per oltre 100 film più o meno buoni a seconda di registi e cast ma sempre affascinanti per soggetti derivanti dai loro lavori teatrali, short stories e romanzi. Il film si apre con la protagonista che crivella di colpi un uomo sulla veranda della casa padronale nella piantagione di caucciù. Il suo avvocato (amico di famiglia) con il suo collaboratore faranno il possibile per farla assolvere sostenendo la legittima difesa, ma nel corso delle indagini verranno alla luce vari retroscena, confermati dalla lettera citata nel titolo. Anche questo film di William Wyler fu pluricandidato agli Oscar, con ben 7 Nomination ma nessuna statuetta (miglior film, regia, Bette Davis protagonista, James Stephenson non protagonista, fotografia, montaggio e commento sonoro).

  
Park Row (Samuel Fuller, USA, 1952)

Il regista, sceneggiatore, scrittore e giornalista Samuel Fuller, noto per le sue idee poco convenzionali, in questo film riesce a mettere insieme storia, finzione e realtà nel mondo del giornalismo, con l’attacco spietato di una testata storica a un piccolo nuovo giornale indipendente, l’invenzione della linotype, l’arrivo della statua della Libertà a New York. Inizia quasi come una commedia piena di buone intenzioni con i buoni ideali che si scontrano con l’arroganza dei potenti a parole e sui giornali, ma ben presto si assiste ad una escalation di violenza materiale, anche fisica, con tipici metodi da gangster. Nella sostanza appare un po’ troppo favoletta, seppur violenta, con tanti discorsi elogiativi del valore della stampa e della sua indipendenza.

The 13th Letter (Otto Preminger, USA, 1951)

Remake americano del classico francese Le corbeau (1943, diretto dall’ottimo Henri-Georges Clouzot), ma non basta la sapiente direzione di Otto Preminger a realizzare qualcosa di simile qualità. Una piccola cittadina canadese viene invasa da lettere anonime che svelano supposte relazioni clandestine fra alcune ben conosciute persone, ma il solo elemento comune è sempre il dottor Pearson, da poco giunto da Londra, con un passato misterioso. Sembra che tutto sia teso a fargli abbandonare il lavoro e la città e i sospetti si concentrano a turno su colleghi e varie donne. Passabile, mi ha fatto venir voglia di guardare di nuovo l’originale francese …

Stranger on the Third Floor (Boris Ingster, USA, 1940)

In questo gruppo sfigura in modo estremamente evidente, sia per la sceneggiatura che per le interpretazioni e la regia. Pessima la rappresentazione dell’incubo del protagonista e perfino Peter Lorre non riesce a convincere nel suo ridottissimo ruolo. A tal proposito, pare che la sua partecipazione fu quasi forzata in quanto doveva alcuni giorni di riprese alla RKO, che così ne approfittò per utilizzare il suo nome a fini pubblicitari; il film fu comunque un fiasco al botteghino. Con tanti noir dell’epoca, buoni anche se considerati di serie B rispetto ai classici, questo si piò tranquillamente evitare.

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