lunedì 12 agosto 2019

Film e loro formati (per cinefili e anche per semplici spettatori)

Stuzzicato dal commento ricevuto ieri su un post di un paio di settimane fa, che faceva riferimento ai formati di un paio di recenti film di Tarantino (Hateful Eight e Django Unchained), propongo un brevissimo excursus in merito, corredato da vari link divulgativi e non riservati ai soli tecnici, quindi interessanti per tutti coloro che vogliano chiarirsi le idee sulla sempre dibattuta questione.  
Innumerevoli sono stati i formati cinematografici utilizzati nel tempo, con i loro pregi e difetti a seconda di cosa e come si filmi e quindi di come si proponga al pubblico. Si va dal formato quadrato ai classici 1,33 (4/3) e 1,37, dall’ormai comunissimo 16:9 al riproposto Univisium (2:1), dal Cinemascope all’enorme e praticamente impossibile da gestire 4:1 (Polyvision, in effetti composto da tre riprese 1,33 affiancate), utilizzato da Abel Gance in parte del suo Napoleon (1927).
In questo esempio si immagina chiaramente cosa succede tagliando una immagine
Cinemascope  (2,35:1) per adattarla a Widescreen (1,85:1) o a 14:9 (1,56:1).
da Wikipedia (CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=68282)
Molti guardano un film prestando attenzione soltanto alla storia o ammirando gli attori o apprezzando gli effetti speciali, pochi si curano delle inquadrature e della loro relazione con i formati e raramente notano distorsioni o ridimensionamenti che non sfuggono ad un occhio attento. Un Cinemascope mozzato nei lati per farlo entrare in uno schermo di proporzioni diverse perde molto, così come un film girato in un formato e poi adattato ad uno schermo di diverso rapporto.
La composizione delle inquadrature nel loro complesso (soprattutto angolo di ripresa e posizione relativa degli interpreti e degli oggetti) è infatti spesso vincolata al formato scelto e qualunque modifica deteriora e sminuisce la visione “artistica” originale.
Tuttavia, produttori di oggi hanno la giustificazione del fatto che se prima i film venivano visti esclusivamente nelle sale, quindi con schermi grandi sui quali si potevano proiettare più o meno tutti i formati, adesso devono per forza tener conto dei vari canali di distribuzione che talvolta rendono più degli incassi delle sale. Infatti, è normale che un film di successo, dopo essere passato in sala (forse, vedi alcuni titoli resi disponibili esclusivamente su piattaforme tipo Netflix) debba essere poi convertito e adattato a schermi televisivi, di computer, di tablet e smartphone, nonché alle dimensioni dei piccoli schermi degli aerei operanti su tratte lunghe; chiaramente il ritorno economico è una conditio sine qua non per la produzione del film.
I vari formati sono ben illustrati in queste due pagine Wikipedia (l’italiana e l’inglese, simili eppure diverse, date una scorsa ad entrambe) e sono corredati da numerosi esempi.
Di particolare interesse è la proposta che Vittorio Storaro, apprezzatissimo direttore della fotografia vincitore di 3 Oscar (Apocalypse Now, Reds, L’ultimo imperatore), avanzò una ventina di anni fa, vale a dire quella di standardizzare i formati e per questo rispolverò il rapporto 2:1, chiamandolo significativamente Univisium, già utilizzato negli anni ‘50 da Universal e RKO (col nome di Superscope). Interessante anche questo articolo (in inglese). 

1 commento: