venerdì 6 dicembre 2019

76° gruppo di 5 micro-recensioni 2019 (376-380)

Gruppo molto eterogeneo per data e provenienza se non per la coppia di film messicani, per puro caso simili nel proporre lo sfruttamento degli indigeni specialmente nel secolo scorso. Gli altri tre sono un anglo-americano e un nippo-singaporiano attuali e un francese del 1936. 
Nel complesso una più che soddisfacente qualità e varietà. 

   

376  Rocketman (Dexter Fletcher, UK/USA, 2019) * con Taron Egerton, Jamie Bell, Richard Madden * IMDb 7,4  RT 89% * Nomination Queer Palm a Cannes
Film ovviamente biopic musicale ma solo poche scene sono da musical (con coreografie). Come tutti sanno, ricostruisce la vita di Elton John mostrando avvenimenti salienti e persone che hanno avuto ruoli importanti nel campo affettivo e/o artistico. 
La buona regia porta ad una narrazione snella, ben strutturata, con un montaggio spesso rapido che predilige i particolari; le interpretazioni sono sostanzialmente buone, anche quelle dei giovani Elton (Matthew Illesley e Kit Connor, 9 e 14 anni) e senz'altro quella di Taron Egerton che ricopre il ruolo di Elton John adulto. Non so se i numerosissimi costumi e accessori sfoggiati sono esatte repliche di quelli esibiti dall'artista, ma certamente sono affascinanti per creatività e colori (in particolare occhiali e calzature).
Film più che piacevole e, nel complesso, ben realizzato che tende a mostrare molto del lato umano di Elton John lasciando quasi in secondo piano le sue notissime canzoni delle quali frequentemente si ascoltano brevi spezzoni.
Ottimo film di genere montato con vari flashback. 
Consigliato ... e non lo dice un rockettaro.

377  Ramen Shop  (Eric Khoo, Jap/Sing, 2018) Ramen Teh * con IHARA, Takumi Saitoh, Seiko Matsuda * IMDb 6,8  RT 83% 
Il soggetto riporta un po' alla mente la trama del cult culinario Tampopo, (1985, Jûzô Itami) ma in questo caso procede parallelamente ad una non semplice storia familiare e a rivendicazioni etnico politiche fra giapponesi, cinesi e singaporiani.  
Chi ha familiarità con le cucine orientali non potrà fare a meno di avere l'acquolina in bocca, entusiasmarsi guardando gli ingredienti, le preparazioni e le pietanze impiattate, invidiare quelli che le stanno degustando. La parte relativa alla famiglia multietnica, che comprende tre generazioni è più complicata, a tratti toccante.
Anche se il titolo rimanda ai ramen (tipo di vermicelli comuni soprattutto in Cina e Giappone) la ricerca del protagonista è più orientata a ritrovare dei sapori della sua infanzia, in particolare quelli della pork rib soup (zuppa di costine di maiale).
Risulta coinvolgente (per chi ha esperienza nel ramo) la passione con la quale vari dei protagonisti parlano delle ricette, le mettono in pratica e assaggiano con sguardo trasognato.
L'alternanza fra i complicati rapporti umani e i dettagli gastronomici è bilanciata e ben gestita, anche se si potrebbe obiettare che, forse, i flashback sono un po' troppi.
Buon film per tutti, ottimo per appassionati di cucine orientali.

      

380  Le crime de Monsieur Lange (Jean Renoir, Fra, 1936) * con René Lefèvre, Florelle, Jules Berry * IMDb 7,4  RT 100% 
Difficile da categorizzare con precisione in quanto il rapido svolgimento degli avvenimenti presenta parti romantiche e parti quasi da commedia, c’è ovviamente un crimine e il criminale in fuga e questo non è uno spoiler in quanto si tratta della prima scena, poi il film prosegue quasi completamente con un lungo flashback. Un accorsato editore, con tanto di grande tipografia e decine di dipendenti, vive molto poco moralmente circuendo ragazze (per lo più sue dipendenti), imbroglia, truffa, appare sotto mentite spoglie, accumula debiti, ma tentando sempre di apparire come uomo di mondo, ricco e generoso … purtroppo non è così.
Ben diretto ed interpretato, scorre piacevolmente in un turbine di avvenimenti, amoreggiamenti e seduzioni. Da sottolineare che adattamento e dialoghi sono di Jacques Prévert, storia e sceneggiatura di Renoir.
Merita certamente la visione.

379  Rosa Blanca  (Roberto Gavaldón, Mex, 1961) * con Ignacio López Tarso, Christiane Martel, Reinhold Olszewski * IMDb 7,4
Come anticipato, è per puro che mi è capitato di guardare i due film messicani di questo gruppo uno dopo l’altro. Dicevo in parte simili in quanto questo si occupa dell’esproprio (ma si tratta di vera e propria rapina) di una fiorente attività agricola e di allevamento da parte delle compagnie petrolifere americane. I fatti si svolgono nello stato di Veracruz verso la fine degli anni’30 e si fa riferimento ad avvenimenti storici reali che poi portarono alla nazionalizzazione del petrolio messicano (PEMEX) e alla espulsione delle compagnie statunitensi.
Insolito film per Gavaldón per la sua chiara valenza politica (per 11 anni bloccato, uscì in Messico solo nel 1972); negli anni ‘40 e ‘50 il regista si era dedicato più che altro (e con successo) ai noir, crime e drammatici, e nel 1960 il suo Macario (per i contenuti spesso paragonato al Il settimo sigillo di Bergman, 1957) era stato candidato Oscar come miglior film straniero.
Buon film, ben interpretato e diretto, che conta anche sull’ottima fotografia di Gabriel Figueroa, un genio del bianco e nero, che fra i suoi oltre 200 film ne annovera tanti con Emilio Fernández “El Indio” e vari con Luis Buñuel.

378  La rebelión de los colgados  (Alfredo B. Crevenna, Mex, 1954) tit. it, “La ribellione degli impiccati” * con Pedro Armendáriz, Ariadne Welter, Víctor Junco * IMDb 6,8  * Nomination Leone d'Oro a Venezia
Al contrario del precedente nel quale una grande compagnia straniera si impossessava di un rancho messicano ben amministrato e con un buon trattamento dei peones, in questo caso lo scontro è tutto fra messicani … con avventurieri senza scrupoli e i loro capataz che letteralmente schiavizzavano quelli costretti (con ricatti e truffe) a lavorare per loro nello sconsiderato sfruttamento delle foreste di caoba, albero utilizzato per il suo pregiato legname, simile al mogano.  
Il titolo italiano chiaramente sbagliato anche se, questa volta, semplicemente tradotto male. Se fossero stati gli impiccati si ribellarsi si sarebbe trattato di un horror; in questo caso l’interpretazione corretta di colgados è “appesi”, non “impiccati”. Infatti chi era insubordinato o non riusciva a tagliare la quantità di legname diaria stabilita veniva lasciato penzoloni l’intera notte con i polsi legati insieme, dopo essere stato frustato.
La sceneggiatura è un adattamento del quinto romanzo (1936) facente parte del cosiddetto Ciclo della Caoba di B. Traven ed ambientato in Chiapas, durante gli ultimi anni della dittatura di Porfirio Díaz, si riferisce quindi ad avvenimenti di poco precedenti a quelli narrati in Rosa Blanca
Anche questo merita la visione non solo per il modo nel quale è realizzato (alla regia contribuì anche Emilio Fernández “El Indio”, seppur uncredited) ma anche per lo spaccato storico-sociale del Messico degli ani ’30.

Le oltre 1.400 precedenti micro-recensioni dei film visti a partire dal 2016 sono sul mio sito www.giovis.com; le nuove continueranno ad essere pubblicate su questo blog.

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