domenica 24 marzo 2019

20° gruppo di 5 micro-recensioni 2019 (96-100)

Cinquina di qualità che completa le mie prime 100 visioni 2019, estremamente eterogenea per stili, anni e paesi di produzione ... difficile scegliere i preferiti.
Un capolavoro di Buñuel, un misconosciuto eppure ottimo film di Minelli su Van Gogh, un Renoir incompiuto, il più recente Almodóvar (in sala da appena 2 giorni) e l’esordio di Del Toro!
   

97  L'âge d'or (Luis Buñuel, Fra, 1930) tit. it. “L’età dell’oro“ * con Gaston Modot, Lya Lys, Caridad de Laberdesque * IMDb  7,7  RT 92%
Definito osceno, scandaloso e blasfemo, per circa 50 anni fu bandito in quasi tutto il mondo. All’uscita a Parigi lo Studio 28, dove si proiettava, fu devastato e furono distrutte varie opere surrealiste lì esposte; dopo una settimana il visto di censura fu revocato e il film immediatamente ritirato dalla circolazione. Si dovrà attendere fino al 1979 per la première ufficiale oltreoceano al Roxie di San Francisco e solo due anni più tardi la Gaumont ottenne il permesso per mostrarlo di nuovo in Francia. Sembra di capire che, almeno ufficialmente, in Spagna resti tutt’oggi “censurato”.
Non so quanti abbiano familiarità con le prime due pellicole di Buñuel (l'altra è Un chien andalou, 1929, 16 min), veri manifesti del surrealismo, ed è quindi opportuno ricordare che entrambe le sceneggiature furono frutto della collaborazione con Salvador Dalí e che, da buoni surrealisti, il loro obiettivo era quello di provocare, sovvertire la “normalità”, scandalizzare. Da ciò si deduce che non si può riassumere né analizzare in breve un'opera come questa, che oltretutto include innumerevoli elementi freudiani oltre a quelli surrealisti. Essendo quindi inutile, in quanto impossibile, entrare nel merito dei contenuti, fornisco solo poche informazioni di carattere molto generale. Il film dura 62 minuti ed è sostanzialmente diviso in 6 parti, la prima delle quali (la più breve) è tratta da un documentario sugli scorpioni di vari anni prima. Nelle successive compare più volte una coppia di amanti che si ritrovano in situazioni ed ambienti molto diversi. La parte conclusiva (anche questa breve) fa chiaro riferimento a Le 120 giornate di Sodoma del marchese de Sade (tenuto in gran considerazione dai surrealisti) e il primo ad uscire dal castello appare essere Gesù (almeno per come è comunemente raffigurato).
Io sono fra quelli che sostiene che non si debba trovare una spiegazione a tutto in quanto, per loro stessa ammissione, gli autori proponevano cose senza senso. I riferimenti all’ordine, alla Chiesa, i politici e i militari sono tanti e chiari, altri simboli sono liberamente interpretabili (in modo relativamente facile ma senza riscontro), alcune immagini e vari eventi bisogna accettarli per quello che sono, come per esempio la giraffa buttata dalla finestra! (non ho trovato nessuna spiegazione convincente).
Raccomando assolutamente la visione di L'âge d'or ma, al contrario di quanto avviene normalmente, può essere opportuno documentarsi in precedenza. Comunque, a chi è interessato a comprendere e non fermarsi ad una prima superficiale percezione, saranno necessarie ulteriori letture e certamente gioverà qualche altra visione.

99  Lust for Life (Vincent Minelli, USA, 1956) tit. it. “Brama di vivere“ * con Kirk Douglas, Anthony Quinn, James Donald * IMDb  7,4  RT 100% * Oscar ad Anthony Quinn non protagonista e 3 Nomination (Kirk Douglas protagonista, sceneggiatura e scenografia)
Titolo mai sentito nominare, eppure un ottimo film, a prescindere dall’Oscar a Anthony Quinn (non protagontista) nei panni di Paul Gaugin e delle 3 Nomination, una delle quali fu l’ultima delle sole 3 per Kirk Douglas, tutte come protagonista, forse un po’ poche (l’Oscar fu assegnato a Yul Brinner per The King and I, ma fra i candidati c’erano anche James Dean e Rock Hudson per Giant). 
Tratta di un lungo periodo della vita dell’indiscusso genio della pittura Vincent Van Gogh che penso sia quello al quale sono stati dedicati il maggior numero di film (quasi una ventina), i più recenti dei quali sono stati l’originalissimo film d’animazione Loving Vincent (2017) e At Eternity's Gate uscito pochi mesi fa. Ne ho visti almeno la metà, ma questo è il primo che vedo affrontare anche il suo paio di anni da “predicatore” evangelista in un’area mineraria belga. Molto di quanto proposto non si trova negli altri lavori che si concentrano per lo più sull’ultimo periodo della sua vita, passato fra Arles e Parigi. La scelta di Kirk Douglas come interprete mi è sembrata ottima in quanto, oltre ad calarsi perfettamente nel personaggio nelle sue varie fasi, ha una straordinaria somiglianza con l’artista.
Il numero dei dipinti mostrati nel film rasenta l’incredibile, pur essendo assolutamente lontano dal taglio documentaristico. Fra i pregi di Lust for Life è quello di ricreare situazioni e non solo riprodurre ambienti o inserire personaggi divenuti soggetti dei dipinti più famosi. Per seguire al meglio i dialoghi di Vincent con suo fratello Theo (mercante d’arte) e con gli altri artisti, aiuta conoscere nomi e stili dei vari pittori dell’epoca amici/rivali, in particolare degli impressionisti.
In conclusione, non solo un pregevole film dal punto di vista strettamente cinematografico, ma anche un interessantissimo biopic. Più che consigliato.
      

96  Partie de campagne (Jean Renoir, Fra, 1936) tit. it. “Una gita in campagna“ * con Sylvia Bataille, Jane Marken, Georges D'Arnoux * IMDb  7,7  RT 100%
Aveva attirato la mia attenzione la regia di Jean Renoir, ma non trovavo il film in IMDb. Il motivo è che si tratta di un mediometraggio che, oltretutto, ha avuto circolazione limitata essendo stato montato solo dopo 10 anni, da altri. Lo stesso dvd non includeva la pellicola di 40' bensì il progetto portato avanti da Alain Fleischer per la Cinémathèque française nel 1994, utilizzando il materiale disponibile nei suoi archivi, consiste in una raccolta di riprese originali del 1936. Queste sono state ordinate, lasciando però varie riprese di una stessa scena, alcune ripetizioni da angolazioni diverse, sovrapposizioni di dialoghi e frequenti commenti dello stesso Renoir, per una durata complessiva di quasi un’ora e mezza. Proposto così, tale materiale può forse considerarsi addirittura più interessante del film in sé e per sé, fornendo una precisa idea della gestione di attori e riprese da parte del regista. Molti definiscono questo film quasi un omaggio al padre (il famoso pittore impressionista Auguste Renoir) come se volesse dare vita ad un suo dipinto.
Più che notevole il gruppo di collaboratori di Renoir che ebbe come assistenti alla regia Luchino Visconti e Jacques Becker (poi regista di Le trou, 1960, Il buco, 8,5 IMDb) e come secondo assistente il famoso fotografo Henri Cartier-Bresson, allora 28enne. Il figlio di Jean Renoir  interpreta il ragazzo che pesca, all’inizio del film. La sceneggiatura fu adattata dallo stesso Jean Renoir da un racconto di Guy De Maupassant del 1881.
Se avete la fortuna di recuperarlo, non ve lo perdete. Pur non essendo un film vero e proprio, né un documentario, è estremamente interessante ... tutto in presa diretta.

98  Dolor y gloria (Pedro Almodóvar, Spa, 2019) * con Antonio Banderas, Penélope Cruz, Asier Etxeandia, Leonardo Sbaraglia, Cecilia Roth, Julieta Serrano, Raúl Arévalo, Rosalia, Asier Flores
Niente male questo recentissimo lavoro del regista manchego, abbastanza diverso dai precedenti, ma con il solito (ottimo) stile in quanto a colori, dettagli e inquadrature. Particolarmente apprezzabile la sceneggiatura (dello stesso Almodóvar) che, seppur con un inizio un po’ lento e titubante con tanti salti temporali, prende rapidamente corpo e riesce ad incastrare alla perfezione ricordi, re-incontri e coincidenze fino alla (in)quadratura finale con la quale conclude questo film che molti pensano sia pieno di riferimenti autobiografici, a partire dal fatto che il protagonista Salvador è un regista cinematografico già di successo, ma oggi in crisi esistenziale. Il tutto è organizzato in modo creativo con vari flashback, fra l’infanzia in campagna e trasloco in una (affascinante) cueva e i tempi attuali, mentre molto di ciò che è nel mezzo viene solo narrato.
Oltre ai più che noti Antonio Banderas e Penélope Cruz (Salvador attuale e sua madre da giovane, quindi mai insieme) Almodóvar ha messo insieme un cast estremamente eterogeneo, con attori che interpretano personaggi che in distinti momenti avevano avuto un ruolo significativo nella vita del protagonista, alcuni compaiono in brevi cameo (p. e. Cecilia Roth e Rosalía), altri hanno più spazio, alcuni sono contemporanei, altri fanno parte dei ricordi. Purtroppo, non tutti sono convincenti, a cominciare da Penélope Cruz.
Fra i volti che molti potrebbero conoscere ci sono senz’altro la sempre affidabile Julieta Serrano (la madre anziana, una mezza dozzina di film con Pedro), Raúl Arévalo (protagonista de La isla minima e regista di Tarde para la ira), l’argentino Leonardo Sbaraglia (attivo per lo più in America Latina, quello che in Relatos salvajes guida l’auto nel memorabile episodio, vaga citazione di Duel di Spielberg), Cecilia Roth (vari film con Almodóvar, ma divenuta star in Argentina, oggi sembra pagare le conseguenze di una chirurgia mal riuscita ...), e infine la giovane cantante Rosalía, fenomeno musicale del momento, catalana che interpreta flamenco pop con stile unico e include nei video bandiere spagnole e toreo, 2 Grammy Award Latino. Interpreta, con Penélope Cruz, la famosa copla A tu vera, cavallo di battaglia della Lola Flores, nota come La Faraona. Da segnalare il buon esordio del giovanissimo Asier Flores (Salvador bambino) per il quale molti prevedono un roseo futuro nel cinema.
Concludo reiterando il mio apprezzamento per il gusto di Almodóvar nel proporre colori netti (ovviamente, i più frequenti sono quelli della gamma dei rossi), spesso contrastanti, abbinamenti inimmaginabili per altri, a partire dagli affascinanti sfondi dei titoli di testa, all’abbigliamento, all’arredamento, per non parlare anche della scelta di dipinti che coprono le pareti della casa di Salvador.
Un film dal sapore agrodolce, drammatico e “tenero”, fra droghe e passioni, certamente un po’ più godibile per i cinefili che sapranno apprezzare le tante citazioni (sia nei dialoghi che con poster e immagini) e per chi sa abbastanza di cultura spagnola e latina (vari i riferimenti a Chavela Vargas, l’icona del flamenco pop che canta una copla classica, ...).
Penso che, nel suo complesso, possa piacere anche all’estero e in paesi non di lingua ispanica, ma temo che nelle traduzioni (sottotitoli o doppiaggi che siano) si possa perdere parecchio.
Al momento sembra non essere annunciato in Italia.

100  Cronos (Guillermo Del Toro, Mex, 1993) * con Federico Luppi, Ron Perlman, Claudio Brooks * IMDb  6,7  RT 89%
Anche i più appassionati fan di Guillermo converranno che Cronos non è il suo miglior prodotto, ma ciò è più che giustificabile per essere il suo esordio alla regia di un vero film. Fin da piccolo si era divertito a produrre un'infinità di corti e cortissimi in Super8 fatti in casa e poi (professionalmente) era passato alla produzione di effetti speciali.
Cronos resta comunque un cult per essere il primo, anche se la sua gestazione fu quasi contemporanea a quella del suo terzo (El espinazo del diablo, uscito ben 8 anni più tardi) per essere le due sceneggiature il suo lavoro di tesi.
Tralasciando di approfondire l’originale rivisitazione e combinazione dei temi immortalità/vampirismo e di altri aspetti del film (fra i quali l’eterogeneo trio di interpreti) mi sembra interessante sottolineare un paio dei argomenti trattati nella lunga intervista (poco più di un’ora, riportata integralmente) inserita fra gli extra dell’edizione speciale (2dvd) in mio possesso. Nel raccontare dei suoi inizi, rende omaggio al genere horror - del quali si dichiara appassionato fin dall'infanzia - ed in particolare ai film italiani (citando più volte Mario Bava) e giapponesi. L'altra questione è quella della lingua. Una volta che un produttore americano interessato ad un remake di Cronos gli sottopose la traduzione della sceneggiatura, Del Toro (perfettamente bilingue) la rifiutò dicendo che l’avrebbe riscritta lui in inglese ... non è possibile tradurre bene i dialoghi pensati per una lingua in un’altra! Comunque, l’affare non andò in porto.

IMPORTANTE: vi ricordo che dal 2 aprile il mio GOOGLE+ sarà chiuso e che, di conseguenza, le raccolte degli anni 2016-2018 non saranno più accessibili. Tutte le 1.300 micro-recensioni sono ora organizzate in 26 pagine del mio sito www.giovis.com e facilmente rintracciabili grazie all’indice generaleIn detta pagina potrete effettuare ricerche per titolo, regista, interpreti principali, anno e paese di produzione e, utilizzando i link e i numeri d’ordine, giungere rapidamente a quella che vi interessa.

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