domenica 26 giugno 2022

Microrecensioni 181-185: un documentario da Oscar e film inusuali

Il documentario non solo meritò l’Oscar, ma fu anche acclamato per l’affascinante personaggio che fece conoscere al pubblico, perfino a quello degli USA, sua terra natale. C’è poi l’ultimo film di Balabanov, al di fuori degli schemi ma affascinante come altri suoi lavori, due film completamente diversi ma indissolubilmente legati dal personaggio di Cagliostro, e infine un banale, per quanto buono, candidato Oscar di Truffaut.

 
Searching for Sugar Man (Malik Bendjelloul, 2012, Swe/UK/Fin)

Ottimo documentario apparentemente musicale ma in effetti investigativo, che conta su una storia tanto straordinaria quanto incredibile, eppure assolutamente vera. Cantautore senza successo a Detroit sparisce dalla circolazione e viene dato per morto, con voci di suicidio sul palco. Lo stesso artista ha grande successo in Sud Africa, paese nel quale non si è mai recato, e grazie ai testi le sue canzoni (in parte censurate) diventano emblematiche per il movimento anti-apartheid. Un musicista / giornalista di quel paese decide di scoprire qualcosa di più sul background di Rodriguez (il chitarrista cantante scomparso) e in maniera a dir poco rocambolesca riesce a mettersi in contatto con la sua famiglia … per il resto consiglio di guardare il documentario! Intrigante il modo in cui è stata organizzata la sceneggiatura di questo film nel quale non ci sono attori, ognuno interpreta sé stesso, ma si utilizzano anche foto e immagini di repertorio. Vinse l’Oscar come miglior documentario (ma forse si sarebbe dovuta prendere in considerazione anche la sceneggiatura) e decine di altri premi, cosa non comune per questo genere.

Mee Too (Aleksey Balabanov, 2012, Rus)

Ultimo film di Balabanov (morto nel 2013 a soli 54 anni) del quale fu unico sceneggiatore e interprete, seppur nella breve parte di un disperato regista cinematografico. Come contenuti ricorda Stalker (1979) di Tarkovsky, come ritmo e commento musicale il suo stesso Stoker (2010), pur cambiando l’autore da Valeriy Didyulya a Leonid Fyodorov. Film fra il surreale e il fantascientifico, ambientato prima nella moderna San Pietroburgo e poi, con condizioni meteo che cambiano improvvisamente, in lande desolate e gelate. Cinque personaggi mal assortiti viaggiano in un suv nero alla ricerca della felicità che sperano di raggiungere entrando in una torre diruta in mezzo al niente. Situazioni surreali e commedia nera si mischiano a considerazioni filosofiche e religiose, con dialoghi ridotti veramente al minimo, mentre si apprezza la solita ottima fotografia dei film di Balabanov.  

  
Il ritorno di Cagliostro (Daniele Ciprì, Franco Maresco, 2003, Ita)

Mockumentary assolutamente (e volutamente) sconclusionato nel quale si miscelano scene in stile Cinico TV (la famosa serie di RAI3, in onda fra il 1992 ed il 1996), riferimenti filmici come quello che giustifica la produzione del film della disastrata Trinacria Cinematografica, citazioni vere e proprie come un protagonista che appare vestito come il conte Orlok nel Nosferatu di Murnau (1922). La trama vede tre parti ben distinte: 1) presentazione dei fratelli La Marca (gli incapaci produttori a capo della Trinacria Cinematografica), 2) grazie a un generoso finanziamento si inizia a girare Il ritorno di Cagliostro scritturando un regista di grido e un attore americano di fama internazionale, 3) si spiegano i retroscena dell’intera operazione e le collusioni con la mafia. In più punti si ricorre ai sottotitoli in quanto molti protagonisti a volte parlano in siciliano stretto. Come dovrebbe essere adesso chiaro, i registi/autori (quelli veri, Ciprì e Maresco) si barcamenano fra citazioni colte e cinematografiche, satira, assurdità e volgarità, contando su uno stuolo di personaggi caricaturali al limite della realtà, ma non troppo.

Black Magic (Gregory Ratoff, Orson Welles, 1959, Ita/USA) Gli spadaccini della Serenissima

Dopo essermi casualmente imbattuto in Il ritorno di Cagliostro, ho voluto guardare questo film al quale i registi siciliani dichiaravano di essersi ispirati. La sceneggiatura è liberamente adattata dai primi due romanzi del ciclo di Maria Antonietta e della Rivoluzione di Alessandro Dumas: Joseph Balsamo (1848) e La collana della Regina (1850). Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro (1753-1795), fu un avventuriero, alchimista, esoterista e truffatore che effettivamente frequentò le corti di mezza Europa con sorti alterne, per poi finire condannato dal Sant’Uffizio. In gran parte può essere assimilato ai film di cappa e spada e la parte sostanziale si sviluppa nell’ambito della corte parigina, poco prima della Rivoluzione Francese. Orson Welles ha più volte affermato che la realizzazione di questo film, del quale è protagonista e uncredited co-regista, è stato il più puro divertimento della sua carriera. Cagliostro fu il titolo con il quale Black Magic (lett. Magia nera) fu distribuito in vari paesi ma in Italia pensarono bene di inventarsi l’alternativo Gli spadaccini della Serenissima (sic!).

Le dernier métro (François Truffaut, 1980, Fra)

Anche questo film di Truffaut (mai visto in precedenza) mi ha sostanzialmente deluso. Non che sia mal realizzato, ma si trascina per oltre due ore senza riuscire a coinvolgere. Certamente ottime le interpretazioni, seppur con qualche riserva su quella di Depardieu, ma il tutto si riduce a teatro nel teatro. Infatti la maggior parte delle scene si svolgono nel Teatro Montmartre, nel periodo dell’occupazione tedesca. Il proprietario ebreo vive nascosto nel sotterraneo e sua moglie (attrice, un’eccellente Catherine Deneuve) è colei che ufficialmente dirige la compagnia. Si assiste quindi a piccole beghe e corteggiamenti fra protagonisti, alle prove del nuovo spettacolo e infine la prima. Sostanzialmente noioso; pur essendo Truffaut il più famoso dei registi della Nouvelle Vague (forse alla pari con Godard), altri co-fondatori del movimento come Rivette e Rohmer sono riusciti quasi sempre a produrre film interessanti (e anche più lunghi) con molto meno.

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