lunedì 5 agosto 2019

49° gruppo di 5 micro-recensioni 2019 (241-245)

E ora si ricomincia da capo con una cinquina tutta muta (quasi, un film è commentato)! Torno all’invenzione del cinema con una serie di 108 film restaurati girati dai fratelli Lumière, da quello che dovrebbe essere il primo in assoluto (1895) ad alcuni del 1905, scelti, organizzati e commentati da Thierry Frémaux. Completano la cinquina un film di Victor Sjöström (uno degli attori simbolo di Bergman, anche regista) e tre di Josef von Sternberg, poi regista di L’angelo azzurro con il quale rese famosa Marlene Dietrich, che successivamente diresse in altri 6 film.
Le micro-recensioni di questo post sono in ordine cronologico, considerando il primo del 1895-1905 e per commentare in blocco i lavori di von Sternberg. 

   

241  Lumiere! (Thierry Frémaux, Fra, 2016) * con Auguste e Louis Lumière * IMDb  8,4  RT 86%p
A questo eccellente ed interessantissimo lavoro realizzato dal direttore dell’Institut Lumière di Lione, nonché delegato generale del Festival de Cannes, già dedicai un post quando lo apprezzai per la prima volta  un paio di anni fa e quindi ad esso vi rimando. Lì troverete anche il trailer e 3 filmati significativi e affascinanti: uno realizzato in un villaggio vietnamita, un allenamento degli chasseurs alpins e la Danse serpentine (colorato a mano).
A quanto scritto allora aggiungo solo che è un film (se così si può definire) da guardare e riguardare, non solo godendosi i filmati in sé e per sé, ma anche prestando particolare attenzione ai commenti di Frémaux che mette in risalto e illustra tante intuizioni dei fratelli Lumière, successivamente sviluppate da altri. 
Imperdibile!

242  The Outlaw and His Wife! (Victor Sjöström, Sve, 1918) * con Victor Sjöström, Edith Erastoff, John Ekman * IMDb  7,2  RT 100% 
Direi un lavoro relativamente deludente questo di uno dei più famosi registi/attori scandinavi. Senz’altro il suo muto più noto Körkarlen (1921, tit. it. Il carretto fantasma) è di gran lunga superiore sia per tecnica cinematografica che per interpretazione. In vari dei suoi primi film (iniziò nel 1913) Sjöström fu non solo regista, ma anche sceneggiatore ed interprete principale; come attore concluse la sua carriera nelle vesti del Dr. Borg, il protagonista di uno dei più famosi film del suo compatriota Ingmar Bergman: Il posto delle fragole (1957).
La storia (ambientata in Islanda) si sviluppa nell’arco di molti anni e risulta un po’ carente di continuità; trovo che ci sia troppo gesticolare nella recitazione, anche se ciò era comune all’epoca per enfatizzare situazioni e sentimenti; la sceneggiatura è debole ed in sostanza poco credibile.
Certamente non male per quell’epoca, ma non fra i migliori. 

      

Tratto in blocco questi tre muti di von Sternberg ai quali farò seguire altri, certamente quelli con Marlene Dietrich, dei quali ho visto solo Der blaue Engel (1930, L’angelo azzurro).

243  Underworld  (Josef von Sternberg, USA, 1927) tit. it. “Le notti di Chicago”, o “Il castigo” * con George Bancroft, Clive Brook, Evelyn Brent * IMDb  7,7  RT 85% *  Oscar miglior sceneggiatura originale
244  The Last Command (Josef von Sternberg, USA, 1928) tit. it. “Crepuscolo di gloria” * con Emil Jannings, Evelyn Brent, William Powell * IMDb  7,7  RT 100%  * Oscar a Emil Jannings protagonista e Nomination miglior sceneggiatura originale
245  The Docks of New York (Josef von Sternberg, USA, 1928) tit. it. “I dannati dell'oceano” * con George Bancroft, Betty Compson, Olga Baclanova * IMDb  8,0  RT 100% 

Inizio con poche righe di presentazione del regista, di origine austriaca, che sbarcò per la prima volta in America a soli 3 anni, ma divise infanzia e studi fra Vienna e New York. Dopo vari attività occasionali, a 17 anni (1911) cominciò a lavorare per la World Film Company nella quale fece presto carriera, passando rapidamente da magazziniere a proiezionista, montatore, addetto ai cartelli, operatore e poi assistente regista dal 1919; nel 1924 diresse il suo primo lungometraggio: The Salvation Hunters. Questo film fu molto apprezzato dai produttori fra i quali c’erano anche Charlie Chaplin e Douglas Faibanks, soprattutto per la perfetta organizzazione e realizzazione, nonostante il limitatissimo budget di 4.800 dollari, poco anche a quei tempi. Von Sternberg ebbe la caratteristica di trattare quasi sempre storie passionali e drammi interiori, protagonisti che si dibattono fra bene e male, spesso in ambienti sociali difficili, in molti casi in luoghi esotici, talvolta riportati proprio nei titoli (p.e. Marocco, Shanghai Express, The Shanghai Gesture, Macao, Anatahan).
Venendo ai tre film in questione, degli ultimi anni del muto, Underworld  viene visto da molti come prototipo dei film di gangster, pur essendoci una notevole componente di amore, amicizia, gratitudine, tradimento e sospetto. Un film ben costruito, di ritmo abbastanza svelto, con vari colpi di scena che, seppur in parte prevedibili, rendono interessante la trama, non proprio banale ... non per niente vinse l’Oscar per la miglior sceneggiatura originale. Buone le interpretazioni fra le quali spicca quella di George Bancroft, che molti ricorderanno come Marshall Wilcox in Stagecoach (1939, Ombre rosse, di John Ford).
The Last Command mi ha colpito per la trama originale che si sviluppa in due parti ben distinte, in luoghi e situazioni ed epoche molte diverse: ambiente militare durante la rivoluzione russa, set cinematografico negli Stati Uniti. Il personaggio principale è tuttavia unico, ottimamente interpretato da Emil Jannings (che meritatamente ottenne l’Oscar) , già noto per le sue performance nei panni del protagonista in Der Letzte Mann (1924, L’ultima risata) e di Mephisto in Faust (1926) entrambi di F.W. Murnau.
Veramente un ottimo film, essenziale, ben diretto e ben interpretato.
Anche nel terzo ed ultimo film di questo trittico di lungometraggi diretti Von Sternberg nei panni del protagonista troviamo George Bancroft, che in questo caso interpreta un carbonaio (marinaio addetto a spalare carbone nelle caldaie) che, nelle poche ore di libertà a terra prima di salpare per un nuovo viaggio, riesce a mettersi in sacco di pasticci.
Pure in questo caso la trama è interessante, con il protagonista che si trova a dover decidere se fermarsi rinunciando alla sua “libertà e indipendenza”  o continuare ad andare in giro per il mondo passando giorni e giorni davanti alla bocca di una fornace per poi “godersi” le poche ore di licenza fra bar e postriboli. 
Dopo questa più che soddisfacente incursione nel periodo del muto di Von Sternberg, sono ancor più ansioso di recuperare altri suoi film sonori, in particolare quelli ambientati in Oriente e altri luoghi esotici.

Le oltre 1.400 precedenti micro-recensioni dei film visti a partire dal 2016 sono sul mio sito www.giovis.com; le nuove continueranno ad essere pubblicate su questo blog. 

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