mercoledì 1 maggio 2019

35° gruppo di 5 micro-recensioni 2019 (171-175)

Sempre più eterogeneo. Stavolta ho recuperato due ottimi film di discendenza sovietica (Cuba/URSS e Georgia), uno giapponese (un Ozu insolito e poco conosciuto) e un turco (fra i primi lavori di un regista oggi affermato), entrambi meritevoli, e un austriaco abbastanza scadente.

   

172  Soy Cuba  (Mikhail Kalatozov, Cuba/URSS, 1964) * con Sergio Corrieri, Salvador Wood, José Gallardo  * IMDb 8,0  RT 100%    
Ho scovato questa perla della cinematografia nella videoteca della Cineteca Nacional Mexico questa strana co-produzione cubano-sovietica, composta da 4 storie che si svolgono sull’isola caraibica a fine anni ’50, nel periodo della fuga di Batista e l’avanzata di Fidel Castro. Chiaramente parziale e di taglio propagandistico (vista epoca e produttori non poteva essere altrimenti) non è eccezionale per la sceneggiatura, comunque più che buona, bensì per la qualità delle riprese, in particolare quelle della prima metà. Gli ambienti si alternano, si inizia con i grandi hotel dell’epoca di Batista frequentati da ricchi americani in cerca di avventure esotiche, si passa al dramma di una famiglia estromessa dalla piantagione di canna da zucchero, si torna in città per le proteste studentesche e si finisce con la guerriglia nella selva.
Caratteristiche comuni sono un uso pressoché continuo di grandangolo su camera a mano e piani sequenza affascinanti, il tutto sostenuto da una perfetta fotografia bianco e nero. In pratica da ogni scena, con un fermo immagine, si potrebbero ricavare foto degne di essere presentate in un’esposizione. Un piano sequenza che mi ha particolarmente colpito è ripreso su un roof top di un grande albergo, con tanto di bar e piscina; dopo varie “acrobazie” con la cinepresa, l’operatore entra in piscina e continua a filmare sott’acqua ... ottimo sia per creatività che per qualità. Ma anche le riprese fra le canne da zucchero e quelle con ambienti geometrici all’università, giusto per citarne qualcuna, sono estremamente interessanti.
Superconsigliato.

174  Namme  (Zaza Khalvashi, Geo, 2017) * con Mariska Diasamidze, Aleko Abashidze, Ramaz Bolkvadze * IMDb 7,5 
Altro film di “discendenza” sovietica ed in questo caso si tratta senza dubbio di un “devoto” di Tarkovski. Film lento ma affascinante, ottime inquadrature, tantissima acqua (anche quando non si vede, si sente) e non mancano immagini riflesse e fuoco. Zaza Khalvashi (classe 1957) è regista poco prolifico, solo 4 film in 20 anni.
Namme è il nome di una giovane donna che vive con il padre e insieme hanno cura di una fonte di acqua “miracolosa” e di un pesce ... gli altri 3 figli dell’uomo, fra i quali un pope ortodosso e un professore, si sono rifiutati di seguire la professione del padre, considerato un guaritore. I rapporti fra i familiari e fra questi ed il resto degli abitanti del villaggio sperduto fra le montagne è descritto con poche significative scene, sempre molto ben filmate. L’ambiente naturale riveste un gran ruolo, con l’acqua cristallina di un ruscello tuttavia talvolta reso biancastro dalle attività di cava, un lago dalla superficie quasi sempre immobile e quindi a specchio, neve, bruma, fango e alberi.
Cercando di saper qualcosa di più anche degli altri, dei quali perfino IMDb non riporta molto, ho cercato in rete e mi sono imbattuto nella pagina personale del regista su Vimeo. Qui, oltre ai trailer dei film e qualche altro video, si trova Mizerere (1996), il suo secondo film, scaricabile in HD 720p, con sottotitoli in francese.
Se non vi piace Tarkovski, non lo prendete in considerazione, vi annoiereste. Se, al contrario, apprezzate lo stile peculiare del regista russo, cercate questo film e godetevelo. Pur non raggiungendo i livelli del suo maestro, Khalvashi ha diretto un ottimo film.

      

175  What did the Lady Forget? (Yasujirô Ozu, Jap, 1937) tit. or. “Shukujo wa nani o wasureta ka” * con Sumiko Kurishima, Tatsuo Saitô, Michiko Kuwano * IMDb 7,3 
Film poco conosciuto del maestro dei tatami shot, e per di più differente dalla maggior parte dei sui altri lavori in quanto si tratta di una pura e semplice commedia. 
Narrata con la solita leggerezza, con molto humor, sostenuta da ottime interpretazioni (ogni faccia o semplice sguardo dei protagonisti è da manuale) la storia tratta di una donna insopportabile, con due amiche intriganti e pettegole, il marito (un dottore professore universitario) che tenta di avere un po’ di tempo per sé raccontando bugie, una loro nipote giovane ed esuberante che porta lo scompiglio in casa, un paio di ragazzini abbastanza svegli e un assistente del professore che si trova coinvolto per più motivi in questa intricata trama, senz’altro divertente e arguta.
Un film di classe come era lecito aspettarsi visto il regista, una sorpresa per non essere “il solito Ozu” (come dicono i suoi denigratori).
Consigliato.

173  Nuvole di maggio  (Nuri Bilge Ceylan, Tur, 1999) tit. or. “Mayis Sikintisi” * con Emin Ceylan, Muzaffer Özdemir, Fatma Ceylan * IMDb 7,5  RT 83%p    
In attesa di guardare il candidato alla Palma d’Oro The wild Pear Tree (insulsamente proposto in Italia come L'albero dei frutti selvatici, non potevano attenersi alla traduzione letterale come nel resto del mondo e titolarlo Il pero selvatico?), ho recuperato il secondo film di Nuri Bilge Ceylan. Questi vanta un invidiabile curriculum, dei suoi 8 lungometraggi i primi due sono stati sono stati presentati a Berlino (Premio Caligari e Nomination Orso d’Oro) e gli altri 6 a Cannes dove ha raccolto 8 Premi e 6 Nomination.  
Nuvole di maggio mi ha un po’ deluso all'inizio, apparendo lento e con una serie di inquadrature fisse e personaggi che tardano ad essere delineati. Verso la mezz'ora comincia a prendere corpo e i protagonisti vengono fuori, la macchina comincia a muoversi di più e le immagini diventano molto più interessanti, sia gli esterni che i primi piani. Si nota che Ceylan ha un suo stile e buon gusto per le immagini, in particolare quelle in ambiente naturale e dei volti altrettanto naturali, in questo caso vari anziani contadini.
Non entusiasmante, ma certamente degno di nota. Sono ansioso di vedere altri suoi film.

171  Angelo  (Markus Schleinzer, Aut, 2018) * con Makita Samba, Alba Rohrwacher, Larisa Faber * IMDb 5,6  RT 100% 
Il 5,6 su IMDb non prometteva bene e il contrastante 100% su RT non era tanto affidabile essendo basato solo su 6 recensioni; l’unico altro film di Schleinzer (2010, Michael) aveva suscitato un discreto scalpore trattando di un pedofilo che teneva un ragazzino di 10 anni segregato ... Nomination Palma d’Oro e Golden Camera a Cannes.
Narra la storia di un ragazzo africano "salvato dalla schiavitù" e trasformato in curiosità per nobili e ricchi della corte viennese del XVIII secolo, da esibire quasi come fosse un animale ammaestrato. Non mi aveva attirato questo poco che avevo letto, ma avendo tempo sono andato a guardarlo. In effetti è molto sbilanciato, nel senso che ci sono pochi aspetti meritevoli e tanti altri sono incomprensibili o veramente scadenti. Originali alcuni set come quello del luogo nel quale si vendono i ragazzi africani dopo averli ben ripuliti: un magazzino industriale moderno con pavimento in cemento, pilatri costituiti da grosse putrelle, illuminato da luci al neon. Singolare anche la scelta del formato 4:3, molto raramente usato nel XXI secolo. Molte altri ambienti sono minimalisti e, al di là di vestiti finto-sfarzosi (poco convincenti), molto poco dà l’idea di opulenza. La nota di merito se la guadagna per le luci, quasi naturali. Ambienti più o meno scuri, rischiarati solo dalle luci delle candele. Tornando alle pecche, una è quella dei troppi periodi della vita di Angelo rappresentati senza che si sappia niente di cosa sia successo nel frattempo. 
Singolare, ma certamente evitabile.

Le oltre 1.400 precedenti micro-recensioni dei film visti a partire dal 2016 sono sul mio sito www.giovis.com; le nuove continueranno ad essere pubblicate su questo blog. 

Nessun commento:

Posta un commento