sabato 13 giugno 2015

Come si fonda(va) una città

Non tutte le città sono nate con un paio di case, alle quali se ne sono aggiunte successivamente altre. Dal XVI secolo (dal 1510 in Messico e 1528 in Perù) fino a tutto il XVIII gli spagnoli sono stati maestri in questa “arte” applicata alla conquista e controllo dei territori non solo della Nueva España, ma anche di tutta l’HispanoamericaUna delle ultime (1781) ad essere pianificata secondo las Leyes de Indias è oggi una delle grandi metropoli americane. Sto parlando di Los Angeles, fondata poco più di 200 anni fa da soli 44 spagnoli con il lunghissimo nome di  Pueblo de Nuestra Señora la Reina de los Ángeles de la Porciúncula. Non è necessario esseri geni o storici esperti per indovinare che il frate facente parte della spedizione era un francescano visto il riferimento alla chiesetta di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola (Assisi), oggi Basilica Papale, dove ebbe origine il francescanesimo. Come è risaputo, gli Spagnoli conquistavano e governavano militarmente e religiosamente, nel bene e nel male. Ogni spedizione veniva accompagnata da uno o più religiosi, di solito francescani o domenicani e pertanto nei nomi dati alle città veniva inserito quello della Madonna (Nuestra Señora) o santo protettore salvo perderlo successivamente, limitando la lunghezza dei nomi ad un paio di parole. Per esempio Buenos Aires fu fondata (per la seconda volta, nel 1570) con il nome di Real de Nuestra Señora Santa María del Buen Ayre.

Mappa della fondazione di Córdoba de La Nueva Andalucía (1573), oggi Argentina
Le oltre 30 disposizioni di legge erano ben precise e si basavano su una logica politico-militare che quindi doveva soddisfare criteri strategici, di potere e ovviamente di buona urbanistica, senza dimenticare la religione. La pianta della città con le piazze, le strade e le proprietà veniva tracciata con strumenti adatti per avere strade rettilinee perpendicolari fra loro, a partire dalla Plaza Mayor sulla quale, oltre agli edifici istituzionali e alla chiesa, si dovevano affacciare gli edifici più importanti. Era il centro fisico e sociale e lì si organizzavano mercato, feste, esibizioni equestri, balli, sfilate e anche esecuzioni capitali. Lì convergevano le strade principali che conducevano alle porte della città ed all’esterno di queste si doveva lasciare spazio libero sufficiente in modo che in caso di crescita l’abitato si potesse allargare in modo simmetrico lasciando la Plaza Mayor al centro. Questa doveva essere di forma rettangolare, possibilmente di proporzioni 2:3, di dimensioni adatte al numero di abitanti e comunque non inferiori a 200x300 pies e non maggiori di 500x800. Una piazza di media grandezza, ben proporzionata, misurava quindi 110-120m per 165-180m (il pie castellano equivale a poco meno di 28cm).
Le strade principali dovevano partire dal punto medio di ciascun lato (anche se questa era la disposizione che più spesso veniva disattesa) e ai lati, così come la piazza, erano coperte da portici. Si stabiliva altresì che le strade dovessero essere larghe nelle regioni fredde e strette in quella calde (per prendere più o meno sole), senza dimenticare però per queste ultime di lasciarle abbastanza ampie per il passaggio dei cavalli.
La chiesa doveva essere l’edificio che dominava la piazza e si precisava che in alcuni casi era opportuno che non fosse allineata con gli altri edifici, bensì un poco arretrata, in modo da distanziarsi da essi per mettere in risalto la facciata e farla apparire più maestosa innalzandola rispetto al livello della strada in modo che la gente debba salire una scalinata prima di entrare.
Raramente si consentiva che le proprietà prospicienti la piazza fossero private in quanto erano riservate a edifici pubblici. Per esempio si prevedeva anche che el hospital (per poveri e malati non contagiosi) fosse costruito nella parte nord in modo che la facciata guardasse a sud. All’atto della fondazione i lotti venivano sorteggiati e, quando il gruppo di coloni era limitato, alle coppie senza ancora figli erano assegnati con la condizione che procreassero entro un anno, pena la perdita della proprietà. 
La fondazione di una città era quindi un’azione ben pianificata, si individuava il posto, si prendevano le misure, si tracciavano sommariamente le future strade, di delimitavano i lotti, si trasportavano i materiali e infine si organizzava la cerimonia ufficiale alla quale partecipavano tutti i nuovi (e primi) cittadini. Questi di solito provenivano da altre città vicine e lo stesso governo della regione emanava un bando per invitare i coloni a trasferirsi allettandoli con notevoli vantaggi, ma tutti erano anche ben consci dei rischi connessi.
Alla cerimonia ufficiale partecipava un rappresentante del Governo, un prelato, un ufficiale in rappresentanza dell’ordine militare e il notaio che certificava il tutto. Veniva eretta una croce nel punto dove si sarebbe costruita la chiesa, il rappresentante di Governo brandiva la spada verso i quattro punti cardinali e la conficcava in terra per prendere simbolicamente possesso dell’area, venivano sorteggiati i lotti e la loro attribuzione con i numeri indicati nella mappa e i nomi degli assegnatari venivano riportati nell’atto.
   
mappe della fondazione di Mendoza (Argentina) e di Cuenca (Ecuador)

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