martedì 7 maggio 2019

37° gruppo di 5 micro-recensioni 2019 (181-185)

Dopo la cinquantina di film visti in neanche 20 giorni alla Cineteca Nacional Mexico e durante i lunghi viaggi, torno a ritmi più normali con 3 muti (due dei quali di Fritz Lang), un lavoro georgiano quasi d’avanguardia e uno stranissimo film di Carlos Saura, che vede come personaggio principale un giovane Luis Buñuel, con i suoi amici dell’epoca Salvador Dalì e Federico Garcia Lorca.

   

181  Una donna sulla luna (Fritz Lang, Ger, 1924) tit. it. “Frau im Mond” * con Klaus Pohl, Willy Fritsch, Gustav von Wangenheim * IMDb 7,4  RT 71%
Ottimo film di Lang, a me precedentemente del tutto sconosciuto, ben diverso dai suoi soliti drammi. Si sviluppa brillantemente fra i generi sci-fi, crime, romantico, avventura, drammatico e perfino un po’ di commedia. Trama avvincente, piena di sorprese, narrata con perfetta scelta di tempi e con una grammatica filmica tanto chiara da rendere quasi inutili i cartelli, a prescindere dalle buone prove degli interpreti. Le visioni futuristiche alla Verne risultano particolarmente interessanti così come le soluzioni scenografiche per il viaggio spaziale, con fondali e disegni che riprendono in parte quelli di Méliès.
Buona parte del film tratta degli avvenimenti che precedono la spedizione, che parte in fretta e furia con un equipaggio eterogeneo, assortito all’ultimo istante. Considerato che il titolo anticipa che il viaggio di andata avrà successo, resta il dubbio (fino all’ultimo minuto) in merito a chi tornerà sulla terra .... forse. I singolari personaggi sono tutti ben descritti, così come la rapida sequenza di incidenti concernenti il manoscritto degli studi, progetti e disegni del prof. Manfeldt.
La sceneggiatura è tratta da un romanzo di Thea von Harbou, moglie di Lang dal 1922, e curata dalla stessa, che fu coautrice di quasi tutti i muti diretti dal consorte e anche del successivo eccezionale M - Il mostro di Düsseldorf (1931), in precedenza era stata anche seceneggiatrice di Phantom (1922, Murnau).
Le 2h40’ passano velocemente e piacevolmente. In rete si trovano versioni di buona qualità 

185  La chute de la maison Usher (Jean Epstein, Fra, 1928) tit. it. “La caduta della casa Usher” * con Jean Debucourt, Marguerite Gance, Charles Lamy* IMDb 7,4  RT 100%
Un classico fra i muti francesi, chiaramente tratto dal famoso omonimo racconto di Edgar Allan Poe, con la seconda parte molto “sperimentale”. Non troppo fedele alla storia originale, il regista Jean Epstein (nato in Polonia, all’epoca Impero russo) propone pochissima azione scegliendo di concentrarsi sulla descrizione dei tetri ambienti della magione e nella creazione di un’aria di mistero e di angoscia. I cartelli sono pochissimi e accade molto poco, ma le sequenze di dettagli, ombre sinistre, ralenti situati ad arte, particolari quasi macro, sono certamente notevoli e creano l’atmosfera desiderata senza aver bisogno di effetti speciali e musica da thriller-horror.
Chi legge i credits non può fare a meno di notare che l’adattamento del racconto è di Luis Buñuel e che l’attrice protagonista è Marguerite Gance, che l’anno prima aveva interpretato Charlotte Corday in Napoléon (1927), diretto da suo marito Abel Gance , il quale compare nelle prime scene di questo La caduta della casa Usher nei panni di uno degli avventori del bar.
Interessante esercizio di stile, soprattutto per i cinefili e/o per gli appassionati di horror che sono incuriositi anche dai film degli albori di tale genere.
 
      

182  Quattro intorno a una donna (Fritz Lang, Ger, 1921) tit. it. “Vier um die Frau” * con Hermann Böttcher, Carola Toelle, Lilli Lohrer * IMDb 6,4
Girato pochi mesi prima di Destino (1921), è l’ultimo film “minore” del periodo tedesco di Lang.   
Sceneggiato come tanti altri dal regista insieme con la moglie Thea von Harbou, soffre un po’ della sua origine teatrale e la precisa direzione e l’ottima fotografia non sempre sono sufficienti a superare questa “staticità”. Vier um die Frau fu stato considerato perso per molti anni, fin quando, nel 1986, nei depositi della a Cinemateca de Sâo Paulo (Brasile) ne fu ritrovata una copia locale con titolo Corações Em Luta (lett. Cuori in lotta).

183  Mizerere (Zaza Khalvashi, Georgia, 1996) tit. int. “Miserere” * con Zura Sturua, Manana Davitashvili, Nino Kasradze
Secondo film del regista del sorprendente Namme (2017) del quale ho scritto qualche giorno fa. Venti anni prima Zaza Khalvashi aveva già buone idee ma fra budget limitato e idee ancora “confuse” Mizerere è ben distante dalla sua opera più recente. Sembra che fosse ancora indeciso su che strada prendere, a tratti sembra sperimentale in stile Godard, in altri casi già lascia intuire la sua ammirazione per Tarkovski. Trama e dialoghi volutamente vaghi trattano di politica e rivoluzione non collocabili in nessun luogo e periodo particolare. Il regista affermò che voleva descrivere i "demoni che vivono dentro e tra noi" invitando tutti a “vergognarsi delle atrocità contro sé stessi e contro altri”.
Interessante, ma ben distante dalla qualità del suo più recente lavoro.

184  Buñuel y la mesa del rey Salomón (Carlos Saura, Spa, 2001) tit. it. “Buñuel e la tavola di re Salomone” * con El Gran Wyoming, Pere Arquillué, Ernesto Alterio * IMDb 5,7  RT 36%p
Un film di Saura con Buñuel come personaggio principale, affiancato dai suoi amici di gioventù Salvador Dalì e Federico Garcia Lorca, non me lo potevo lasciar scappare, pur sapendo che  che gode di scarsa reputazione. In effetti non sono ancora riuscito a capire perché Saura (notoriamente amico e grande estimatore del regista aragonese) abbia avuto l’idea di co-sceneggiare e dirigere questo film, fra il surreale, il fantasy e il dramma. Il soggetto potrebbe anche essere considerato meritevole ma, per come è stato sviluppato in sceneggiatura, è diventato una serie di citazioni verbali e visive (molte addirittura troppo evidenti) di tanti film di Buñuel e alcuni di Saura (ma anche di altri come Metropolis, di Lang) e dei rapporti fra i 3 che furono amici solo fino alla Guerra Civile spagnola degli anni ’30 (Buñuel dovette fuggire oltreoceano, Dalì rimase a sostenere il franchismo, Lorca fu fucilato per essere omosessuale e socialista). Alcune ambientazioni e scene rimandano invece direttamente a film di avventura, tipo Indiana Jones.
Come se non bastasse, il cast è mal assortito e di livello non proprio eccellente, comprende addirittura 2 “grandi attori” italiani: Armando de Raza e Valeria Marini!
Può divertirsi (molto relativamente, cogliendo la tante citazioni) solo chi conosca l’intera filmografia di Buñuel e sa un poco dei lavori degli altri due, nonché dei classici del cinema in generale; a chi è poco ferrato in tali campi la maggior parte del film sembrerà puro nonsense.

Le oltre 1.400 precedenti micro-recensioni dei film visti a partire dal 2016 sono sul mio sito www.giovis.com; le nuove continueranno ad essere pubblicate su questo blog. 

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