Non
tutte le città sono nate con un paio di case, alle quali se ne sono aggiunte successivamente altre. Dal XVI secolo (dal 1510 in Messico e 1528 in Perù) fino
a tutto il XVIII gli spagnoli sono stati maestri in questa “arte” applicata
alla conquista e controllo dei territori non solo della Nueva España, ma anche di tutta l’Hispanoamerica. Una
delle ultime (1781) ad essere pianificata secondo las Leyes de Indias è oggi
una delle grandi metropoli americane. Sto parlando di Los Angeles, fondata poco più di 200 anni fa da soli 44 spagnoli
con il lunghissimo nome di Pueblo
de Nuestra Señora la Reina de los Ángeles de la Porciúncula. Non è
necessario esseri geni o storici esperti per indovinare che il frate facente
parte della spedizione era un francescano visto il riferimento alla chiesetta di
Santa Maria degli Angeli in Porziuncola
(Assisi), oggi Basilica Papale, dove ebbe origine il francescanesimo. Come
è risaputo, gli Spagnoli conquistavano e governavano militarmente e
religiosamente, nel bene e nel male. Ogni spedizione veniva accompagnata da uno
o più religiosi, di solito francescani o domenicani e pertanto nei nomi dati
alle città veniva inserito quello della Madonna (Nuestra Señora) o santo protettore
salvo perderlo successivamente, limitando la lunghezza dei nomi ad un paio di
parole. Per esempio Buenos Aires fu fondata (per la seconda volta, nel 1570)
con il nome di Real de Nuestra Señora Santa María del Buen Ayre.
Mappa della fondazione di Córdoba de La
Nueva Andalucía (1573), oggi Argentina
Le oltre
30 disposizioni di legge erano ben precise e si basavano su una logica
politico-militare che quindi doveva soddisfare criteri strategici, di potere e
ovviamente di buona urbanistica, senza dimenticare la religione. La pianta
della città con le piazze, le strade e le proprietà veniva tracciata con strumenti
adatti per avere strade rettilinee perpendicolari fra loro, a partire dalla Plaza Mayor sulla quale, oltre agli edifici
istituzionali e alla chiesa, si dovevano affacciare gli edifici più importanti.
Era il centro fisico e sociale e lì si organizzavano mercato, feste, esibizioni
equestri, balli, sfilate e anche esecuzioni capitali. Lì convergevano le strade
principali che conducevano alle porte della città ed all’esterno di queste si doveva
lasciare spazio libero sufficiente in modo che in caso di crescita l’abitato si
potesse allargare in modo simmetrico lasciando la Plaza Mayor al centro. Questa doveva essere di forma rettangolare,
possibilmente di proporzioni 2:3, di dimensioni adatte al numero di abitanti e comunque non
inferiori a 200x300 pies e non
maggiori di 500x800. Una piazza di media grandezza, ben proporzionata, misurava
quindi 110-120m per 165-180m (il pie
castellano equivale a poco meno di 28cm).
Le
strade principali dovevano partire dal punto medio di ciascun lato (anche se
questa era la disposizione che più spesso veniva disattesa) e ai lati, così
come la piazza, erano coperte da portici. Si stabiliva altresì che le strade
dovessero essere larghe nelle regioni fredde e strette in quella calde (per
prendere più o meno sole), senza dimenticare però per queste ultime di
lasciarle abbastanza ampie per il passaggio dei cavalli.
La
chiesa doveva essere l’edificio che dominava la piazza e si precisava che in
alcuni casi era opportuno che non fosse allineata con gli altri edifici, bensì
un poco arretrata, in modo da distanziarsi da essi per mettere in risalto la
facciata e farla apparire più maestosa innalzandola rispetto al livello della
strada in modo che la gente debba salire una scalinata prima di entrare.
Raramente
si consentiva che le proprietà prospicienti la piazza fossero private in quanto
erano riservate a edifici pubblici. Per esempio si prevedeva anche che el hospital (per poveri e malati non
contagiosi) fosse costruito nella parte nord in modo che la facciata guardasse
a sud. All’atto
della fondazione i lotti venivano sorteggiati e, quando il gruppo di coloni era
limitato, alle coppie senza ancora figli erano assegnati con la condizione che
procreassero entro un anno, pena la perdita della proprietà.
La
fondazione di una città era quindi un’azione ben pianificata, si individuava il
posto, si prendevano le misure, si tracciavano sommariamente le future strade,
di delimitavano i lotti, si trasportavano i materiali e infine si organizzava
la cerimonia ufficiale alla quale partecipavano tutti i nuovi (e primi)
cittadini. Questi di solito provenivano da altre città vicine e lo stesso
governo della regione emanava un bando per invitare i coloni a trasferirsi
allettandoli con notevoli vantaggi, ma tutti erano anche ben consci dei rischi connessi.
Alla
cerimonia ufficiale partecipava un rappresentante del Governo, un prelato, un
ufficiale in rappresentanza dell’ordine militare e il notaio che certificava il
tutto. Veniva eretta una croce nel punto dove si sarebbe costruita la chiesa, il
rappresentante di Governo brandiva la spada verso i quattro punti cardinali e la
conficcava in terra per prendere simbolicamente possesso dell’area, venivano
sorteggiati i lotti e la loro attribuzione con i numeri indicati nella mappa e
i nomi degli assegnatari venivano riportati nell’atto.
mappe della fondazione di Mendoza (Argentina) e di Cuenca (Ecuador)
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