sabato 5 gennaio 2019

Primo post cumulativo di micro-recensioni 2019 (1-5)

Post sperimentale. Per ora penso di limitare le immagini ai soli poster dei 5 film visti e solo in casi eccezionali aggiungere qualche fotogramma. Inoltre, non rispetterò l'ordine cronologico di visione, ma li metterò in ordine di gradimento, dal preferito al meno interessante dei 5.

  

1 Cookie’s Fortune (Robert Altman, USA, 1999) tit. it. “La fortuna di Cookie” * con Glenn Close, Julianne Moore, Liv Tyler, Charles S. Dutton, Ned Beatty, Courtney B. Vance, Rufus Thomas, Lyle Lovett
IMDb  6,9  RT 89%  *  2 Premi ad Altman a Berlino
Ho voluto cominciare la stagione 2019 con una commedia d'autore diretta da un maestro dei film corali (Robert Altman), che si è sempre ben destreggiato anche con il black humor adattato a epoche ed ambienti molto diversi (MASH, California poker, Anche gli uccelli uccidono, The Player, Short Cuts, ...).
Tanti onesti caratteristi interpretano alla perfezione i loro peculiari personaggi, come per esempio tutti gli anziani del corpo di polizia locale nonché l'imperturbabile detective (Vance) venuto dalla città, e la strana coppia di conviventi Willis e Cookie. L'unico vero nome di grido è quello di Glenn Close, la cui recitazione, tuttavia, mi sembra invece un po' sopra le righe e certamente, in questo caso, non certo migliore degli altri.
Soddisfatto della scelta, più che consigliato.

3 Inherent Vice (Paul Thomas Anderson, USA, 2014) tit. it. “Vizio di forma” (ma traduzione più corretta sarebbe stata “vizio intrinseco”) * con Joaquin Phoenix, Josh Brolin, Owen Wilson
IMDb  6,7  RT 74%  *  2 Nomination Oscar (sceneggiatura adattata e costumi)
Fra noir e black comedy, procede lentamente ma con passo sicuro, con infiniti colpi di scena e intrecci sorprendenti, senza dover ricorrere al alcuna scena spettacolare (i soliti inseguimenti, sparatorie, lunghe agonie). Ottime le interpretazioni non solo dei primi attori Joaquin Phoenix e Josh Brolin, ma anche di tanti comprimari relegati loro malgrado in parti secondarie (p. e. Benicio del Toro e Peter McRobbie). Imprenditori spregiudicati, spacciatori, agenti FBI, poliziotti, tossicodipendenti, un infiltrato, una gang detta "Canino d’oro”, bikers e neonazi, incrociano le loro strade seguendo le tracce di persone che improvvisamente scompaiono senza lasciare traccia ... qualcuna ricompare altre no. Film divertente e avvincente che tuttavia si perde un po’ nel finale. Il poco prolifico regista Anderson sarà comunque ricordato più per il suo capolavoro There will be Blood che non per Inherent Vice (seppur divertente e ingegnoso) e certamente non per il suo più recente lavoro “The Phantom Thread”.

      

2 Shoplifters (Hirokazu Koreeda, Jap, 2018) tit. or. “Manbiki kazoku”  “Un affare di famiglia” * con Lily Franky, Sakura Andô, Mayu Matsuoka, Kirin Kiki
IMDb  8,1  RT 99%  *  Nomination Golden Globe come miglior film straniero, Palma d’Oro a Cannes
Dato come quasi sicuro candidato all'Oscar 2019 (miglior film non in lingua inglese), già vincitore di numerosi premi fra i quali la Palma d'Oro a Cannes, mi ha un po’ deluso non perché non sia un buon film, ma dopo aver letto tanti commenti entusiastici mi aspettavo francamente di più. L'ho trovato slegato, altalenante e purtroppo il pessimo doppiaggio spagnolo me lo ha rovinato ancor di più (speravo in una v. o. sottotitolata).
Ricorrentemente ci sono interessanti considerazioni sul senso della famiglia, legami genitori-figli, false dimostrazioni di affetto (i rapporti familiari sono sempre stati il tema preferito, quasi esclusivo, del regista) ma gli eventi finali in parte mi hanno lasciato perplesso anche per lasciare in sospeso o nel vago varie situazioni. Dopo averlo guardato, sono andato a leggere qualche recensione per capire cosa fosse piaciuto tanto e ho notato che molti lo giudicano il miglior film di Koreeda. In dissenso, i 3 che avevo visto in precedenza (Like Father, Like Son, Our Little Sister e After the Storm) mi erano tutti piaciuti di più di questo.

5 La città proibita (Yimou Zhang, USA, 2006) tit. or. “Man cheng jin dai huang jin jia” * con Yun-Fat Chow, Li Gong, Jay Chou
IMDb  7,0  RT 66%  *  Nomination Oscar per i costumi
Mi è sembrato composto da due parti assolutamente diverse, la prima più lunga (quasi 3/4 del film ) è un’avvincente, ben congegnata e ben proposta storia di intrighi di palazzo, un subdolo conflitto per il potere all’interno della famiglia imperiale, nella seconda e finale prendono il sopravvento combattimenti ripetitivi e irreali che in più casi coinvolgono migliaia di soldati (fra vere comparse e CGI) che dopo pochi minuti annoiano e infine si conclude in modo troppo melodrammatico. Purtroppo ben lontano da quanto visto nei precedenti “Hero” o La foresta dei pugnali volanti dello stesso Zhang. Al contrario, la rappresentazione degli interni del palazzo imperiale è fantastica, una festa di colori, con un’incredibile varietà di oggetti, utensili e arredamenti. Oltre alla Nomination per i costumi, penso che La città proibita avrebbe meritato anche quella per la scenografia.
Non certo fra i migliori film del più che bravo Yimou Zhang, merita comunque una visione.

4 ¡Ay, Carmela! (Carlos Saura, Spa, 1990) * con Carmen Maura, Andrés Pajares, Gabino Diego  *  IMDb  7,3  RT 73%p   
Uno dei film a soggetto del più recente periodo di Saura, che segue Sevillanas, uno dei tanti film/documentari dedicati alla musica, alla danza e all’arte.
Si tratta di una storia decisamente politica, ambientata alla fine degli anni ’30, in piena guerra civile spagnola. Forse per questo ha ricevuto una più che buona accoglienza in patria ed è spesso raccomandato fra i film prodotti nel secolo scorso, ma non sembra adatto al mercato estero. Lo stesso titolo si riferisce non solo al nome della protagonista (una attrice/cantante/ballerina di un varietà itinerante, interpretata da Carmen Maura), ma era anche la canzone simbolo dei repubblicani, ovviamente vietata in campo falangista. Il film procede lentamente seguendo le disavventure della ridottissima troupe (3 membri).
Si tratta di una produzione italo-spagnola e la “nostra” rappresentanza nel cast è tristemente capitanata da Armando de Razza (fatto conoscere al grande pubblico da Renzo Arbore, molti lo ricordano quale interprete della canzone demenziale “Esperanza d'escobar”) nei panni del tenente Ripamonte e, con i suoi soldati inviati da Mussolini a supporto di Franco, si esibisce cantando “Faccetta nera”.
Un film assolutamente evitabile, lontanissimo dalla qualità di precedenti lavori di Saura come Los golfos (1960), La caza (1966), Cria cuervos (1973), Ana y los lobos (1976),  Mamá cumple 100 años (1979).   

I film sono disposti in ordine di (mio) gradimento, il numero indica solo l'ordine di visione.
Spero di riuscire a riorganizzare le micro-recensioni degli anni precedenti importandole nel mio sito. Per ora, e finché Google+ rimarrà attivo, vi si può accedere cliccando sui poster inseriti in queste pagine 

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